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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-05-21 ad oggi 2010-05-26 Sintesi (Più sotto trovate gli articoli)

Preoccupazione del Dipartimento di giustizia Usa: "Sono essenziali per i pm". Il ministro: intesa con Washington

MILANO - Pari dignità ai diritti di riservatezza, cronaca e indagini. Così il ministro della Giustizia Angelino Alfano ha sintetizzato il contenuto del disegno di legge sulle intercettazioni. Un intervento, ha sottolineato, per "ripristinare la verità sugli effettivi contenuti del ddl dato che troppe cose tra quelle che vengono annunciate, dette o temute, non corrispondono al testo in esame al Senato".

USA: ESSENZIALI PER INDAGINI - Le prese di posizione contro il provvedimento non sono mancate. Anche gli Stati Uniti si sono espressi in merito, per bocca del sottosegretario al Dipartimento di giustizia Lanny Brauer

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La Busi: "Rinuncio a condurre il Tg1"

Lettera affissa sulla bacheca della redazione: "Non mi riconosco più nella testata". Minzolini: "Non condivido"

MILANO - Maria Luisa Busi rinuncia alla conduzione del Tg1. Lo scrive lei stessa in una lettera (LEGGI IL TESTO) che ha affisso nella bacheca della redazione. Tre cartelle e mezzo per spiegare le motivazioni della sua decisione. Uno dei volti più celebri dell'edizione serale del telegiornale di Rai1 afferma di non riconoscersi più nella testata, e dichiara che se un giornalista ha come unico strumento per difendere le sue prerogative professionali quello di togliere la propria firma, un conduttore può solo togliere la sua faccia. Così ha deciso di fare lei, abbandonando la conduzione del Tg1 delle 20.

Annozero, Santoro contro tutti

Il monologo di Masaniello

Se uno amasse davvero il Servizio pubblico dovrebbe cominciare ad astenersi dall’usare il Servizio pubblico per fatti personali, per regolare i propri conti con chi la pensa in maniera diversa, per ergersi a Sentinella Unica della Democrazia. E invece, ancora una volta, Michele Santoro ha aperto "Annozero" con un lunghissimo intervento dedicato alle sue vicende, al suo addio all’azienda.

Internet, l'informatore, ll Giornalista, la stampa, la TV, la Radio, devono innanzi tutto informare correttamente sul Pensiero dell'Intervistato, Avvenimento, Fatto, pena la decadenza dal Diritto e Libertà di Testimoniare.. Poi si deve esprimere separatamente e distintamente il proprio personale giudizio..

 

Il Mio Pensiero (Vedi il "Libro dei Miei Pensieri"html PDF ):

…..

Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-05-21 ad oggi 2010-05-26

AVVENIRE

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2010-05-26

25 Maggio2 010

INFORMAZIONE E GIUSTIZIA

Intercettazioni, via libera

da Palazzo Madama

Alle tre del mattino la commissione Giustizia del Senato ha dato il via libera al ddl intercettazioni. L'opposizione protesta e annuncia battaglia per l'aula. Dopo una maratona durata circa sei ore il testo che, per ora, impedisce ai cronisti di pubblicare ogni atto di indagine e rende "molto più complessa" la procedura per autorizzare le intercettazioni, passa tra mille proteste dell'opposizione nonostante una sensibile marcia indietro da parte del ministro della Giustizia, Angelino Alfano, che a inizio seduta annuncia la possibilità di tornare al testo licenziato da Montecitorio.

Il Guardasigilli prende anche, per alcuni versi, le distanze da ciò che è stato approvato fino a quel momento in commissione Giustizia. "Vorrei ricordare - sottolinea il numero uno di largo Arenula - che il governo ha presentato solo un emendamento per trasformare gli "evidenti indizi di colpevolezza" in "gravi indizi di reato". Il resto è stata un'iniziativa di singoli parlamentari".

La presa di distanza piace poco agli esponenti della maggioranza che si sono esposti in prima persona per inasprire ulteriormente il testo. Il relatore, Roberto Centaro, infatti, non esce per tutta la sera dall'aula della commissione e rifiuta di parlare con i giornalisti.

L'opposizione ha proseguito per tutta la seduta con il suo ostruzionismo e c'è stata anche un'iniziativa piuttosto singolare da parte del senatore del Pd, Stefano Ceccanti, che ha raccontato minuto per minuto la seduta della commissione su facebook.

Sono stati approvati solo due emendamenti dell'opposizione: uno di Luigi Li Gotti (Idv) e un altro di Felice Casson (Pd). Il primo per prevedere l'intercettabilità anche del reato di stalking, il secondo per stabilire un'azione disciplinare per il pm che non opera da subito una selezione tra gli atti processuali da considerare estranei alle indagini o relativi a fatti personali di terze persone e quelli, invece, inerenti al processo.

L'appuntamento è ora per questa mattina quando la conferenza dei capigruppo di palazzo Madama, intorno alle 11, si riunirà per calendarizzare il ddl per l'aula.

 

 

 

 

 

25 Maggio 2010

Intercettazioni: comunicato della Fnsi, con postilla del direttore

No alla logica del bavaglio

Ma sì a una vera responsabilità

I direttori e le redazioni dei giornali italiani, con la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, denunciano il pericolo del disegno di legge sulle intercettazioni telefoniche per la libera e completa informazione.

Questo disegno di legge penalizza e vanifica il diritto di cronaca, impedendo a giornali e notiziari (new media compresi) di dare notizie delle inchieste giudiziarie – comprese quelle che riguardano la grande criminalità – fino all’udienza preliminare, cioè per un periodo che in Italia va dai 3 ai 6 anni e, per alcuni casi, fino a 10. Le norme proposte violano il diritto fondamentale dei cittadini a conoscere e sapere, cioè ad essere informati.

È un diritto vitale irrinunciabile, da cui dipende il corretto funzionamento del circuito democratico e a cui corrisponde – molto semplicemente – il dovere dei giornali di informare.

La disciplina all’esame del Senato vulnera i principi fondamentali in base ai quali la libertà di informazione è garantita e la giustizia è amministrata in nome del popolo.

I giornalisti esercitano una funzione, un dovere non comprimibile da atti di censura. A questo dovere non verremo meno, indipendentemente da multe, arresti e sanzioni. Ma intanto fermiamo questa legge, perché la democrazia e l’informazione in Italia non tollerano alcun bavaglio.

LA POSTILLA DEL DIRETTORE

Non mi sento di sottoscrivere in tutto e per tutto il testo sopra riportato. Da direttore di Avvenire, fatico a riconoscermi in esso soprattutto per un motivo: nella riunione convocata dalla Fnsi ci sono stati anche accenti riflessivi e saggiamente autocritici da parte di vari autorevoli colleghi, ma di questi nel comunicato finale non v’è la minima traccia. Peccato.

Credo che noi giornalisti non dovremmo perdere occasioni al cospetto dell’opinione pubblica per affermare il nostro lavoro più come servizio che come potere, più come responsabilità liberamente assunta e liberamente attuata che come libertà tout court. Non voglio essere equivocato e perciò ribadisco anche qui, chiaro e tondo, che neanche a chi fa Avvenire piace l’idea di un possibile lungo "silenziatore" mediatico alle inchieste su malavita, malafinanza e malapolitica: sarebbe pericoloso tentare di imporre un simile "tappo" e, alla fine, in un grande Paese democratico come il nostro, sarebbe anche tormentosamente inutile. So però – lo dico da cittadino prima che da giornalista – che lo statu quo è ingiusto e insopportabile.

Ci sono un bene da tutelare e un bene da recuperare. Va preservata l’efficacia dell’azione della magistratura, che non può e non deve ritrovarsi con armi spuntate nel suo impegno contro ogni forma di criminalità. E va ripristinato l’ossequio assoluto al principio di presunzione d’innocenza e, dunque, il rispetto delle persone coinvolte in inchieste anche scottanti che non possono e non devono più essere oggetto di incivili e inappellabili processi mediatici spesso segnati, grazie alla divulgazione di conversazioni telefoniche intercettate, da devastanti incursioni nella loro sfera privata. Anche questo dobbiamo sentire come dovere.

mt

 

 

 

 

2010-05-25

24 Maggio2 010

INFORMAZIONE E GIUSTIZIA

Intercettazioni, oggi al Senato

Parte stasera il rush finale al Senato per l'esame del ddl sulle intercettazioni. L'appuntamento è in commissione Giustizia alle 21:15 e in nottata dovrebbe esser più chiaro se il governo sceglierà la linea dura, blindando a Palazzo Madama il testo con fiducia e maxiemendamento, o si orienterà per una linea più soft, concordando ulteriori emendamenti che addolciscano il provvedimento. L'opposizione annuncia in ogni caso battaglia.

"Intercettare tutto e sempre sarebbe uno Stato di polizia", afferma il ministro della Giustizia Angelino Alfano. "Difenderemo l'indipendenza della magistratura dall'Esecutivo" la promessa del procuratore nazionale antimafia Piero Grasso.

Questa mattina

"Ci siamo visti per parlare delle intercettazioni e della manovra economica. Sulle intercettazioni pensiamo che prima si finisce e meglio è. Il testo deve rimanere aperto in Aula". Così il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, sintetizza il breve colloquio, che assieme al vice capogruppo vicario, Gaetano Quagliarello ha avuto con l'omonimo della Camera, Fabrizio Cicchitto, nella Sala Maccari.

Gasparri ha precisato che "sui punti controversi la Commissione si è già pronunciata" e prevede il licenziamento del ddl con la seduta notturna che comincia alle 21:15 in Commissione Giustizia. Per quanto riguarda la manovra solo un accenno in attesa della consulta del Pdl di stasera.

Prima della riunione nella Sala Maccari, Quagliarello, scherzando coi cronisti, aveva parlato del "patto del crodino" per definire le ultime posizioni del Pdl sulle intercettazioni e in effetti è durato lo spazio di un aperitivo.

 

 

 

2010-05-22

 

22 Maggio 2010

INFORMAZIONE E GIUSTIZIA

Intercettazioni, avviso Usa

"Essenziali per indagare"

Le intercettazioni "sono strumenti essenziali per le indagini, non vorremmo mai che succedesse qualcosa che impedisse ai magistrati italiani di fare l’ottimo lavoro svolto finora". Stavolta non è l’Associazione magistrati a parlare, bensì Lanny Breuer, sottosegretario Usa al Dipartimento di Giustizia con delega alla criminalità organizzata che ieri, nel corso di una conferenza stampa all’ambasciata americana, ha detto la sua sulla riforma delle intercettazioni in cantiere al Senato.

Un intervento davvero irrituale, soprattutto se si pensa alla recente reazione irritata del segretario di Stato americano Hillary Clinton per una frase di Guido Bertolaso a proposito dei soccorsi americani dopo il terremoto di Haiti. Più tardi, visto l’impatto avuto dalla sua dichiarazione, Breuer ha precisato che non intendeva "entrare nel merito di decisioni politiche o giudiziarie riguardanti l’Italia".

Il governo di Roma ha atteso la rettifica, poi si è fatto sentire con una nota in cui il ministro della Giustizia Angelino Alfano ha confermato "le relazioni fruttuose, intense e improntate alla massima amicizia e collaborazione" tra le magistrature e le polizie "italiane e statunitensi". Il guardasigilli ha quindi difeso una volta di più la "sua" riforma, ripetendo che "non è stata introdotta alcuna limitazione" all’uso delle intercettazioni, tanto meno per i reati di mafia e di terrorismo. E che sarà salvaguardato sia il diritto alla privacy di tutti, sia "il diritto a un’informazione ufficiale e trasparente", ma "non il diritto all’acquisizione e divulgazione illecita di atti riservati".

Tuttavia, per Palazzo Chigi, le parole del sottosegretario americano sono un ulteriore campanello d’allarme sul testo al vaglio della commissione Giustizia del Senato, che si va ad aggiungere alle perplessità del Quirinale e a quelle, interne alla maggioranza, dei finiani. Senza contare che la Federazione della stampa è pronta allo sciopero, affiancata dalla Federazione degli editori che teme le maxi-multe (fino a 464.700 euro) previste per la pubblicazione non solo di intercettazioni, ma anche di semplici notizie su atti d’indagine. L’Ordine dei giornalisti ha annunciato che, se le norme più contestate diventassero legge, ricorrerà "in ogni sede per garantire ai cittadini il diritto di essere informati".

Insomma, un assedio. Di fronte al quale Berlusconi, <+corsivo>obtorto collo<+tondo>, potrebbe fare alcune concessioni, che dovrebbero essere condensate in un maxi-emendamento al ddl da depositare nelle prossime ore. Non a caso, ieri mattina, il capo del governo ha ricevuto a Palazzo Grazioli il relatore del provvedimento Roberto Centaro. Il quale però ha escluso l’ipotesi di cambiamenti sostanziali, avvalorando perfino la possibilità di ricorrere "a voti di fiducia sia al Senato sia alla Camera".

Con il premier, ha raccontato Centaro, "abbiamo fatto solo il punto sull’intera vicenda, sui media si stanno diffondendo notizie false, visto che la stampa potrà continuare a seguire i procedimenti penali e le condanne per i giornalisti sono una semplice oblazione".

Non la pensano così le opposizioni.

"Quando la ragione cede, prevale la forza", ha dichiarato la capogruppo del Pd in Senato Anna Finocchiaro commentando le parole del relatore. È la linea che, nella sua relazione all’assemblea nazionale del partito, ha sintetizzato il segretario Pier Luigi Bersani: "Di fronte a norme del genere è doverosa ogni pratica ostruzionistica".

L’Italia dei valori, da parte sua, è passata alle vie di fatto e ha aderito al sit-in di protesta che si è tenuto ieri davanti a Montecitorio con la partecipazioni di diverse associazioni e di partiti della sinistra radicale. Lunedì sera, alle 21.30, la commissione di Palazzo Madama riprende l’esame del ddl. E sarà una lunga notte.

Danilo Paolini

 

 

 

 

 

 

2010-05-21

21 Maggio 2010

GIUSTIZIA E INFORMAZIONE

Ddl intercettazioni

Mezza frenata del Pdl

Contrordine, ma mica tanto: dal disegno di legge sulle intercettazioni sparisce l’emendamento del relatore Roberto Centaro (Pdl) che raddoppiava le sanzioni per i giornalisti "colpevoli" di pubblicare qualsiasi atto d’indagine, anche non più coperto dal segreto e anche solo "per riassunto", fino all’inizio dell’udienza preliminare. Ma l’arresto e l’ammenda, già presenti nel testo originario, rimangono, seppure in misura minore: fino a 30 giorni e fino a 5mila euro, che diventano 10mila se la pubblicazione riguarda intercettazioni o tabulati telefonici. La modifica avrebbe portato l’arresto fino a 2 mesi e la multa fino a 10mila euro, il doppio nel caso intercettazioni o tabulati.

La commissione Giustizia del Senato, che nella seduta notturna di lunedì dovrebbe completare l’esame, ha invece già dato il via libera al giro di vite contro gli editori che ospitano sulle loro testate servizi contenenti atti giudiziari (quindi non solo trascrizioni d’intercettazioni telefoniche), loro stralci o semplici riassunti: rischieranno un’ammenda da 64.500 a 464.700 euro. Chiunque, poi, prenderà "diretta cognizione" di atti del procedimento penale coperti da segreto istruttorio sarà punibile con il carcere da 1 a 3 anni.

Secondo Centaro, comunque, il risultato del ritiro del suo emendamento sui giornalisti è che "galera non se ne farà mai nessuno". La mezza frenata del centrodestra (nel quale aumentano le perplessità dei finiani, a cominciare da Italo Bocchino e Fabio Granata) ha incassato commenti cautamente positivi da parte delle opposizioni, che tuttavia continuano a bocciare l’impianto complessivo del ddl. Oggi l’Italia dei valori scenderà in piazza con il cosiddetto "popolo viola" per un sit-in di protesta davanti a Montecitorio. Ma, paradossalmente, il giudizio più favorevole è quello di Antonio Di Pietro, che ha letto l’accantonamento della norma Centaro come "un segno della sconfitta del regime che voleva tappare la bocca all’informazione".

Felice Casson (Pd) ha invece parlato di "un primo passo importante, che però non risolve il problema". Un "buon passo indietro", per Gianpiero D’Alìa dell’Udc, ma "più rivolto a evitare spaccature all’interno della maggioranza".

Resta intatto l’allarme del mondo dell’informazione. Sky, editore di Sky Tg24, ha preannunciato che "chiederà un intervento a tutte le Autorità internazionali competenti, anche ricorrendo presso la Corte europea dei diritti dell’uomo". Mentre il segretario della Federazione nazionale della stampa Franco Siddi ha di nuovo invocato una "mobilitazione permanente e diffusa sul territorio che dovrà sfociare in uno sciopero nazionale".

Danilo Paolini

 

 

 

 

 

 

 

CORRIERE della SERA

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2010-05-26

Conferenza stampa dopo il verTice a porte chiuse

Napolitano dopo l'incontro con Obama:

"Crisi seria, ma l'euro non è a rischio"

Il presidente Usa:"Ha confermato il suo interesse per una Europa sempre più unita"

Conferenza stampa dopo il verTice a porte chiuse

Napolitano dopo l'incontro con Obama:

"Crisi seria, ma l'euro non è a rischio"

Il presidente Usa:"Ha confermato il suo interesse per una Europa sempre più unita"

WASHINGTON - Dopo l'incontro con Barack Obama alla Casa Bianca, chiuso ai media, Giorgio Napolitano ha incontrato i giornalisti e ha detto che l'incontro si è svolto in un clima di grande cordialità personale ed istituzionale e che il presidente americano "ha confermato l'interesse degli Stati Uniti per una Europa sempre più unita". Il maturare di rapporti diplomatici "necessitati" con attori politici di altre aree del globo, ha aggiunto Napolitano, non avviene "a discapito delle relazioni transatlantiche". Il presidente degli Usa ha anche ricambiato "i sentimenti di amicizia e ammirazione" che gli erano stati inviati dal premier Silvio Berlusconi, come ha riferito il capo dello Stato italiano.

NAPOLITANO: "L'EURO NON E' A RISCHIO, MA SERVE PIU' DISCIPLINA FISCALE" - "L’Europa sta vivendo una crisi seria ma l’euro non è a rischio e tantomeno lo è la

Napolitano alla Casa Bianca

Napolitano alla Casa Bianca

costruzione europea a patto che ci sia un balzo in avanti sull’integrazione", ha detto il presidente della Repubblica. Principale tema in agenda era proprio quello dell’economia e delle fibrillazioni dei mercati. Quello che è fuori discussione è che ora "serve più disciplina fiscale, un più efficace coordinamento delle politiche economiche e fiscali - ha aggiunto Napolitano - più politiche comuni sull’energia e sull’ambiente e Obama si è detto d’accordo su tutti questi punti".

NESSUN ACCENNO AL TEMA INTERCETTAZIONI - Durante il colloquio, ha precisato Napolitano rispondendo a una domanda dei giornalisti, non si è "assolutamente accennato" al tema delle intercettazioni. Nei giorni scorsi la questione era stata sollevata con qualche perplessità, davanti alla nuova legge che il parlamento italiano sta preparando, da un esponente del Dipartimento per la Giustizia americano.

INVITO PER LA FESTA DEI 150 ANNI DELLA REPUBBLICA - Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha anche riferito di aver invitato Barack Obama a partecipare ad una delle iniziative per le celebrazioni dei 150 anni dell'Unità d'Italia: "Vediamo a quale delle iniziative in programma potrà partecipare".

25 maggio 2010

 

 

 

 

I vescovi: "La legge sia equilibrata e salvaguardi gli interessi di tutti"

Sì al ddl intercettazioni, "ma cambierà"

Il governo non esclude il voto di fiducia

Il ministro Alfano: "Il testo già passato alla Camera è ancora il compromesso migliore". Da lunedì è in Aula

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Il ministro della Giustizia, Angelino Alfano (Ansa)

Il ministro della Giustizia, Angelino Alfano (Ansa)

ROMA - Dopo una maratona notturna di sei ore, i senatori della maggioranza hanno approvato, alle 3 del mattino, il testo del ddl di riforma delle intercettazioni - che nell’attuale versione impedisce ai giornalisti di pubblicare ogni atto d’indagine - con un procedimento che comunque dovrà cambiare prima del suo approdo in Aula. Il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, era infatti arrivato lunedì sera in Senato annunciando che "il testo della Camera è ancora il compromesso migliore sui punti più controversi della riforma" e che è su quello e non su altro che a Montecitorio, oltre un anno fa, il governo incassò la fiducia. Un testo che, secondo il ministro, "ha rappresentato un compromesso alto tra i tre principi costituzionali in gioco: la privacy, il diritto di cronaca e quello relativo alle indagini". La fiducia il governo potrebbe metterla anche questa volta: non lo ha escluso il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Elio Vito, pur senza precisare su quale testo. Intanto la conferenza dei capigruppo ha stabilito che l'esame in aula del ddl prenderà il via lunedì prossimo. Il termine per la presentazione degli emendamenti è fissato in venerdì 28.

L'INTERVENTO DI ALFANO - Una presa di posizione da parte di Alfano che in pochi, nel pomeriggio di ieri, si azzardavano a ipotizzare, ma che ha fugato ogni dubbio sulle intenzioni della maggioranza. Il ministro è infatti piovuto in commissione e ha difeso il testo varato l’anno scorso alla Camera con tanto di fiducia, bollandolo come "il miglior compromesso possibile" e sostenendo che, a parte la modifica dei presupposti per intercettare (dai "gravi indizi di colpevolezza" ai "gravi indizi di reato"), il resto "è frutto di iniziative parlamentari" e non dell’azione di governo. Come a dire: per il governo il testo della Camera, più stringente di quello in discussione al Senato, è migliore. Per quanto riguarda "la pubblicazione degli atti dei processi e l’inasprimento delle sanzioni - ha promesso Alfano - rifletteremo ulteriormente nel passaggio tra commissione e Aula". Quanto ad un eventuale nuovo voto di fiducia anche a Palazzo Madama, Alfano ha sottolineato che "la fiducia non la mette il Guardasigilli, ma il consiglio dei ministri, e , finora, non ha trattato questo argomento".

LA MOBILITAZIONE DEI MEDIA - Contro il provvedimento si è registrata anche la mobilitazione generale del mondo dell'informazione e l'iniziativa promossa dalla Fnsi e svoltasi in contemporanea a Roma e Milano con la partecipazione dei direttori di tutte le principali testate italiane, grandi e piccole, ha dato un segnale di compattezza che forse non è sfuggito alla maggioranza. Anche direttori di giornali vicini al governo, come Vittorio Feltri del Giornale, non hanno avuto peli sulla lingua nel sottolineare come "questa legge sembra fatta apposta per imbavagliarci e intimidirci". Una risposta corale, insomma, che non poteva passare inosservata.

CEI, SALVAGUARDARE TUTTI BENI IN GIOCO - Interviene anche la Chiesa. "I beni in gioco, cioè la tutela dei singoli individui, l'ordinamento della giustizia, le esigenze della solidarietà e della comunicazione, siano salvaguardati tutti, insieme ed equilibratamente". Lo ha detto il segretario generale della Cei, monsignor Mariano Crociata, incontrando i giornalisti in Vaticano durante l'assemblea generale dei vescovi italiani.

I DUBBI DELL'OPPOSIZIONE - I gruppi dell'opposizione, tuttavia, non si fidano dell'esecutivo: l'Idv ritiene che sia impossibile qualunque forma di dialogo con la maggioranza che ha deciso di varare le nuove norme e il Pd che per evitare sorprese aveva chiesto, invano, che il passo indietro fosse fatto già ieri, in commissione, senza dovere aspettare il passaggio in Aula. Che però le norme varate nella notte vengano ritoccate sembra ormai fuori discussione. La parola, quindi, va ora ai tecnici di palazzo Grazioli e di via Arenula che, di concerto con i commissari di maggioranza, dovranno approntare le modifiche necessarie a superare le perplessità di Quirinale e società civile, in attesa che il testo approdi in Aula, probabilmente nella settimana tra il 7 e il 13 giugno.

Redazione online

25 maggio 2010(ultima modifica: 26 maggio 2010)

 

 

 

lfano e Gasparri d’accordo: sì alle sanzioni ridotte, l’assedio si rompe frenando sui media

Mano tesa a editori e cronisti

Spuntano nuovi limiti ai pm

Nell’ultima seduta notturna sì alla norma transitoria che applica il provvedimento anche ai processi pendenti

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Il presidente del Senato Renato Schifani avrebbe raggiunto la mediazione sul ddl intercettazioni (Ansa)

Il presidente del Senato Renato Schifani avrebbe raggiunto la mediazione sul ddl intercettazioni (Ansa)

ROMA — Per rompere l’assedio intorno al ddl intercettazioni, la maggioranza tenta di dividere il fronte del no. Non potendo "andare incontro" a magistrati e investigatori— che presto faranno i conti con stringenti limitazioni per avviare gli ascolti e per proseguirli oltre 75 giorni, anche se inseguono un latitante — il pool parlamentare, convocato ieri alle 17 nello studio del capogruppo Maurizio Gasparri, ha concordato una exit strategy con il ministro Angelino Alfano tutta mirata sulla stampa. "L’assedio si rompe chiudendo il fronte aperto dai giornalisti e dagli editori ", hanno convenuto i partecipanti alla riunione (al terzo piano del Senato c’erano anche Roberto Centaro e Filippo Berselli), che si sono dati appuntamento per oggi al ministero della Giustizia dove sarà il sottosegretario Giacomo Caliendo a coordinare un tavolo tecnico per concordare poche e mirate modifiche al testo della Camera.

Alcune modifiche però hanno un impatto notevole sulle inchieste in corso. La nuova norma transitoria (emendamento del governo 1.100), votata nella notte di lunedì, prevede infatti che ora la nuova legge sulle intercettazioni si applichi anche ai procedimenti pendenti: sia per quanto riguarda i nuovi divieti previsti per la stampa (articolo 114), sia per la modalità di autorizzazione di nuove intercettazioni nelle inchieste in corso. Cambia però il divieto tombale, introdotto al Senato da un emendamento del relatore, che di fatto mette un bavaglio alla stampa per tutto il corso delle indagini preliminari. Lo ha confermato Niccolò Ghedini, consigliere giuridico del premier, che ieri l’ha comunicato direttamente al presidente della Camera Gianfranco Fini: si torna dunque al lodo Bongiorno-Ghedini ("Di tali atti in ogni caso è sempre consentita la pubblicazione per riassunto") con grande soddisfazione del presidente della Camera.

Un passo indietro sui giornalisti e un altro ancora sugli editori. Da 48 ore, infatti, il presidente Renato Schifani non fa che ripetere ai suoi interlocutori: "Vorrei evitare che al Senato possa essere approvata una legge che venga interpretata come legge-bavaglio nei confronti della comunicazione". Quindi, è certo che il relatore Roberto Centaro e il presidente Filippo Berselli metteranno mano alle sanzioni previste per gli editori dei giornali che pubblicano arbitrariamente atti di un procedimento: in buona sostanza, la sanzione minima di 387.250 euro dovrebbe ridursi di 5 volte (si passa da 250 a 50 quote) mentre la massima di 464.700 diminuisce di un terzo (da 300 a 200 quote). E questo ripensamento è condiviso anche dal senatore Piero Longo.

Sul fronte delle indagini e dei paletti posti all’azione di magistrati e poliziotti cambia invece molto poco. Dopo la battaglia condotta anche dal ministro per le Pari opportunità, Mara Carfagna, il reato di stalking (persecuzioni sessuali) verrà inserito tra quelli previsti dall’articolo 266 per i quali sono autorizzate le intercettazioni. Rimane poi la modifica introdotta dalla commissione del Senato che prevede il divieto di intercettare senza autorizzazione delle Camere i collaboratori e i parenti dei parlamentari. E resta ovviamente modificato l’articolo cardine del ddl che fissa i presupposti per avviare le autorizzazioni: gli evidenti indizi di colpevolezza della Camera diventano definitivamente i gravi indizi di reato votati dal Senato.

A questo punto rimane il fronte dei magistrati. Che, a giudicare dall’allarme lanciato ancora ieri sera dal procuratore Armando Spataro sulla mailing list delle toghe, sono molto preoccupati perché presto si ritroveranno con le armi spuntate. E lo sono anche i poliziotti—il sindacato Silp-Cgil ha anche organizzato un convegno sul tema — che prevedono ripercussioni pesanti per le indagini. In particolare, spiega il senatore Felice Casson (Pd), anche se è previsto un doppio binario per mafia e terrorismo, sarà impossibile avviare le intercettazioni per quei reati "satellite " (usura, riciclaggio, estorsione), che spesso conducono gli investigatori a scoprire in un secondo momento l’associazione di stampo mafioso. Resta poi l’incognita organizzativa, inutilmente segnalata dal senatore Benedetti Valentini (Pdl), del giudice collegiale che dovrà autorizzare le intercettazioni nella sede del distretto. Lunedì 31 maggio si va in Aula: se non si chiude la mattina di martedì 1˚ giugno (il pomeriggio il Senato si ferma perché c’è il ricevimento al Quirinale) si va alla settimana successiva forse con la fiducia. Eppure, chiede un autorevole senatore del Pdl, "siamo sicuri che lunedì 31, anche con il ponte del 2 giugno, la maggioranza avrà i numeri in Aula per reggere sulle pregiudiziali di costituzionalità?".

Dino Martirano

26 maggio 2010

 

 

 

2010-05-25

Mancino (CSM): IL TESTO VA RIVISTO. MONTEZEMOLO: bene il guardasigilli 

Intercettazioni, il Pdl fa marcia indietro

I direttori in campo: legge pericolosa

Alfano: sui punti controversi si può tornare al testo della Camera che è senz'altro un buon compromesso

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MILANO - Il governo si mostra disponibile a fare un passo indietro su alcuni punti del ddl intercettazioni. E' quanto si ricava dalle dichiarazioni fatte dal ministro della Giustizia Angelino Alfano prima di entrare in commissione giustizia del Senato che sta esaminando il disegno di legge. "Il disegno di legge sulle intercettazioni messo a punto dalla Camera dei deputati e sul quale il governo aveva messo la fiducia - ha detto Alfano - è senz'altro un buon compromesso". La maggioranza, insomma osserva Alfano, punta a che "ci sia sempre un buon motivo per intercettare" e che i controlli delle conversazioni "non siano senza limiti di tempo".

Il ministro ha quindi fatto un riepilogo degli interventi fatti dal governo e dal relatore prima sul testo licenziato dalla Camera e poi su quello messo a punto, sino ad ora, dalla commissione giustizia del Senato. Dalle parole del Guardasigilli, in sintesi, si è capito che il governo sarebbe pronto a fare un passo indietro per quanto riguarda la pubblicazione degli atti di indagine. Alfano, infatti, ha parlato dell'ipotesi di prevedere la pubblicazione "per riassunto degli atti dei processi". Ma il governo sarebbe intenzionato a restare sui "gravi indizi di reato", introdotti nell'esame del ddl a palazzo Madama. "Su questi aspetti - sottolinea il ministro - rifletteremo ulteriormente nel passaggio dalla commissione all'aula". "Comunque - afferma ancora il Guardasigilli - non vogliamo mettere il bavaglio a nessuno. Le intercettazioni si potranno effettuare solo se c'è un buon motivo e con limiti di tempo precisi. Se l'opposizione si immagina che noi rinunciamo al diritto alla privacy, si sbaglia di grosso. Se invece pensano anche loro di poter contribuire a migliorare il testo senza ledere alcuno dei diritti che noi intendiamo tutelare, da quello alla privacy a quello all'informazione, credo che si potrà trovare un compromesso".

L'ipotesi che il decreto legge sulle intercettazioni - contro il quale si sono mobilitati anche i direttori di tutte le principali testate giornalistiche oggi riuniti in un forum in collegamento tra Milano e Roma -, possa subire modifiche durante l'iter parlamentare era già stata avanzata da alcuni settori nella maggioranza. Ma il Pd chiede che alle norme si metta mano fin da subito, durante la seduta notturna della Commissione, convocata per questa sera. Chiusura totale da parte dell'Idv: "Discutere con maggioranza e governo del ddl sulle intercettazioni - è il commento di Luigi Li Gotti - è purtroppo tempo perso, al Senato il centrodestra sta riuscendo nell’impresa di peggiorare un testo che già era indecente".  Intanto fuori dal Parlamento non si ferma la protesta di giornalisti e associazioni contro quella che viene definita la "legge bavaglio".

DE BORTOLI: "LEGGE PERICOLOSA" - Per il direttore del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli, il ddl è invece "pericoloso per la democrazia e non solo per la nostra categoria". Secondo il direttore, la nuova legge "non ha come scopo di scongiurare gli abusi nella pubblicazione dei testi delle intercettazione, ma esprime insofferenza per la libertà di stampa che dovrebbe preoccupare tutti" ha aggiunto De Bortoli. Per il direttore del Corriere della sera se il vero obiettivo fosse quello di tutelare la privacy allora "le parti coinvolte nei procedimenti giudiziari potrebbero accordarsi sul non depositare negli atti i passaggi delle intercettazioni non rilevanti ai fini del procedimento".

FELTRI: "VOGLIONO ZITTIRCI" - Tra le diverse voci del mondo dei media va segnalata quella di Vittorio Feltri, direttore del Giornale, il quotidiano della famiglia Berlusconi, normalmente vicino alle posizioni del governo. Secondo feltri, questo disegno di legge è stato fatto "con l’intenzione di metterci nell’angolo e zittirci" e difficilmente si arriverà all’approvazione di un testo "accettabile". Per Feltri il diritto alla privacy è "sacrosanto" e per tutelarlo "basterebbe imporre ai pm di trattare solo le intercettazioni con rilevanza penale e distruggere tutto il resto". Inserire, infatti, negli atti dei procedimenti giudiziari ciò che non serve alle indagini "è - ha sottolineato Feltri - un invito a nozze per la stampa che non è il custode della segretezza e a cui non spetta il compito di fare la cernita".

MONTEZEMOLO: BENE ALFANO - Sull'argomento interviene anche Luca Cordero di Montezemolo: "Ci vuole il giusto equilibrio per ottenere qualcosa di condivisibile da tutti, per bilanciare il diritto alla privacy con questo strumento fondamentale senza il quale importanti reati non sarebbero mai stati scoperti" dichiara il presidente della Ferrari e della Fondazione Italia Futura, apprezzando l'apertura del ministro della Giustizia, Angelino Alfano, a riesaminare il ddl. Parlando a margine di un convegno a Monza, Montezemolo afferma che "la ricerca di unità di intenti è sempre fondamentale".

IL CSM - Il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, sottolinea il fatto che "tutti, anche alcuni settori della maggioranza, dicono che c'è bisogno di rivedere una parte delle disposizioni. Mi auguro che siano non solo rivedute ma anche in maniera condivisa". Mancino si limita a richiamare quanto già detto in passato: "L'uso delle intercettazioni telefoniche come strumento di indagine deve essere regolato sulla base delle esigenze investigative, sulle quali l'autorità giudiziaria ha una competenza innegabile". "La tutela del segreto istruttorio - spiega poi Mancino - è cosa diversa dal diritto di cronaca, costituzionalmente tutelato. Occorre disciplinare meglio i confini oltre i quali il diritto di cronaca confligge con la doverosa tutela della privacy e a questo punto fermarsi; ma prima ancora deve essere l'autorità giudiziaria ad escludere dal fascicolo del processo tutti gli atti, intercettazioni comprese, che non sono funzionali allo svolgimento dell'indagine".

MAGGIORANZA-OPPOSIZIONE - La formulazione del ddl provoca parecchi dubbi anche all'interno della maggioranza. "Sulle intercettazioni sta emergendo la necessità di sposare la linea della prudenza e della mediazione - afferma Italo Bocchino del Pdl - tornando all'equilibrato testo che fu varato dalla Camera. È opportuno sgombrare presto il campo da alcune previsioni che minano alla radice la tenuta del provvedimento, come il divieto di pubblicazione per riassunto degli atti e le megamulte agli editori". Dall'opposizione, Anna Finocchiaro, presidente dei senatori del Pd, afferma che "la maggioranza sta operando un "macelleria"". "Leggo che sarebbero disponibili a modificare il testo sulle intercettazioni - afferma. - Vedremo che succederà e vedremo che cosa proporranno. Io so che finora in Commissione sono stati sordi a qualsiasi nostra proposta ragionevole di modifica e correzione. Il testo che stiamo discutendo per ora è una mistificazione. Il testo così come è non risponde ad alcune necessità che sarebbero ragionevoli ma uccide la possibilità di utilizzare le intercettazioni per le indagini. Per quello che riguarda le notizie poi apre alla limitazione della libertà di stampa: il testo porta ad un vero e proprio regime censorio nei confronti di chi fa informazione".

Redazione online

24 maggio 2010

 

 

 

 

PRIMA DI REPORT

Intercettazioni, appello della Gabanelli

"Se non siete d'accordo, fatevi sentire"

PRIMA DI REPORT

Intercettazioni, appello della Gabanelli

"Se non siete d'accordo, fatevi sentire"

MILANO - "Se non siete d'accordo con questo provvedimento, fatevi sentire nelle sedi competenti perché presto sarà legge". Si è concluso così un breve appello lanciato da Milena Gabanelli, prima della sigla di apertura della puntata di domenica di "Report" su Rai3, in cui la conduttrice ha spiegato le possibili conseguenze del disegno di legge sulle intercettazioni in corso di approvazione da parte del Parlamento: "Se la legge fosse già in vigore, per esempio non sapremmo nulla dello scandalo che riguarda i grandi appalti". La giornalista ha poi ricordato che il provvedimento prevede che gli autori delle registrazioni e delle riprese effettuate senza il consenso dei diretti interessati rischieranno fino a 4 anni di carcere, a meno che non si tratti di giornalisti professionisti. "Distinzione sottile ma di sostanza perché una buona parte dei giornalisti che lavorano nei programmi di inchiesta sono iscritti all'albo dei pubblicisti: non potranno più entrare dentro gli ospedali e documentare come certi medici trattano i pazienti oppure dentro i cantieri dove vengono violate le norme che riguardano la sicurezza sul lavoro". "Siccome un'informazione completa serve a scegliere in libertà e i destinatari di questa informazione siete voi - ha concluso Milena Gabanelli -, valutate, se non siete d'accordo fatevi sentire nelle sedi competenti".

Redazione online

23 maggio 2010(ultima modifica: 24 maggio 2010)

 

 

 

2010-05-23

la strage di capaci 18 anni dopo. a palermo la "nave della legalità" con 2.500 studenti

Grasso: non solo la mafia contro Falcone

"Difenderemo indipendenza magistrati"

Replica il ministro Alfano: autonomia mai in discussione. Messaggio di Napolitano: massimo sostegno a indagini

la strage di capaci 18 anni dopo. a palermo la "nave della legalità" con 2.500 studenti

Grasso: non solo la mafia contro Falcone

"Difenderemo indipendenza magistrati"

Replica il ministro Alfano: autonomia mai in discussione. Messaggio di Napolitano: massimo sostegno a indagini

Piero Grasso con gli studenti a Palermo (Eidon)

Piero Grasso con gli studenti a Palermo (Eidon)

PALERMO - "Difenderemo il valore dell'indipendenza e dell'autonomia della magistratura dal potere esecutivo". Sono parole pesanti quelle scandite dal procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso nell'aula bunker dell'Ucciardone a Palermo per la commemorazione del 18° anniversario della strage di Capaci. "L'indipendenza della magistratura - ha aggiunto - non è un privilegio di casta. Crediamo ancora che in Italia si possano riuscire a processare anche i "colletti bianchi" e i corruttori di chi ricopre pubbliche funzioni". Il suo intervento è stato applaudito a lungo dalla platea. Immediata la replica del ministro della Giustizia Alfano, presente al convegno: "Non abbiamo mai messo in discussione l'autonomia e l'indipendenza della magistratura. Una grande squadra unita, che si chiama Stato, può vincere l'azione di contrasto". Alfano ha assicurato "tutto il sostegno ai magistrati per l'accertamento della verità sulle stragi del '92. Non so se siamo vicini o lontani alla verità perché non conosco gli atti riservati, ma solo quello che viene pubblicato in violazione del segreto istruttorio e che, a volte, può aiutare la mafia".

La strage di Capaci, 18 anni dopo La strage di Capaci, 18 anni dopo La strage di Capaci, 18 anni dopo La strage di Capaci, 18 anni dopo La strage di Capaci, 18 anni dopo La strage di Capaci, 18 anni dopo La strage di Capaci, 18 anni dopo La strage di Capaci, 18 anni dopo

FALCONE - Parlando degli sviluppi delle indagini, il procuratore Grasso ha fatto amare rivelazioni ai 2.500 studenti arrivati a Palermo da tutta Italia sulla "nave della legalità": "Non solo la mafia aveva interesse a eliminare Giovanni Falcone, era inviso anche a tanti centri di interesse. Lui non voleva combattere la mafia e l'illegalità a metà, le voleva eliminare dalle fondamenta. Voleva tagliare le relazioni tra la mafia e gli altri poteri. E su questo le indagini sono ancora attuali". Grasso ha raccontato a lungo la sua amicizia con Falcone: "Il rapporto d'amicizia tra noi due è cominciato dopo il maxiprocesso. Poteva sembrare una persona altezzosa e sprezzante, ma nell'intimità, con gli amici, era una persona diversa: scherzosa, quasi demenziale, e molto affettuosa con i nostri figli. Aveva una grande forza, nonostante le avversità ogni volta si ritirava su ed era pronto a lottare di nuovo. Falcone e Borsellino sono i punti di riferimento che mi aiutano nei momenti di sconforto". Quindi ha spiegato il mutamento che la mafia ha avuto dalle stragi a oggi: "Ha fatto un salto di qualità, ha capito che le stragi non pagano e cerca di rendersi invisibile. La forza della mafia oggi è questa: non ha visibilità e si ristruttura e si organizza negli affari, diventando sempre più potente". Pertanto, secondo Grasso, è importante l'educazione: "I problemi non si risolvono mettendo in carcere i mafiosi, ma se voi giovani riuscirete a costruire una classe dirigente che dica no alla mafia e all'illegalità".

NAPOLITANO - In occasione dell'anniversario il presidente Napolitano ha inviato un messaggio a Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso e presidente della fondazione a lui intitolata: "Meritano il massimo sostegno le indagini tuttora in corso su aspetti ancora oscuri del contesto in cui si svolsero i fatti devastanti di quel drammatico periodo - scrive il capo dello Stato -. Esse potranno consentire di sgombrare il campo da ogni ambiguità sulle circostanze e le responsabilità di quegli eventi, rispondendo all'ansia di verità che accomuna chi ha sofferto atroci perdite e l'intero Paese". Napolitano ha poi ricordato "l'appassionato eroico impegno di Falcone, indelebile in tutti noi, prezioso stimolo per la crescita delle coscienze". Anche il presidente del Senato Schifani ha inviato un messaggio a Maria e Anna Falcone, sorelle del magistrato, e alla fondazione "Giovanni e Francesca Falcone": "Che la tragica scomparsa di Giovanni Falcone e il suo esempio di rettitudine resti un punto di riferimento da seguire nella vita quotidiana e in ogni comportamento per noi tutti".

"PIÙ VICINI ALLA VERITÀ" - Anche la sorella del giudice ha parlato delle indagini: "Siamo più vicini alla verità sulle stragi di Capaci e via D'Amelio - ha affermato all'Ucciardone -. Abbiamo ormai la certezza che a farle non fu solo la mafia. D'altronde Giovanni aveva detto che dietro alla mafia ci sono menti raffinatissime. Gli italiani hanno il diritto di sapere cosa ci fu dietro le stragi in cui morirono Giovanni Falcone e Paolo Borsellino". Oltre tremila persone hanno partecipato al convegno: presenti il ministro dell'Istruzione Gelmini, i ministri dell'Interno e della Giustizia Maroni e Alfano e il procuratore di Palermo Francesco Messineo.

INTERCETTAZIONI - Quest'ultimo ha parlato del discusso disegno di legge sulle intercettazioni all'esame del Parlamento: "Teoricamente il ddl non riguarda indagini antimafia ma ne restringe l'utilizzo nelle inchieste ordinarie; spesso però le indagini antimafia prendono spunto da inchieste ordinarie, per cui restringendo le intercettazioni su quest'ultime si rischia di intervenire anche sulle indagine stesse. C'è un interesse a proteggere la privacy, ma tocca al potere legislativo cercare la formula giusta per bilanciare questo interesse con la necessità di fare le indagini nel modo migliore". Messineo ha anche fatto cenno alle indagini sulla strage di via D'Amelio: "Ci sono indagini molto ampie e penetranti da parte della Procura di Caltanissetta. Indubbiamente vi sono numerosi punti da chiarire". "Non conosco le nuove norme in discussione, ma le intercettazioni sono necessarie e uno strumento indispensabile per combattere la mafia" ha voluto ribadire, come aveva già fatto due giorni fa sollevando numerose polemiche e innescando quasi un caso diplomatico, Lanny A. Breuer. Il sottosegretario alla Giustizia degli Stati Uniti, ha partecipato a Palermo alla commemorazione della strage di Capaci. "Spero - ha detto ancora lasciando l'aula bunker del carcere Ucciardone- che continueremo ad avere leggi forti che ci consentano di proseguire e di lottare insieme contro la mafia".

INIZIATIVE - Diciotto anni fa, alle 17.58 del 23 maggio 1992, l'autostrada Palermo-Mazara del Vallo all'altezza di Capaci saltava in aria, sventrata dall'esplosione di 500 chili di tritolo. In quel cratere morirono il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e i tre agenti di scorta Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani. Una delle pagine più buie della storia recente del Paese è stata ricordata domenica mattina dal ministro dell'Interno Roberto Maroni, che ha deposto una corona di fiori davanti alla stele posta lungo l'autostrada e ha parlato di Falcone e Borsellino come "esempi di coraggio e determinazione, grazie a loro possiamo cogliere frutti preziosi nella lotta alla mafia". Poi ha ricordato i successi ottenuti negli ultimi due anni nella lotta alla criminalità organizzata, con l'arresto di 5.300 mafiosi ("in media otto al giorno") e 360 latitanti. Come ogni anno, Palermo ricorda la tragedia con manifestazioni, celebrazioni e incontri. Sono stati allestiti cinque "villaggi della legalità" dove i cittadini possono conoscere da vicino l’attività di associazioni antiracket come Libera e Addiopizzo. Nel pomeriggio due cortei si incontreranno sotto l'"Albero Falcone", nell'ora in cui si consumò la strage.

Redazione online

23 maggio 2010

 

 

 

PRIMA DI REPORT

Intercettazioni, appello della Gabanelli

"Se non siete d'accordo, fatevi sentire"

PRIMA DI REPORT

Intercettazioni, appello della Gabanelli

"Se non siete d'accordo, fatevi sentire"

"Se non siete d'accordo con questo provvedimento, fatevi sentire nelle sedi competenti perchè presto sarà legge". Si è concluso così un breve appello lanciato da Milena Gabanelli, prima della sigla di apertura della puntata di stasera di Report su Rai 3, in cui la conduttrice ha spiegato le possibili conseguenze del disegno di legge sulle intercettazioni in corso di approvazione da parte del Parlamento: "Se la legge fosse già in vigore, per esempio non sapremmo nulla dello scandalo che riguarda i grandi appalti". La giornalista ha poi ricordato che il provvedimento prevede che gli autori delle registrazioni e delle riprese effettuate senza il consenso dei diretti interessati rischieranno fino a 4 anni di carcere, a meno che non si tratti di giornalisti professionisti. "Distinzione sottile ma di sostanza perchè una buona parte dei giornalisti che lavorano nei programmi di inchiesta sono iscritti all'albo dei pubblicisti: non potranno più entrare dentro gli ospedali e documentare come certi medici trattano i pazienti oppure dentro i cantieri dove vengono violate le norme che riguardano la sicurezza sul lavoro". "Siccome un'informazione completa serve a scegliere in libertà e i destinatari di questa informazione siete voi - ha concluso Milena Gabanelli -, valutate, se non siete d'accordo fatevi sentire nelle sedi competenti".

 

23 maggio 2010

 

 

 

 

 

2010-05-22

IL CARROCCIO E IL PROVVEDIMENTO CONTESTATO

Ddl intercettazioni, Bossi assicura:

"Ipotesi fiducia non è stata ventilata"

Il leader della Lega sulla possibilità che il governo "blindi" il testo contestato: "In Cdm non se ne è parlato"

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MILANO - "Non lo so" se il governo porrà la questione di fiducia, "è una cosa di cui si parla in Consiglio dei ministri e fino adesso non è stata ventilata". Umberto Bossi, ministro delle Riforme e segretario della Lega Nord, liquida così la possibilità che il governo "blindi" il contestato ddl sulle intercettazioni. Nonostante le rassicurazioni del numero uno del Carroccio però il dibattito sul testo resta infuocato. "Fermatevi" chiede alla maggioranza il leader Udc Ferdinando Casini. Per Nichi Vendola (Sinistra e libertà) "l'Italia sta andando verso un momento buoi della sua storia". "La battaglia che faremo sulle intercettazioni sarà durissima avverte il Pd Dario Franceschini, intervenendo all'Assemblea nazionale del partito. Critiche anche dall'Associazione nazionale funzionari di polizia: "Rimane inaccettabile - sostiene l'associazione - che il Parlamento, pur nella sua sovranità, riduca a 75 giorni l’ascolto di utenze quando si indaga per reati che per la collettività non sono da meno rispetto ai delitti di mafia. Per le vittime i reati sono tutti gravi e non esistono delitti ordinari" scrive in una nota

MARONI E LE CRITICHE USA - Intanto, all'indomani delle critiche dagli Stati Uniti al testo, il ministro dell'Interno Roberto Maroni, ha voluto chiarire che è già archiviato l'episodio che ha rischiato di creare un incidente diplomatico tra l'amministrazione di Barack Obama e il governo italiano. Il sottosegretario al Dipartimento della Giustizia, Lanny A.Breuer, a suo giudizio, "ha già chiarito" il senso delle sue parole nel momento in cui, dopo aver affermato che le intercettazioni sono "una parte essenziale" delle indagini della magistratura italiana, ha precisato di "non conoscere i provvedimenti legislativi in discussione" in Italia e di non aver fatto alcun riferimento al ddl sulle intercettazioni in esame al Senato. Parlando a margine della festa della polizia a Varese, il ministro dell'Interno ha poi ribadito che, se il ddl passerà, sarà comunque "certamente" possibile continuare le indagini su mafia e terrorismo.

Redazione online

22 maggio 2010

 

 

 

Settegiorni - Politica e giustizia Gli scenari

La linea dura del premier alla prova della Camera

Berlusconi chiede ai ministri di "difendere la legge con i denti". Ma Fini: così a Montecitorio non passa

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Berlusconi chiede ai ministri di "difendere la legge con i denti". Ma Fini: così a Montecitorio non passa

Ora a chi toccherà ingoiare il rospo? Perché il presidente della Camera non intende "ingoiare" la riforma delle intercettazioni. L’inquilino di Montecitorio non è soddisfatto della legge che sta prendendo forma al Senato, ed è ormai evidente che se si arrivasse a un compromesso sulle intercettazioni toccherebbe a Berlusconi trangugiarlo. Ecco la sfida nella sfida, attorno a un provvedimento che ha scatenato polemiche senza eguali, tanto da superare i confini nazionali. Chissà cosa avrebbe fatto Fini, si fosse trovato ancora alla Farnesina, dopo la sortita del sottosegretario alla Giustizia americano Breuer, che ieri mattina aveva criticato la riforma, prima di rettificare.

Non è dato sapere se il presidente della Camera abbia considerato un’ingerenza la dichiarazione con cui l’esponente dell’amministrazione Obama ha fatto capire che le nuove normemetterebbero a repentaglio la lotta al crimine organizzato. È certo che su questo punto Fini non concorda, "i problemi nel testo non riguardano la parte che regolamenta l’uso delle intercettazioni nell’attività investigativa. Il vero nodo da sciogliere è un altro". L’inquilino di Montecitorio punta l’indice contro gli articoli di legge che "restringono la libertà di stampa e il diritto di cronaca ", ricordando che su questo punto alla Camera era stato raggiunto un "faticoso e buon compromesso", saltato a Palazzo Madama. È questa la linea di trincea. Se Fini non si espone, è per evitare l’accusa di ingerenza da parte dell’altro ramo del Parlamento, "si esprimerebbero giudizi prevenuti, dato che il Senato non ha ancora licenziato il provvedimento. Eppoi sono fiducioso che qualcosa cambierà tra il testo della commissione e quello dell’Aula".

Più che un auspicio sembra un avvertimento, rivolto a chi dovrebbe ingoiare il compromesso, Berlusconi, cui toccherebbe dare l’assenso a ripristinare le norme cancellate al Senato. È vero—come ha raccontato la Stampa — che il Cavaliere avrebbe voluto norme ancora più severe. Potendo, avrebbe trasferito alle intercettazioni la severità adottata da Tremonti sulla manovra di bilancio, allentando invece la stretta sui conti dello Stato. "La legge è troppo blanda", ha sbuffato ieri il premier visibilmente contrariato. "Silvio, non è vero", gli ha detto Gianni Letta prendendogli la mano: "Non ci sarebbe stata questa levata di scudi se la legge non portasse cambiamenti radicali ". In effetti, manca solo il Vaticano a criticarla, poi ci sono tutti, da Murdoch fino agli Stati Uniti. "Ma no", sorride il senatore del Pdl Centaro, con il suo slang siciliano: "L’amico americano si sarà fatto influenzare dal magistrato italiano di turno. E si è espresso incautamente".

Sarà, ma il Cavaliere avverte l’accerchiamento, perciò ha chiamato a raccolta i ministri a lui più fedeli. Per quanto non sia ciò che aveva sperato, "questa legge va difesa con i denti". Tocca ad Alfano esporsi. Il tono usato con Breuer non cela la durezza della risposta. Più che in prima linea, il ministro della Giustizia è impegnato su tutti i fronti: difende il provvedimento dalle accuse di "liberticidio", e avvisa che gli eventuali ricorsi a Strasburgo dovrebbero fare i conti con i documenti votati dal Consiglio d’Europa. Il problema è capire se Berlusconi arretrerà rispetto alla nuova linea di trincea, se accetterà la richiesta di abbassare le multe agli editori e consentirà ai giornalisti l’uso "per riassunto" degli atti giudiziari non più secretati. Sul primo punto il premier è propenso a offrire qualcosa, sul secondo non pare intenzionato a trattare, siccome vede in quella concessione la crepa che farebbe cedere la diga, costruita per mettere fine al "circuito di notizie che i magistrati danno sotto banco alla stampa".

Ma nemmeno Fini ha intenzione di cedere: "Se alla Camera arrivasse un testo deludente o problematico, sarebbe difficile immaginare un’approvazione senza modifiche. Non credo che verrebbero accettate in blocco le norme varate dal Senato". C’è tempo fino a giugno prima dell’eventuale show-down, ma non è un caso se Berlusconi ha fatto balenare l’ipotesi del ricorso alla fiducia. Al Senato servirebbe per aggirare l’ostruzionismo dell’opposizione, a Montecitorio avrebbe invece un chiaro significato politico. "Se mettessimo la fiducia, vorrei poi vedere ", ha detto ieri il premier riferendosi ai finiani: "Voterebbero contro?". Il rospo è lì, qualcuno dovrà ingoiarlo.

Francesco Verderami

22 maggio 2010

 

 

 

 

Intercettazioni, la protesta a Montecitorio

Cittadini, politici, ricercatori, studenti, gruppi di aderenti ai social network e giornalisti al sit in contro il disegno di legge contro cui si sono espressi anche gli editori

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(Lapresse)

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ROMA - La commissione ha licenziato il testo del ddl Alfano sulle intercettazioni che ora passa al Senato. Contro il disegno di legge a Montecitorio dal primo pomeriggio è partita una maratona oratoria contro il "bavaglio all'informazione" avanti la Camera dei deputati il sit-in organizzato da diverse associazioni, tra cui il Popolo Viola, Articolo 21, Valigia Blu cui hanno aderito alcuni partiti come l'Italia dei Valori, Sinistra Ecologia e Libertà, Verdi, per protestare contro il ddl intercettazioni in agenda al Senato. Una maratona a cui stanno partecipando cittadini, esponenti politici, ricercatori, studenti, gruppi di aderenti ai social network . Davanti la Camera anche molti giornalisti. Partigiani del terzo millennio, recita un cartello alzato sulla piazza, dalla parte degli oratori che si susseguono negli interventi. "Meno informazione uguale più corruzione. No alla legge bavaglio", è lo striscione di www.valigiablu.it che campeggia in Piazza di Montecitorio.

IL POPOLO VIOLA - Il Popolo Viola ha organizzato la maratona perché, si legge in una nota, "condanna duramente il testo di riforma in materia di intercettazioni in discussione al Senato, tra gli obbiettivi del Ddl Alfano ostacolare le attività di indagine dei magistrati, il diritto di cronaca della stampa, la libertà degli editori e l'attività dei blogger e dei social network nel nostro Paese". A Montecitorio anche vari gruppi studenteschi. Uno di loro, intervenendo, ha ricordato Giovanni Falcone. Molti dei partecipanti si rivolgono al Presidente della Repubblica Napolitano perché, in caso di approvazione della legge, non firmi. Molto duro, a questo riguardo, è stato Leoluca Orlando, Idv: "Ma che ci sta a fare un presidente della Repubblica se non difende neanche la libertà di stampa?"

Stefano Rodotà (Ansa)

Stefano Rodotà (Ansa)

STEFANO RODOTA' - Stefano Rodotà, che ha lanciato l'appello "La libertà è partecipazione informata", ha definito la maratona una "buona azione civile", che ha "avuto l'effetto di dare coraggio a molti, come l'iniziativa importante di un gruppo di editori alla fiera del libro di torino. E la stessa maggiore forze che nelle aule parlamentari mostra l'opposizione non sarebbe stato così forte senza questa mobilitazione. Il parlamento è il cuore del paese, ma ha bisogno di azioni e mobilitazioni della società civile". Il giurista ha parlato di regime e ha spiegato. "Un regime cambia in tanti modi, per esempio attraverso l'erosione quotidiana diritti fondamentali. Dicono di non aver intenzione di cambiare la prima parte della Costituzione. Ecco, l'articolo 21 sta nella parte che ipocritamente si dice che non sarà toccata. Se vogliamo impedire regime non possiamo andare in vacanza". Cita Einaudi in chiusura, l'ex garante della privacy. "Conoscere per deliberare, diceva Einaudi. Questa è la democrazia".

(Lapresse)

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FNSI - Contro le nuove norme critiche a tutto campo. Lunedì prossimo, la Federazione Nazionale della Stampa, che con il presidente Roberto Natale ha partecipato alla maratona, chiama in campo nella protesta le prime firme del giornalismo: alle 15 nella sede della Fnsi a Roma, e in collegamento con il Circolo della stampa di Milano, si confronteranno, tra gli altri, su questo tema: Ferruccio De Bortoli, Vittorio Feltri, Mario Calabresi e Gianni Riotta da Milano; Ezio Mauro, Concita De Gregorio e Norma Rangeri, da Roma. ’’La notizia prima di tutto, fermiamo la legge bavaglio’’, è lo slogan dell’iniziativa riassunto nello striscione che darà il titolo al confronto. In quanto alla mobilitazione dei giornalisti, Natale ha detto: "Arriveremo allo sciopero dei giornalisti, per protestare contro la legge-bavaglio sulle intercettazioni in agenda al Senato. Lo abbiamo già deciso, ma faremo di tutto perchè non sia necessario arrivarci. Abbiamo già lanciato con la Fieg un appello comune: se questo non dovesse bastare non ci accontenteremo del carcere per i giornalisti ridotto da due mesi a un mese, ma arriveremo alla protesta dello sciopero. Se anche questo non basterà -avverte il presidente della Fnsi- e il Parlamento dovesse approvare la legge, daremo copertura totale ai colleghi che praticheranno la disobbedienza professionale e civile. E un attimo dopo l'approvazione della legge andremo alla Corte Europea per depositare un ricorso che un collegio di nostri legali sta già preparando".

SOTTOSCRIZIONE - Tra le proposte emerse dal sit-in , anche quella di lanciare una sottoscrizione per comprare due pagine sul New York Times e l'Herald Tribune per informare anche l'opinione pubblica statunitense. L'intenzione è anche di presentare il ricorso contro la legge alla Corte europea. E il popolo viola si è dato due nuovi appuntamenti: lunedì 24 al Teatro dell'Angelo e poi quello più ambizioso del 19 giugno: l'obiettivo è riempire piazza Navona. Aiutati, magari da un concerto dei Massive Attack.

Redazione online

 

 

 

 

Le notizie fanno bene, a tutti

Le notizie fanno bene, a tutti

Tra cinque giorni comincerà il processo alle maestre di Rignano Flaminio accusate di reati legati alla pedofilia. Se la legge sulle intercettazioni fosse già in vigore, soltanto adesso potremmo conoscere per quale motivo tre insegnanti, il marito di una di loro e una bidella vanno alla sbarra con il terribile sospetto di aver abusato di piccoli alunni.

Soltanto tre anni dopo il loro arresto potremmo raccontare la storia di questa indagine. Mettere a fronte le tesi dell’accusa e quelle della difesa dopo aver esaminato gli atti. Eppure tra questi documenti non c’è neanche uno straccio di intercettazione telefonica o ambientale, perché mai ne sono state disposte. Il processo di Rignano è soltanto uno dei centinaia di casi dei quali non si sarebbe saputo nulla — a parte la notizia degli arresti — se il provvedimento che porta il nome del ministro della Giustizia Angelino Alfano fosse stato approvato.

E dimostra come il divieto di pubblicare le intercettazioni sia in realtà un falso problema. Perché è vero che con queste norme si vieta ai giornalisti di informare, ma soprattutto si impedisce ai cittadini di essere informati. E si lede il diritto fondamentale degli indagati di difendersi anche davanti all’opinione pubblica. S’è detto più volte che la pubblicazione dei testi di telefonate, talvolta tra persone che nulla avevano a che fare con le inchieste, è stata eccessiva. La privacy è un bene che va certamente tutelato e dunque è sul bilanciamento di queste due esigenze che bisognerebbe lavorare per trovare un’intesa.

Per esempio limitando la possibilità di allegare alle ordinanze soltanto le trascrizioni che riguardano gli indagati e sono ritenute indispensabili per motivare un arresto o una misura di interdizione. E creando un registro segreto delle altre conversazioni, sempre tenendo conto che proprio la difesa potrebbe decidere di utilizzarle per dimostrare l’infondatezza delle accuse. Nelle ultime settimane si è discusso molto delle inchieste sulla corruzione e si è insistito su tutto quello che l’opinione pubblica avrebbe ignorato se ci fosse già la legge. Ma, come dimostra Rignano, non si tratta soltanto di questo. Perché con il via libera alle nuove norme non si parlerebbe più dei politici e dei funzionari, però non si potrebbero neanche raccontare le indagini per gli omicidi, per le violenze sessuali, per le rapine. E si vivrebbe tutti lontani dalla realtà, di fatto fuori dal mondo.

C’è un aspetto che in queste ore viene sottovalutato e riguarda il possibile utilizzo illecito degli atti processuali. Il divieto di pubblicazione non impedisce infatti la circolazione dei documenti e dunque l’eventualità che diventino merce preziosa per chi potrebbe usarli come strumento di ricatto. Molto altro si potrebbe argomentare su questo disegno di legge, ma forse basta questo per riflettere sull’opportunità di tornare a confrontarsi, rallentando una corsa che appare in questo momento senza freni. E rischia di causare disastri.

Fiorenza Sarzanini

22 maggio 2010

 

 

 

 

2010-05-21

"molte delle cose temute non sono vere". bersani: faremo ostruzionismo

Intercettazioni, Alfano: "Con ddl pari dignità a riservatezza e indagini"

Preoccupazione del Dipartimento di giustizia Usa: "Sono essenziali per i pm". Il ministro: intesa con Washington

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Il ministro della Giustizia Angelino Alfano (Ansa)

Il ministro della Giustizia Angelino Alfano (Ansa)

MILANO - Pari dignità ai diritti di riservatezza, cronaca e indagini. Così il ministro della Giustizia Angelino Alfano ha sintetizzato il contenuto del disegno di legge sulle intercettazioni. Un intervento, ha sottolineato, per "ripristinare la verità sugli effettivi contenuti del ddl dato che troppe cose tra quelle che vengono annunciate, dette o temute, non corrispondono al testo in esame al Senato".

USA: ESSENZIALI PER INDAGINI - Le prese di posizione contro il provvedimento non sono mancate. Anche gli Stati Uniti si sono espressi in merito, per bocca del sottosegretario al Dipartimento di giustizia Lanny Brauer: "Non vorremmo mai che succedesse qualcosa che impedisse ai magistrati italiani di fare l'ottimo lavoro svolto finora: le intercettazioni sono uno strumento essenziale per le indagini". Ha quindi ricordato che "l'Italia ha fatto grandi progressi nelle indagini e nel perseguimento di gruppi mafiosi operanti entro i suoi confini, ma siamo consapevoli che insieme possiamo fare di più". Ed è stato lo stesso Alfano in serata a gettare acqua sul fuoco, sottolineando che "c'è piena intesa con Washington su modalità e obiettivi della cooperazione contro il crimine organizzato, come testimoniano i numerosi contatti e incontri a tutti i livelli tra le competenti autorità dei due Paesi. Come confermato da una successiva nota stampa dell'ambasciata americana a Roma, l'esponente Usa non ha inteso in alcun modo entrare in valutazioni di merito sulla legislazione italiana in materia di intercettazioni che ha esplicitamente dichiarato di "non conoscere"".

PD: OSTRUZIONISMO - La nuova legge sulle intercettazioni in discussione al Senato che prevede pene pesanti per editori e giornalisti in caso di pubblicazione fa discutere il mondo politico e la società civile. Non sono bastate a placare le critiche che arrivano da più parti al testo le aperture rese note dal relatore, il senatore Roberto Centaro (Pdl), su possibili sanzioni più miti nei confronti dei cronisti. Tanto che anche la tv satelitare Sky è scesa in campo annunciando ricorsi a tutte le corti di giustizia europee in caso di approvazione della legge. L'opposizione annuncia la lotta in Parlamento. "È doverosa ogni pratica ostruzionistica - tuona Pier Luigi Bersani all'assemblea del Pd -. La giusta esigenza di eliminare l'abuso delle intercettazioni e la loro conseguente diffusione, si sta ribaltando in norme che danneggiano gravemente le indagini e mettono un bavaglio all'informazione sconosciuto a ogni Paese democratico". Il portavoce dell'Italia dei Valori Leoluca Orlando annuncia una mobilitazione anche fuori dai palazzi della politica: "Se passerà il ddl sulle intercettazioni comprese le norme che prevedono il carcere per i cronisti, ci autodenunceremo tutti e chiederemo di essere incarcerati. Siamo tutti giornalisti. Questa è dittatura. Faremo una durissima opposizione senza se e senza ma, comprese azioni eclatanti, ma sempre nel rispetto della legge. L'Europa deve sapere costa sta accadendo in Italia".

ALFANO: INFORMAZIONE TRASPARENTE - Dal canto suo il ministro Alfano spiega che il ddl garantisce "il diritto a un'informazione ufficiale e trasparente e non il diritto all'acquisizione e divulgazione illecita di atti riservati". Alfano chiarisce "gli effettivi contenuti del ddl", ricordando che il comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, in una raccomandazione del 10 luglio 2003, "ha ribadito che i giornalisti devono riferire ed effettuare commenti sul sistema giudiziario penale, ma nel rispetto del principio della presunzione d'innocenza , che fa parte integrante del diritto a un equo processo". E sottolinea che "di conseguenza, opinioni e informazioni relative ai procedimenti penali in corso, dovrebbero essere diffuse attraverso i media solo se ciò non è lesivo della presunzione d'innocenza dell'indagato o dell'imputato; inoltre, nella raccomandazione, si auspica una informazione regolare nell'ambito dei procedimenti penali di interesse pubblico. Ma questa informazione deve essere fornita dalle autorità giudiziarie e dagli organi investigativi purché ciò non rechi pregiudizio al segreto istruttorio e non intralci i risultati dei procedimenti".

MAFIA E TERRORISMO - Nessuna modifica, precisa il ministro, è stata introdotta "rispetto alle intercettazioni per la ricerca dei latitanti". E per i reati di mafia e terrorismo "sarà possibile continuare a utilizzare le intercettazioni, telefoniche visive e ambientali, in ogni luogo sia pubblico che privato". Sarà anche "possibile utilizzare i risultati delle intercettazioni in procedimenti per mafia e terrorismo, anche se realizzati per procedimenti diversi". E "nell'ambito dei reati ambientali, nel caso in cui vi sia una connessione con reati di mafia, non vi sarà alcun tipo di limitazione temporale alle intercettazioni". Se per i "reati ordinari, per disporre le intercettazioni ambientali, sarà necessario che nei luoghi interessati sia in corso attività criminosa, il c.d. sospetto di flagranza", per i reati di mafia e terrorismo "non è prevista alcuna limitazione". Alfano precisa che anche "il limite di 75 giorni alle intercettazioni è valido solo per reati ordinari e non è continuativo, per cui sarà possibile intercettare i soggetti indagati anche in momenti e periodi differenti, in relazione alle scelte investigative del pm". Si è previsto anche che l'autorizzazione alle intercettazioni sarà concessa da un collegio giudicante e non da un singolo magistrato "per fornire maggiori garanzie al cittadino". E sempre per "una reale tutela della privacy e del regolare svolgimento delle indagini, è previsto il divieto di rilascio di copia di verbali, di supporti e decreti sulle intercettazioni"; ed "è inoltre vietata la trascrizione di conversazioni riguardanti fatti, circostanze e persone estranei alle indagini".

MONTEZEMOLO - Sul tema è intervenuto anche il presidente della Ferrari, Luca Cordero di Montezemolo che, interpellato dai giornalisti in merito proprio al ddl intercettazioni a margine delle celebrazioni per gli 80 anni della Pininfarina, elogia l'iniziativa di Sky: "Condivido la linea degli editori e ho visto anche come un editore importante e innovativo come quello di Sky segnali un'anomalia rispetto ad altri Paesi europei. Credo che ci sia la necessità, da un lato, di tutelare la privacy poiché la pratica delle intercettazioni non è più accettabile nei confronti dei singoli cittadini, e dall'altra di utilizzare uno strumento fondamentale in tante indagini e processi". Per Carlo Malinconico, presidente della federazione italiana degli editori (Fieg), "queste sanzioni non hanno vera giustificazione se non quella di esercitare pressione sugli editori che in molti casi rischiano la stessa sopravvivenza. Si tratta di un ulteriore intervento penalizzante per la categoria, già duramente colpita dalle recenti iniziative normative".

Redazione online

21 maggio 2010

 

 

 

 

Il governo va avanti ma restano

i dubbi anche del Quirinale

Arrivano le prime modifiche con l’incognita del voto alla Camera

La legge sulle intercettazioni non poteva non diventare "il" tema di questa fase: un terreno di scontro capace di affiancare la crisi finanziaria, che pure ha implicazioni internazionali ben più gravi. La coincidenza fra la discussione sul disegno di legge del governo e lo scandalo sui lavori del G8 fa apparire l’iniziativa come un tentativo di limitare la libertà di stampa; di impedire che i mezzi di comunicazione informino l’opinione pubblica su inchieste giudiziarie che allungano ombre sporche su spezzoni della classe dirigente. Silvio Berlusconi promette severità ma declassa a "casi personali e isolati" quelli emersi finora. Si tratta di una tesi che rischia di apparire riduttiva.

Le norme lasciano fredda anche qualche scheggia della maggioranza. E dietro il velo di un silenzio ufficiale il Quirinale nasconde una forte preoccupazione. L’"isteria giustizialista" che il presidente del Consiglio vede dietro la pubblicazione indiscriminata delle intercettazioni telefoniche potrebbe anche essere condivisa: almeno quando si tratta di proteggere persone che con le indagini c’entrano poco, e sono estranee ai reati sui quali la magistratura indaga. Il modo in cui si sta muovendo il governo, tuttavia, crea un’inquietudine diffusa. Il timore, certo alimentato dalle opposizioni ma difficile da placare, è che la legge sbilanci l’equilibrio fra i diritti da tutelare.

Le correzioni di cui si discute in questi giorni cercano di attenuare le sanzioni che colpirebbero il diritto di cronaca. Ed il governo comincia a rendersi conto che potrebbe trovarsi di fronte ad una fronda esplicita nel centrodestra: soprattutto alla Camera, dove il presidente Gianfranco Fini è da tempo in contrasto con Berlusconi; e dove non si esclude un’inedita saldatura con le opposizioni. Ma la determinazione ad approvare la legge, ricorrendo a votazioni notturne, accentua i sospetti e la tensione. "Si fa spesso allarme su possibili conseguenze che poi non si verificano", replica rassicurante il ministro dell’Interno, Roberto Maroni. E nega contraccolpi nella lotta alla mafia.

Il caso, però, promette di assumere dimensioni europee. Sky, la rete del magnate australiano Rupert Murdoch, annuncia che si rivolgerà alle istituzioni europee per dichiarare le norme in discussione illegittime. Si preparano manifestazioni di piazza per oggi. Ed il centrosinistra fa notare che così com’è il provvedimento è inaccettabile, perché comunque continua a prevedere sanzioni pesanti per gli editori. La questione è prettamente politica, sebbene qualcuno additi anche il profilo della sua costituzionalità. E infatti si aspetta di capire quale atteggiamento assumerà il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che per il momento ha seguito la vicenda come uno spettatore interessato e preoccupato; ma, appunto, a distanza.

Il capo dello Stato ha preferito evitare l’opera di persuasione svolta in passato, perché si tratta di un metodo a doppio taglio. Il Quirinale non vuole sentirsi costretto ad assecondare una legge inadeguata, ma approvata accogliendo le modifiche suggerite dal Colle. Per questo, non è intervenuto sul governo, limitandosi a segnalare le sue perplessità. Il problema è capire quanto il provvedimento sarà cambiato dal Senato; e quale testo emergerà dopo alla Camera. È un’incognita sulla quale nessuno azzarda previsioni. Ma la sensazione è che il presidente della Repubblica esiterebbe a firmare una misura che, per correggere uno squilibrio, ne crea altri perfino più allarmanti.

Massimo Franco

21 maggio 2010

 

 

 

 

ma Il governo si mostra al momento compatto, inclusi gli esponenti leghisti

Fini e un blitz alla Camera per cambiare il testo. Il rischio di un nuovo duello

I cambiamenti apportati dal Senato non convincono del tutto il "cofondatore" del Pdl

ma Il governo si mostra al momento compatto, inclusi gli esponenti leghisti

Fini e un blitz alla Camera per cambiare il testo. Il rischio di un nuovo duello

I cambiamenti apportati dal Senato non convincono del tutto il "cofondatore" del Pdl

ROMA — Un muro è un muro, ma può apparire diverso a seconda del punto d’osservazione. E dal punto di vista di Alfano, il muro issato contro la legge sulle intercettazioni sembra fatto coi mattoni del "pretesto", ritiene "pretestuose" infatti le critiche che si levano dal mondo dell’informazione, "perché non è vero che le nuove norme mettano il bavaglio alla stampa. I media potranno sempre dare notizia di un’inchiesta, di chi ne è rimasto coinvolto, dei reati ascritti. Attraverso il loro lavoro i giornalisti potranno sempre approfondire la vicenda, riportando fatti di cui— come già accade— si assumerebbero poi la responsabilità. La differenza è che non si potrebbero più pubblicare atti sottoposti al segreto d’ufficio". Un muro è un muro, e dall’altra parte del muro Alfano ha "il sospetto" che quanti definiscono "liberticida" la legge "in realtà vogliano mantenere il diritto alla diffamazione", così da "continuare a utilizzare gli atti giudiziari e soprattutto le intercettazioni, in violazione del principio costituzionale che tutela il diritto alla privacy". Il sospetto del ministro della Giustizia aggiunge un altro mattone allo steccato che divide il governo dal quarto e quinto potere, sebbene sia stato anche lui— d’intesa con il premier— a intervenire perché venisse cancellato quell’emendamento che prevedeva il carcere per i giornalisti. Il Guardasigilli è convinto che la riforma poggi solidamente su "tre pilastri costituzionali": il diritto alle indagini, il diritto alla privacy e il diritto all’informazione. Tuttavia lo scontro sul provvedimento non sembra rimanere nei confini parlamentari, se è vero che trapela una certa preoccupazione del Quirinale sul testo che il Senato si appresta a votare. Questione delicata e tutta da verificare, siccome in passato le obiezioni del Colle erano state accolte. Il nodo allora era la norma con la quale si prevedeva che le intercettazioni sarebbero potute scattare solo davanti a "gravi indizi di colpevolezza". Quel "totem", come lo chiamò a suo tempo Alfano, venne abbattuto: "Non ci impiccheremo certo a una parola pur di arrivare al varo della legge", annunciò pubblicamente. E infatti il nuovo testo parla adesso di "gravi indizi di reato".

"Il problema non è l’uso ma l’abuso dello strumento", ripete il Guardasigilli, convinto che si debba marciare spediti a palazzo Madama. Il presidente del Senato sta preparando il ruolino di marcia, in modo che l’Assemblea licenzi il provvedimento entro la prossima settimana, o al più tardi l’altra ancora, così da consentire l’esame immediato del ddl sulla corruzione. Il governo si mostra al momento compatto, la Lega non sembra intenzionata a mettersi di traverso, al punto che Maroni ieri ha difeso la riforma, "non temo limitazioni nella lotta alla criminalità organizzata con le nuove norme sulle intercettazioni, e non penso siano incostituzionali. Ma...". Sarà solo una questione di forma, sarà per rispetto verso il Parlamento che è chiamato a decidere, tuttavia un inciso del ministro dell’Interno, "una legge si può sempre migliorare", lascia aperto uno spiraglio o un pericoloso varco, a seconda dei punti di vista. E si sa qual è il punto di vista dell’area finiana. Per mesi la legge fu al centro di una estenuante e intricata trattativa tra Ghedini e la Buongiorno, sherpa del premier e del presidente della Camera. Il testo che venne licenziato da Montecitorio fu considerato da Fini "un buon compromesso". I cambiamenti apportati dal Senato non convincono del tutto il "cofondatore" del Pdl, e della sua insoddisfazione c’è traccia nelle dichiarazioni di Bocchino, secondo cui vanno riviste le sanzioni agli editori e garantiti maggiori spazi di libertà d’informazione ai media. Anche i finiani sono contrari alla divulgazione delle intercettazioni e alla pubblicazione in modo "testuale" degli atti giudiziari, ma siccome la fase d’indagine può durare anni — è la loro tesi — va riconosciuto "per riassunto" il diritto di cronaca sull’inchiesta, purché non siano documenti coperti da segreto. Si tratta di aspetti tecnici che lasciano però intravedere il rischio di un nuovo scontro politico tra Berlusconi e Fini. Il presidente della Camera ha detto di attendere il voto del Senato prima di esprimersi, ma è chiaro che considera saltato il "buon compromesso" raggiunto un anno fa sul testo. Con l’arrivo della legge aMontecitorio le cose potrebbero cambiare, "qualche leggera modifica ci sarà" avvisa Bocchino. E senza un preventivo "compromesso" tra i "cofondatori", il muro potrebbe dividere pericolosamente la maggioranza.

Francesco Verderami

21 maggio 2010

 

 

 

 

GB: Già nel 1993 i giornali, pubblicarono le telefonate fra Carlo e Camilla

Limiti a stampa e tv: le regole all’estero

Nella Repubblica Ceca la legge più severa: carcere fino a 5 anni e multa fino a quasi 200 mila euro al giornale

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Limiti a stampa e tv: le regole all’estero

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Il rapporto tra la riservatezza delle conversazioni, le intercettazioni come strumento investigativo e il diritto di cronaca, negli ultimi anni, sono diventati cruciali in tutte le democrazie avanzate. La tecnologia rende teoricamente possibile il controllo delle comunicazioni a un livello un tempo proprio solo dell’enorme apparato spionistico del Kgb sovietico. Limiti sono previsti in quasi tutti i Paesi, ma la pubblicazione delle intercettazione di interesse pubblico incontra generalmente pochi ostacoli. Ecco un panorama della situazione nei grandi Paesi dell’Unione Europea, in Russia e negli Stati Uniti.

Gran Bretagna: Nessuna barriera se l’interesse è pubblico

LONDRA — Si potrebbe risalire all’8 febbraio 1587 quando Maria Stuarda fu accusata di alto tradimento: i nobili inglesi intercettarono e manipolarono le lettere della regina di Scozia per portarla alla ghigliottina. Fu la prima "intercettazione " della storia moderna? Ma si potrebbe saltare al 1993, quando i giornali pubblicarono le telefonate fra Carlo e Camilla. "Non posso sopportare una domenica notte senza di te". "Vorrei essere il tuo tampax". Che scandalo. Di comunicazioni intercettate si discute da cinque secoli. È sacro il diritto alla privacy ed è sacro il diritto d’informare: qual è l’equilibrio corretto? È il "Regulation of Investigatory Power Act" che disciplina la materia. Il ministero dell’Interno autorizza le intercettazioni che, per principio, non possono essere diffuse o riprodotte. Ma il "Freedom of Information Act" dà il "diritto di conoscere", dunque di consultare, richiedendolo al Commissioner o al tribunale che decidono, gli atti investigativi e di pubblicarli. Laddove prevale l’interesse pubblico non c’è barriera che tenga. Persino a Buckingham Palace (i bisbigli d’amore di Carlo e Camilla insegnano) s’inchinano a questo principio sacro.

Fabio Cavalera

Francia: La fonte è protetta salvo casi eccezionali

PARIGI — In Francia il segreto professionale dei giornalisti è tutelato. Le intercettazioni, come avvenuto anche in recenti casi (processo Clearstream, che vedeva di fronte il presidente Sarkozy e l’ex premier Villepin), sono state pubblicate anche in corso d’istruttoria e solo in casi eccezionali può essere richiesto di rivelare la propria fonte. Ci sono stati esempi di giornalisti condannati per aver divulgato intercettazioni (il caso della cellula segreta dell’Eliseo all’epoca di Mitterrand) ma poi assolti alla Corte europea di Strasburgo. In buona sostanza, il giornalista pubblica documenti giudiziari e protegge le proprie fonti, ma può incorrere nel reato di diffamazione e di violazione della presunzione d’innocenza dell’individuo menzionato nelle intercettazioni o in documenti giudiziari. In questo caso, la normativa rimane in equilibrio fra i diritti della stampa e individuali. Il giornalista rischia di essere perseguito per diffamazione. Secondo un recente studio, le intercettazioni si sono moltiplicate per cinque negli ultimi anni (26 mila nel 2008), oltre a circa seimila intercettazioni "amministrative ", cioè non autorizzate dal giudice.

Massimo Nava

Spagna: Diritto di cronaca senza conseguenze

MADRID — Nelle ultime settimane si è acceso un dibattito in Spagna sull’operato del giudice Baltasar Garzón che ha intercettato le conversazioni tra alcuni imputati di corruzione nel caso Gürtel (che coinvolge politici delle comunità autonome di Madrid e Valencia) e i loro avvocati, ed è stato denunciato per abuso d’ufficio, in quanto sono generalmente conversazioni protette. In base all’articolo 579 della "Ley de enjuiciamiento criminal" le intercettazioni possono essere disposte da un giudice per un periodo di tre mesi (prorogabile di altri tre). In caso di urgenza possono essere ordinate anche dal ministro dell’Interno, se l’inchiesta riguarda bande armate o terroristi. Sebbene negli ambienti giuridici si discuta sulle garanzie offerte dalla legislazione vigente, l’interesse pubblico in Spagna è considerato prevalente, perciò la pubblicazione delle intercettazioni non è perseguibile. Le intercettazioni ordinate da Garzón nel caso Gürtel sono state pubblicate senza alcuna conseguenza per editori e giornalisti. "Una legge simile a quella italiana—assicurava ieri El País—avrebbe portato in carcere i giornalisti che hanno indagato sul caso".

Elisabetta Rosaspina

Repubblica Ceca: Appello all’Europa per la "museruola"

BRUXELLES — È entrata in vigore il 1˚ aprile 2009. Ma tutto era, meno che un pesce d’aprile. A Praga l’hanno subito chiamata "legge museruola": perché appioppa la galera fino a 5 anni al giornalista che pubblichi il contenuto di un’intercettazione giudiziaria o qualunque notizia su una persona indagata o sospetta, "anche se lo fa nel pubblico interesse"; e una multa fino a 5 milioni di corone (circa 194 mila euro) all’azienda editoriale per cui il reo lavora. In origine la legge era stata presentata come un miniemendamento al codice penale, teso a proteggere da una pubblicità indesiderata i bambini vittime di abusi: "E bene inteso, io sto con le vittime non con i media" rispose infatti il presidente Vaclav Klaus, quando i giornalisti cechi e di "Reporters sans frontières " lo supplicarono di bloccare la legge con il suo veto. Nel luglio 2009, da Bruxelles, la Federazione europea degli editori ha chiesto "con urgenza" un intervento alla presidenza dell’Ue, "per un atto di solidarietà con le federazioni della stampa in Italia e nella Repubblica Ceca, su una questione che ci preoccupa molto: la libertà di stampa…". Da allora, la museruola è rimasta al suo posto.

Luigi Offeddu

Russia: Vietati ai giornali solo i segreti di Stato

MOSCA — In Russia tutti i telefoni, i cellulari e le postazioni Internet sono permanentemente collegati a centri di ascolto dei servizi di sicurezza, l’Fsb, successore del Kgb. L’intercettazione può scattare per "qualsiasi indizio di reato progettato, compiuto o che sta per compiersi ". L’Fsb procede autonomamente ed entro 24 ore chiede l’autorizzazione al magistrato competente. Quando è in ballo il segreto di Stato, l’Fsb può mantenere segreti tutti i documenti, compreso l’atto d’accusa. In alcuni casi questo segreto vale anche nei confronti dell’avvocato difensore dell’imputato. Nei procedimenti normali gli atti, gli interrogatori e le intercettazioni comunicati dal giudice istruttore agli avvocati difensori possono essere liberamente pubblicati dai giornali che ne vengono a conoscenza. Il magistrato inquirente può però in qualsiasi momento disporre che particolari elementi debbano rimanere segreti se ritiene che ciò sia fondamentale per l’inchiesta in corso. Il dibattimento processuale è invece del tutto pubblico, a meno che non intervenga il segreto di Stato.

Fabrizio Dragosei

Stati Uniti:"Wiretap" legale e accessibile ai media

NEW YORK — Negli Stati Uniti le intercettazioni da parte di terzi sono legali sia a livello federale sia statale, previa autorizzazione di un giudice. In virtù del primo emendamento della Costituzione sulla libertà di stampa, i media hanno il pieno accesso alla pubblicazione di materiale a esse inerente. "Possiamo pubblicare qualsiasi cosa — spiega Lucy Dalglish, direttore esecutivo del Reporters Committee for Freedom of the Press—purché non presenti una minaccia imminente alla sicurezza nazionale o all’incolumità fisica di qualcuno". Dai Pentagon Papers al Sexgate, il libero accesso dei media a questo tipo di materiale è considerato uno degli elementi chiave della democrazia americana. Nella stragrande maggioranza degli Stati anche per registrare di nascosto una telefonata basta il consenso di una sola delle due parti. Iniziato nel 1890 in seguito all’invenzione del registratore, il wiretapping è stato usato dalla maggior parte dei presidenti Usa da quando la Corte suprema l’ha reso legale, nel 1928. Nel 1968 il Congresso ha approvato una legge che impone l’autorizzazione dal tribunale per le intercettazioni concernenti indagini criminali.

Alessandra Farkas

21 maggio 2010

 

 

 

 

 

LUPI: "LEI E SANTORO FANNO UN USO PRIVATO DELLA TV PUBBLICA"

La Busi: "Rinuncio a condurre il Tg1"

Lettera affissa sulla bacheca della redazione: "Non mi riconosco più nella testata". Minzolini: "Non condivido"

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Maria Luisa Busi durante un'edizione serale del Tg1

Maria Luisa Busi durante un'edizione serale del Tg1

MILANO - Maria Luisa Busi rinuncia alla conduzione del Tg1. Lo scrive lei stessa in una lettera (LEGGI IL TESTO) che ha affisso nella bacheca della redazione. Tre cartelle e mezzo per spiegare le motivazioni della sua decisione. Uno dei volti più celebri dell'edizione serale del telegiornale di Rai1 afferma di non riconoscersi più nella testata, e dichiara che se un giornalista ha come unico strumento per difendere le sue prerogative professionali quello di togliere la propria firma, un conduttore può solo togliere la sua faccia. Così ha deciso di fare lei, abbandonando la conduzione del Tg1 delle 20.

LO SCONTRO - La decisione della Busi arriva dopo una serie di scontri con il direttore della testata Augusto Minzolini. Un dissidio aperto da tempo, soprattutto da quando la giornalista, inviata all'Aquila il 21 febbraio (nelle ore della protesta delle carriole) e contestata sul posto al grido di "Tg1 scodinzolini", commentò: "Non posso rispondere dell’informazione in generale che il Tg1 ha dato in questi dieci mesi di terremoto".

I volti del Tg1 I volti del Tg1 I volti del Tg1 I volti del Tg1 I volti del Tg1 I volti del Tg1 I volti del Tg1 I volti del Tg1

REPLICA DI MINZOLINI - "In realtà, nell'ambito della rinnovamento del telegiornale, nei giorni scorsi - spiega Minzolini, interpellato telefonicamente - avevo ragionato con la direzione dell'ufficio del personale sulla mia intenzione di spostare la Busi al Tg delle 13. Del rinnovamento, infatti, oltre alla sigla, allo studio e al nuovo sito, deve far parte anche la scelta di un nuovo volto". Minzolini si "arrabbia" quando gli chiedono se sia in atto una "epurazione" nel Tg della rete ammiraglia: "Ma quale epurazione, ma quale "epurator", non sopporto questa storia. Sotto la mia direzione sono stati assunti diciotto precari, ho mantenuto tutti i capiredattori, ma di che parliamo?". A chi gli fa notare che Busi non condivide la linea della testata, Minzolini replica: "Se ha questa convinzione, è giusto che abbia preso questa decisione. Se non si riconosce, ha fatto bene. Ma sono motivazioni che non condivido". "Il mio telegiornale non è mai stato di parte, ho sempre dato voce a tutti e gli ascolti mi hanno dato ragione. Le accuse che mi rivolge la collega sono false per questo non condivido neanche una riga della sua lettera. Che poteva - se vogliamo dircela tutta - farmi recapitare prima di affiggerla in bacheca".

GARIMBERTI E CDR - Per il presidente della Rai Paolo Garimberti la situazione al Tg1 è tale da richiedere "massima attenzione da parte dei vertici dell'azienda, un'attenzione che sollecito da tempo nella sede deputata, cioè il Consiglio di amministrazione, nel pieno rispetto delle responsabilità che fanno capo al direttore generale". Per Garimberti "la scelta di Maria Luisa Busi va rispettata soprattutto da chi sa quanto, per un giornalista, possa essere difficile e doloroso rinunciare alla propria firma nel giornale dove ha lavorato per tanti anni". Sulla questione interviene anche il Cdr del Tg1: "La lettera di Maria Luisa Busi chiama la redazione a una riflessione. Quello di Maria Luisa Busi è un gesto mai fatto prima da nessun altro conduttore nella testata che testimonia il suo disagio e quello che attraversa una parte della redazione sull'indirizzo che Augusto Minzolini ha fatto prendere al Tg1". "Come la collega Busi - prosegue il Cdr - siamo preoccupati per la rinuncia del Tg1 alla leadership nella qualità e nella credibilità: anche ieri la clamorosa notizia sulla prima cellula artificiale che ha aperto i siti mondiali, uscita nelle agenzie alle 14 con embargo fino alle 20, nonostante fosse stata segnalata dal servizio competente, è stata ignorata nell'edizione delle 20". "Alla collega Busi, che per il coraggio e la coerenza con cui ha sempre esercitato il diritto di critica è stata fatta oggetto in questi mesi di inaccettabili e denigratori attacchi da parte di alcuni giornali, esprimiamo affetto e solidarietà. Il suo è un gesto di rispetto anche per i telespettatori. Un gesto che, dopo le rimozioni e i demansionamenti di tanti colleghi non 'omogenei' alla linea editoriale del direttore, testimonia ulteriormente il rischio che si chiuda ogni spazio di dialettica all'interno del Tg1. Anche questo - conclude la nota del Cdr - sarebbe una cosa mai avvenuta nella lunga storia della nostra testata. Da sempre Telegiornale di tutti".

FNSI: GRANDE DISAGIO - La Federazione nazionale della stampa, il sindacato dei giornalisti, esprime alla Busi "la massima solidarietà" e parla di "spia del grande disagio di una professionista seria e credibile che, nella sua funzione, ha concorso fino ad ora a rendere affidabile un telegiornale che, da qualche tempo va cambiando connotati": così scrivono Franco Siddi e Roberto Natale, segretario generale e presidente della Fnsi, per i quali "il disagio e l'amarezza che esprime la Busi nella sua lettera sono segnali di un malessere più diffuso che riguarda ampi settori della redazione". Siddi e Natale sottolineano che "dopo la rimozione, fuori dal normale processo degli avvicendamenti professionali, che aveva colpito professionisti impegnati senza sbavature sul loro lavoro come Tiziana Ferrario, Paolo Di Giannantonio, Piero Damosso e Massimo De Strobel, la denuncia di Maria Luisa Busi non può cadere nel vuoto né essere derubricata, come tenta di fare il direttore Minzolini, a reazione bizzosa per le voci sulle sue intenzioni di futuri cambiamenti al Tg1".

REAZIONI POLITICHE - La mossa della Busi ha scosso il mondo politico. Dal Pdl Maurizio Lupi accusa l'"uso privato della televisione pubblica": "Dopo Santoro anche la Busi veste i panni della vittima e coglie la palla al balzo per godersi quei dieci minuti di notorietà. Mi dispiace per entrambi, ma la Rai non è di loro proprietà". Il deputato del Pdl Giorgio Lainati, vicepresidente della commissione di vigilanza Rai, difende Minzolini: "Ha tutto il diritto di decidere una linea editoriale e di puntare sulle tante riconosciute professionalità che da anni sono un patrimonio del Tg1". Sul fronte dell'opposizione Rosy Bindi sottolinea che "il Pd sta con chi afferma l'autonomia dei giornalisti del servizio pubblico e il pluralismo culturale della Rai, con chi non vuole mandare al macero un'azienda centrale per la vita democratica del Paese". Per il portavoce Idv Leoluca Orlando "è vergognoso che professionisti dalla schiena dritta siano stati costretti, in seguito a comportamenti vessatori, ad arrivare addirittura a prendere una decisione tanto drastica. Davanti a un caso tanto grave, quale quello che ha riguardato Maria Luisa Busi, non possiamo limitarci a dare pacche sulla spalla".

Redazione online

21 maggio 2010

 

 

 

Annozero, Santoro contro tutti

Il monologo di Masaniello

il commento

Annozero, Santoro contro tutti

Il monologo di Masaniello

Se uno amasse davvero il Servizio pubblico dovrebbe cominciare ad astenersi dall’usare il Servizio pubblico per fatti personali, per regolare i propri conti con chi la pensa in maniera diversa, per ergersi a Sentinella Unica della Democrazia. E invece, ancora una volta, Michele Santoro ha aperto "Annozero" con un lunghissimo intervento dedicato alle sue vicende, al suo addio all’azienda. Un monologo di venti minuti contro tutti, scritto e recitato, lo sguardo allucinato rivolto alla telecamera, uno show militante, un delirio di onnipotenza che farà testo. Ci sono molti modi per dirsi addio, anche in campo professionale, alcuni più eleganti e discreti, altri meno. Santoro ha scelto il più clamoroso, usando persino espressioni che appartengono al gergo delle vecchie soubrette ("il mio pubblico"). Ha alzato il dito contro Sergio Zavoli, contro la Commissione di vigilanza, contro i vertici Rai, contro i politici del Pd che non lo hanno sostenuto, contro i direttori di giornale che non gli hanno dedicato un martirologio. Nell’invettiva, si è chiesto a gran voce se deve ritenersi un giornalista scomodo per la Rai o una risorsa strategica per l’azienda.

Si è anche dato una risposta. Nella foga ha persino detto che il suo programma "dev’essere considerato la perla del Servizio pubblico". Quello che non si è capito è se vuole veramente andarsene oppure restare: "L’accordo non è ancora stato firmato. Se voi pensate che "Annozero" sia un prodotto proibito, scabroso del Servizio pubblico, che non prevede quel tasso di libertà, di spregiudicatezza, di senso critico, allora lasciatemi andare via". Poi il coup de théâtre finale: "Volete che rimanga in Rai? Chiedetemelo". Più correttamente, avrebbe dovuto dire: rivolgetevi al mio agente Lucio Presta. Se Santoro lascia la Rai sarà una perdita: sa fare il suo mestiere, è una voce critica, non governativa, procura profitti all’azienda. Ma Santoro dovrebbe una buona volta smettere di credersi il Masaniello della tv, il solo tutore delle nostre coscienze e liberarsi di quella grossolanità ideologica che mette i buoni da una parte e i cattivi dall’altra. Col passare del tempo, questo suo vizio antico si è ingigantito e i cattivi sono diventati tutti gli altri e il buono (il generale Custer assediato dagli indiani) è rimasto solo lui, ipertrofico e autocompiaciuto. Un venditore ambulante di libertà. Certo con il suo pubblico, i suoi adepti, le sue tricoteuses.

Aldo Grasso

21 maggio 2010

 

REPUBBLICA

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2010-05-26

ITALIA-USA

Napolitano alla Casa Bianca

in primo piano la crisi economica

Il presidente a colloquio per circa 50 minuti con Obama. Ribadito il "ruolo primario" delle relazioni transatlantiche. Non si è parlato di intercettazioni. Frattini: "In Italia altri due terroristi da Guantanamo"

Napolitano alla Casa Bianca in primo piano la crisi economica

WASHINGTON - Un incontro "molto cordiale". Non sfugge al protocollo la prima nota che arriva da Washington al termine del colloquio fra il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e il presidente americano Barack Obama. I due si sono intrattenuti alla Casa Bianca per circa cinquanta minuti e il capo dello Stato ha invitato il leader Usa a partecipare a una delle celebrazioni per i 150 anni dell'unità d'Italia. All'incontro hanno partecipato anche il ministro degli Esteri Franco Frattini, l'ambasciatore d'Italia a Washington Giulio Terzi e altri membri delle rispettive delegazioni. E proprio durante la visita a Washington il titolare della Farnesina ha annunciato che l'Italia accoglierà altri due terroristi già detenuti della base di Guantanamo.

L'euro e i mercati. Un colloquio di lavoro, chiuso ai media, che ha visto al centro dell'agenda i temi economici, a cominciare dalle fibrillazioni dei mercati e dalle difficoltà dell'euro seguite "molto attentamente" dall'amministrazione americana. Riferendo ai giornalisti sull'incontro, Napolitano ha poi affermato: "L'Europa sta vivendo una crisi seria ma l'euro non è a rischio e tantomeno lo è la costruzione europea a patto che ci sia un balzo in avanti sull'integrazione". Quello che è fuori discussione, ha proseguito il presidente della Repubblica, è che ora "serve più disciplina fiscale, un più efficace coordinamento delle politiche economiche e fiscali, più politiche comuni sull'energia e sull'ambiente e Obama si è detto d'accordo su tutti questi punti. Da parte sua c'è pieno sostegno alle iniziative contro la crisi economica che si stanno portando avanti in Europa".

 

"Servono sacrifici". Napolitano era già stato ospite alla Casa Bianca due anni fa, in occasione della visita di Stato a Washington e New York. All'epoca era stato ricevuto da George W. Bush. Quella di oggi, fuori dall'ufficialità delle visite di Stato, ha rappresentato proprio un'opportunità per scambiarsi opinioni a partire dalle criticità dell'economia. Gli Stati Uniti seguono non solo con attenzione ma anche con preoccupazione le difficoltà dell'Europa e certo è necessario "fare sacrifici", aveva già ricordato, al suo arrivo negli Usa, Napolitano, per "risanare i bilanci pubblici". Ma sacrifici il più possibile "equamente distribuiti tra la popolazione".

"Ue, partner fondamentale per gli Usa". Napolitano ha detto a Obama che l'Italia vuole agire affinché l'Unione europea, "più unita e integrata", sia sempre più un partner fondamentale per gli Usa. "Il presidente Obama ha manifestato l'interesse degli Stati Uniti che ci sia un Ue sempre più unita e assertiva", ha detto il capo dello Stato dopo l'incontro.

I rapporti transatlantici. "Le relazioni transatlantiche - ha affermato Napolitano nella conferenza stampa con i giornalisti italiani - sono una pietra miliare" per l'italia come per l'Europa ma non possono essere l'unica dimensione della politica estera. Il presidente ha sottolineato che il rapporto privilegiato tra Italia e Stati Uniti non è in discussione, così come non è in questione quello con l'Ue ma, avverte, "dobbiamo stare attenti noi europei a non farci prendere da una sorta di gelosia perché questo presidente americano sembra ed è molto più aperto allo sviluppo di rapporti con nuovi protagonisti della scena mondiale". Non c'è, dunque, il declino dei rapporti transatlantici temuto da qualcuno? "Non c'è nulla di tutto questo - precisa Napolitano - come ha spiegato anche il presidente americano".

Obama ha espresso "apprezzamento per l'impegno italiano in Afghanistan che salirà a 4.000 unità", ha sottolineato il presidente della Repubblica precisando che ha anche "rammentato i nosti caduti" dello scorso 17 maggio. Napolitano ha quindi ribadito che l'impegno italiano "non è in discssione".

Durante il colloquio non è stata invece affrontata la questione del ddl sulle intercettazioni, che nei giorni scorsi era stato criticato dal dipartimento alla Giustizia americano 1: "No, non se ne è assolutamente parlato", ha risposto Napolitano ai giornalisti.

Frattini: "In Italia altri due terroristi da Guantanamo". Frattini ha annunciato che l'Italia sta individuando altri due nomi di terroristi che, da Guantanamo, verranno accolti nel nostro Paese. Nel corso dell'incontro con il consigliere per la sicurezza nazionale James Jones, il titolare della Farnesina ha detto che "abbiamo identificato altri due nomi, gli esperti del Viminale li stanno valutando ed io mi sono espresso in termini positivi". Da Washinton, ha aggiunto, "c'era stato chiesto alcune settimane fa e noi abbiamo dato la disponibilità". Per quanto riguarda i tempi, Frattini ha spiegato che è "prematuro parlarne perché bisogna sapere quando le autorità li renderanno disponibili".

(25 maggio 2010)

 

 

 

 

 

 

IL DDL

Intercettazioni, multe ridotte agli editori

da lunedì battaglia in aula al Senato

Il tetto dei 465mila euro scenderebbe a 300mila. Salva-cronaca nella versione Bongiorno. Il Pd: ritirino il ddl. Di Pietro: Napolitano tenga la schiena dritta

di LIANA MILELLA

Intercettazioni, multe ridotte agli editori da lunedì battaglia in aula al Senato

ROMA - Un passo concreto nella direzione degli editori è già deciso: non sarà più da 64.500 a 465mila euro la multa che li penalizza se un giornalista pubblica le intercettazioni, ma la sanzione calerà da 12.900 a 300mila euro. Il governo, il Guardasigilli Angelino Alfano, e la sua maggioranza, procedono nella retromarcia sulla riforma delle intercettazioni. Via il black out sulla stampa, addolcite le multe. Passato alle 3 di notte il testo in commissione Giustizia, dopo sei ore di scontro continuo con l'opposizione, adesso si lavora per uscire dal guado.

Al presidente del Senato Renato Schifani, per il secondo giorno consecutivo, spetta il ruolo di mediatore. In tre momenti. Durante la riunione dei capigruppo in cui, alla pretesa del governo di andare in aula già domani, Schifani spunta la data di lunedì 31. Pd, Idv e Udc protestano ugualmente, già ieri il Pd si preparava ad abbandonare i lavori, ma il rinvio del voto a stamattina ha fatto slittare anche la loro protesta. Poi Schifani telefona al segretario della Fnsi Franco Siddi e lo rassicura: "Dal Senato non uscirà una legge bavaglio. La data del 31 non va letta come un'accelerazione. In aula ci sarà tempo per discutere e trovare un punto di equilibrio".

Poi il presidente del Senato scende nella sala Garibaldi e ripete ai giornalisti il suo slogan del no al bavaglio.

Nelle stesse ore, siamo a fine mattinata, avvengono altri due fatti: alla Camera Niccolò Ghedini, il consigliere giuridico di Berlusconi sulla giustizia, si reca dal presidente della Camera Gianfranco Fini per rassicurarlo sull'intenzione di ripristinare la formula salva-cronaca di Giulia Bongiorno sugli atti pubblicabili per riassunto. Chiosa il finiano Italo Bocchino che si tratta di "una scelta saggia". Ma a Montecitorio esplode la collera del leader Idv Antonio Di Pietro che chiama in causa pesantemente il capo dello Stato: "Valuteremo con molta attenzione il suo comportamento. Non vogliamo tirarlo per la giacchetta, né renderlo corresponsabile, poiché questa legge criminogena è figlia solo di questo governo. Ma ci aspettiamo che il presidente tenga la schiena ben dritta, mai come in questo momento, a difesa della Costituzione e dell'articolo 21". Napolitano incontra Obama negli Usa e a chi glielo chiede risponde freddo: "Intercettazioni? Con lui non ne abbiamo parlato".

Al Senato va in collera Anna Finocchiaro. La capogruppo del Pd prende atto che il testo votato in commissione "è carta straccia", che si sono spese inutilmente 35 sedute, si dice certa che l'8 giugno verrà messa la fiducia. Dice il suo leader Bersani che si sta discutendo "della peggiore legge mai vista in una democrazia occidentale". Spetta al governo trovare la quadra, visto che già venerdì scade il termine per gli emendamenti. Si riuniscono, nello studio del capogruppo Pdl Maurizio Gasparri, il collega leghista Federico Bricolo, il ministro Alfano, il relatore Roberto Centaro, il presidente della commissione Filippo Berselli. Si decide che già oggi, in via Arenula, si chiuderà partita delle modifiche. E che sarà Centaro, e non Alfano, a firmare il nuovo testo per non addebitare al governo la brutta figura della retromarcia.

(26 maggio 2010)

 

 

 

 

DDL INTERCETTAZIONI

Il Pdl stringe d'assedio Alfano e Ghedini

"Questa legge va su un binario morto"

Non si può tornare al testo della Camera perché già bocciato da Napolitano. Il leghista Bricolo gela gli alleati: "La gente non ne può più, pensiamo alla crisi piuttosto"

di LIANA MILELLA

Il Pdl stringe d'assedio Alfano e Ghedini "Questa legge va su un binario morto" Angelino Alfano

ROMA - Fingono di costruire e mediare, ma in sordina marciano verso l'affossamento. Con una strategia che Berlusconi ha già indicato: "Approviamo questa inutile legge al Senato e poi mettiamola su un binario morto. Ci ha già creato troppi problemi. È una riforma inutile. Con questo testo annacquato i magistrati continueranno a massacrarci e i giornalisti enfatizzeranno le loro mosse. E Fini potrà vantare una vittoria che io proprio non voglio riconoscergli".

È deciso il Cavaliere. Troppo forti, al suo orecchio, le lagnanze che gli arrivano per la scriteriata gestione delle riforma da parte del duo Alfano-Ghedini. Grave il campanello d'allarme della Lega, dove un gelido Federico Bricolo, il capogruppo al Senato che cammina sempre a fianco di Rosi Mauro che a sua volta è l'ombra di Umberto Bossi, ha gelato Alfano e il collega Maurizio Gasparri. A loro, che lo chiamavano per controfirmare le prossime modifiche, ha fatto trovare sul tavolo una bella nota d'agenzia: "I cittadini sono stanchi delle continue polemiche sulle intercettazioni. È ora di dire basta per concentrarsi, com'è giusto che sia, sulla manovra economica".

Un segnale chiarissimo. Troppe avanzate e ritirate, troppi scontri, soprattutto troppo tempo. E perché poi? Per un risultato che non piace a Berlusconi, semina la guerra con i magistrati e i poliziotti, preoccupa il capo della polizia Manganelli, mette gravemente a rischio la lotta alla mafia. Un unico mormorio ieri in Transatlantico, proteste passate dall'uno all'altro: "Ma com'è possibile che ci siamo incartati in questo modo? Chi ha gestito quest'operazione in modo così disavveduto? Ma Berlusconi se ne rende conto che stiamo perdendo la faccia? Ma molliamola una volta per tutte questa legge. Al primo magistrato che non potrà fare un'indagine, al primo delinquente che sarà libero perché le intercettazioni possono durare solo 75 giorni vedrete i titoli della Padania. La Lega sarà la prima a sfilarsi. Noi passeremo per i soliti che vogliono favorire i criminali". E giù i ricordi delle forzate retromarce, dalla blocca processi al processo breve, fughe in avanti per salvare il Cavaliere dai processi finite sempre in una brutta figura. La Velina rossa di Pasquale Laurito dà il ddl "morto" all'80 per cento.

Pollice verso sul Guardasigilli, colpevole di aver avallato gli ultimi emendamenti, varati proprio nel suo dicastero. Le multe ai giornalisti aumentate, nel cestino la norma salva-cronaca della Bongiorno. Appena il 19 aprile. Che adesso costringono il governo a tornare indietro, consegnando a Fini un'evidente vittoria politica. Una figuraccia. Alfano cerca la copertura del partito. Lo difende Maurizio Gasparri che gli cuce appositamente addosso una nota ufficiale ("Ci muoviamo in sintonia con il ministro della Giustizia"). E lui, dopo aver scaricato sul relatore Roberto Centaro la responsabilità delle modifiche da cui prende le distanze, ora non firma le nuove ma costringe lo stesso Centaro a presentarle, con la conseguenza che il relatore sconfessa se stesso nel'arco di un mese. Ma sono i media, come sempre, a preoccupare Alfano. Lui vuole mettere in sicurezza il governo ed evitare di leggere titoli sulla retromarcia.

Che, a guardare gli emendamenti, è ben evidente. Intanto, come gli fanno notare, non si può tornare al testo della Camera. Parlarne è fare solo propaganda e rischiare di mettersi in un pasticcio nel pasticcio. Quello, a luglio dell'anno scorso, è stato stoppato dal capo dello Stato che convocò Alfano al Quirinale perché Napolitano, proprio dopo il voto a Montecitorio con la fiducia, non accettava la formula degli "evidenti indizi di colpevolezza", gli sembravano esagerate le multe a giornalisti ed editori (già lì c'era la maxi pena da 465mila euro), giudicava inaccettabile la norma transitoria per cui la legge non si applicava ai processi in corso, ma solo a quelli nuovi con evidenti anomalie. Il testo della Camera, dunque, non era digeribile e non sarebbe stato firmato dal presidente. Ma l'errore del Guardasigilli è stato di non seguire le indicazioni del Colle, ma di andare in direzione contraria. Finendo nel precipizio che porterà la legge alla tomba.

(26 maggio 2010)

 

 

 

 

 

 

2010-05-25

IL DECRETO

Intercettazioni, prima approvazione del ddl

Alfano: "Misure più morbide sulla stampa"

Il via libera in commissione Giustizia del Senato dopo una lunga battaglia finita alle tre di notte. Ma prima il Guardasigilli annuncia: "Si può tornare al testo della Camera che è equilibrato". Reintrodotti gli ascolti per lo stalking. Inedita cronaca "in diretta" su Facebook del senatore Ceccanti

Intercettazioni, prima approvazione del ddl Alfano: "Misure più morbide sulla stampa"

ROMA - Il ddl intercettazioni è stato approvato dalla commissione giustizia del Senato. Soddisfatto il presidente della commissione Filippo Berselli: "avevo detto che entro oggi lo avremmo approvato e così è stato. Ora andremo in aula per l'esame".

L'approvazione alle tre del mattino dopo una lunga battaglia in commissione che ha visto anche una retromarcia del governo. Presente pure il Guardasigilli Alfano che torna dopo mezzanotte e preme per il voto. Con la cronaca in diretta del pd Stefano Ceccanti su Facebook. Volano insulti. Felice Casson a Giacomo Caliendo "lei racconta balle", lui "ero amico di Falcone", e Casson "questo è un ricatto morale", Luigi Li Gotti "basta disturbare i morti", Silvia Della Monica "ho lavorato con Giovanni ma non lo cito mai". In commissione Giustizia Pd e Idv chiedono il ritiro del testo, niente mediazioni. Vogliono vedere subito le modifiche. Lo ribadiscono nel giorno in cui il Pdl parla ormai di "testo aperto", pronto per essere modificato, ma solo in aula. Lo ufficializza lo stesso ministro della Giustizia che, prima della commissione, s’i ncontra col presidente Filippo Berselli. Per ora niente fiducia, poi ai cronisti dice: "Il testo della Camera ha rappresentato un compromesso alto tra tre principi costituzionali, privacy, diritto di cronaca e alle indagini. Nel passaggio tra commissione e aula valuteremo se è opportuno tornare a quel testo su alcune questioni".

La retromarcia ufficiale comincia alle 13, per quello che il vice capogruppo Gaetano Quagliariello battezza "il patto del crodino", per via di un incontro che avviene alle buvette di palazzo Madama tra lui e i presidenti delle pattuglie pidielline Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto. Lì prevale la linea trattativista, anche se è presto per capire che cosa verrà cambiato di quella che ormai l’o pinione democratica considera la "controriforma delle intercettazioni". I tre ne discutono per venti minuti, quanto basta per capire che il futuro testo sarà diverso. A quel punto il voto in commissione diventa, almeno per loro, un passaggio solo formale, visto che la legge, in tre punti rilevanti, e forse anche in altri, dovrà essere un’altra.

Dice Gasparri: "In aula il testo resta aperto". Aggiunge: "Vogliamo evitare gli abusi delle intercettazioni, garantire le investigazioni che ne hanno bisogno, evitare pubblicazioni di materiali su persone che non verranno mai processate, ma garantire il diritto di cronaca". Per assicurare quest’ultimo punto, ma soprattutto non andare allo scontro con il presidente della Camera Gianfranco Fini, devono rientrare le due righe proposte un anno fa da Giulia Bongiorno, la presidente della commissione Giustizia della Camera, che aveva imposto: "Di tali atti (quelli giudiziari ormai noti alle parti, ndr.) è sempre consentita la pubblicazione per riassunto".

Alle opposizioni non basta. E i finiani sono guardinghi. Temono le promesse non mantenute. Il segretario del Pd Pierluigi Bersani dice "non mi fido delle aperture del Pdl, le norme vanno corrette prima che arrivino in aula, se vogliamo andare un pochino sul sicuro". In commissione lo ribadisce Silvia Della Monica. Il capogruppo al Senato Anna Finocchiaro e il suo vice Luigi Zanda firmano una nota per chiedere ufficialmente il ritiro del ddl. Lo stesso fa il leader dell’Idv Antonio Di Pietro che parla di "legge canaglia" e conferma il referendum non appena sarà approvata. Il fondatore dell’� Udc Pier Ferdinando Casini guarda più avanti: "Secondo me la maggioranza ha già archiviato il testo viste le correzioni che sta facendo".

Intanto, nella lunga battaglia che si sta svolgendo nella notte, sono stati approvati due emendamenti presentati dalle opposizioni. Quello sul reato di stalking, presentato da Luigi Li Gotti (Idv), che prevede che anche un reato grave come quello delle minacce continuate possa rientrare tra quelli intercettabili. In precedenza, in commissione giustizia, era stato dato parere contrario criticato da molte parti, compreso l'appello a ripensarci del ministro per le pari opportunità, Mara Carfagna. Altra norma quello che prevede che il magistrato che non ottempererà per tempo all'obbligo di stabilire immediatamente quali siano gli atti estranei alle indagini e riguardanti "fatti personali di terzi estranei" sarà passibile di azione disciplinare. La norma è contenuta nell'emendamento presentato dal Pd, primo firmatario Felice Casson.

(25 maggio 2010)

 

 

 

2010-05-23

I giudici antimafia lanciano l'allarme

Grasso: "Testo migliorato, ma non basta"

Il procuratore nazionale antimafia: "Il disegno iniziale era improponibile". Francesco Messineo: "La restrizione dei poteri di intercettazione limita le indagini". Alfano ribatte: "La privacy non è diritto di serie B"

I giudici antimafia lanciano l'allarme Grasso: "Testo migliorato, ma non basta" Il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso

PALERMO - Anche nel giorno dell'anniversario di Capaci non si placano le discussioni sul disegno di legge sulle intercettazioni. Il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, nell'Aula Bunker del carcere Ucciardone di Palermo per le manifestazioni in ricordo delle vittime della strage di Capaci, rispondendo alle domande dei cronisti sul Dl intercettazioni, attualmente all'esame della Commissione Giustizia del Senato ha detto: "Ho depositato tutte le mie osservazioni al Parlamento e alcuni suggerimenti sono già stati raccolti, spero si continui su questa linea. Aspetto che ci sia un testo pronto per l'Aula per vedere i progressi fatti dal disegno iniziale che era assolutamente improponibile e che ha avuto diversi aggiustamenti in corso d'opera".

Un limite alle indagini. Un rischio che le indagini possano subire una restrizione a causa della legge sulle intercettazioni è quello che evidenzia il procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo: "Ogni restrizione dei poteri di intercettazione si traduce automaticamente e immancabilmente in una correlativa restrizione del potere e dell'ampiezza delle indagini. Se ci sono altri interessi di cui tenere conto, come la privacy - ha continuato Messineo -, tocca al potere legislativo attuare un bilanciamento di questi interessi". Ma, secondo il capo della Procura di Palermo,"dovrà essere il Parlamento a valutare tutto ciò e a prendere le decisioni più opportune". Il procuratore, poi, ha anche risposto a chi gli chiedeva se il disegno di legge sarà accolto, quando verrà approvato, con un festeggiamento dai boss di mafia: "La legge tecnicamente non riguarda le indagini antimafia. Ma restringendo quelle ordinarie fatalmente si può incidere anche nell'ambito delle indagini sulla criminalità organizzata, che spesso iniziano con procedimenti ordinari".

"Non si spuntino le armi dei magistrati". E un riferimento alle intercettazione e al lavoro dei magistrati, nel giorno del 18mo anniversario della morte di Giovanni Falcone, lo fa anche il deputato del Pdl, Fabio Granata, sul sito di Generazione Italia: "L'unico modo per ricordarlo - sottolinea il Vice Presidente della Commissione Antimafia - fuori dalla retorica delle commemorazioni, è rappresentato da un forte richiamo alla coerenza delle azioni politiche e degli atti legislativi. Per questo, al di là di ogni polemica contingente e legata alla cronaca politica spicciola, serve un grande sforzo che non renda vana l'azione meritoria portata avanti dal Governo in questo delicatissimo settore, non spuntando le armi indispensabili ai magistrati delle intercettazioni telefoniche ed ambientali. La ricerca di un difficile equilibrio, tra sacrosanto diritto alla privacy, riservatezza delle indagini ed efficacia delle stesse, non può - dice il deputato finiano - che avere un canale diverso nelle indagini e nei processi di mafia attraverso la salvaguardia piena e totale di strumenti indispensabili all'accertamento della verità. Questa disciplina deve riguardare anche i molti reati spia o 'collegati' dei quali molto spesso in questi anni si è risaliti alle organizzazioni mafiose".

La privacy non è diritto di serie B. "Non si può intercettare tutto e sempre. Se si dice che più si intercetta più reati si scoprono, allora intercettiamo tutti gli italiani 24 ore su 24." Il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, non vede nel disegno di legge un rischio alle indagini antimafia. ''Le intercettazioni, erano sono state, sono e saranno uno strumento indispensabile di indagine - ha aggiunto -, ma la privacy non è un diritto di serie B''. A chi gli chiedeva quali rischi ci fossero per le indagini sulla mafia, Alfano ha risposto: ''La legge in discussione sulle intercettazioni lascia tutto inalterato per quel che riguarda i reati di mafia e terrorismo, anzi risparmiando sulle intercettazioni inutili ci saranno più fondi per quelle necessarie. Nei prossimi giorni lavoreremo per rendere il testo più equilibrato, garantendo i tre principi fondamentali: diritto alla riservatezza, diritto di cronaca e diritto di indagine''.

(23 maggio 2010)

 

 

 

Il GIORNO DI FALCONE

Grasso avverte: "Difendiamo indipendenza toghe"

Cicchitto: "Ma la magistratura non è autonoma"

Il procuratore nazionale antimafia: "I giudici devono essere indipendenti dall'esecutivo". Alfano: "Mai detto il contrario". Napolitano: "Massimo sostegno alle indagini"

Grasso avverte: "Difendiamo indipendenza toghe" Cicchitto: "Ma la magistratura non è autonoma"

PALERMO - Le massime autorità dello Stato assieme a migliaia di cittadini e giovani studenti arrivati da tutta Italia con navi speciali hanno reso omaggio alla memoria di Giovanni Falcone nel 18° anniversario da quel terribile sabato, alle 17.59, quando Giovanni Brusca (Lo "scannacristiani") schiacciò il pulsante con il quale fece esplodere 500 chili di tritolo mentre la Croma di Falcone passava in quel tratto di autostrada, tra l'aeroporto di Punta Raisi e Palermo. Nel cratere provocato dalla deflagrazione, tra le lamiere accartocciate delle auto, i cadaveri martoriati del magistrato, di sua moglie Francesca Morvillo e dei tre uomini della scorta, Rocco Di Cillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani. E anche nel giorno del ricordo è polemica con il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso che avverte: "Difenderemo l'indipendenza delle toghe" e il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto che replica: "La magistratura non è autonoma dai partiti".

Il Capo dello Stato. Su tutte, si è levata alta la voce del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, il quale, tra l'altro, ha detto: "A diciotto anni dal barbaro agguato di Capaci, il ricordo dell'appassionato, eroico impegno di Giovanni Falcone nella difesa delle istituzioni e dei cittadini dalla sopraffazione criminale resta indelebile in tutti noi e costituisce prezioso stimolo per la crescita della coscienza civica e della fiducia nello stato di diritto". Poi ha aggiunto: "Meritano il massimo sostegno le indagini tuttora in corso su aspetti ancora oscuri del contesto in cui si svolsero i fatti devastanti di quel drammatico periodo. Esse potranno consentire di sgombrare il campo da ogni ambiguità sulle circostanze e le responsabilità di quegli eventi, rispondendo all'ansia di verità che accomuna chi ha sofferto atroci perdite e l'intero paese".

Grasso: "La nostra indipendenza non è privilegio". "Difenderemo il valore dell'indipendenza e dell'autonomia della magistratura dal potere esecutivo" - ha detto il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, suscitando un'ovazione dei giovani presenti nell'aula bunker dell'Ucciardone. "L'indipendenza della magistratura - ha aggiunto - non è un privilegio di casta. Crediamo ancora che in Italia si possano riuscire a processare anche i 'colletti bianchi' e i corruttori di chi ricopre pubbliche funzioni".

"Detestato da tanti poteri". "Non solo la mafia aveva interesse a eliminare Giovanni Falcone - ha detto Piero Grasso - lui non voleva combattere la mafia e l'illegalità a metà, le voleva eliminare dalle fondamenta. Voleva tagliare le relazioni tra la mafia e gli altri poteri. E su questo le indagini sono ancora attuali. Falcone era il nemico numero uno della mafia, ma era inviso anche a tanti centri di interesse. Era un personaggio scomodo per il suo impegno per il recupero della legalità che urtava gli interessi di troppa gente", ha detto ancora Grasso. "Falcone e Borsellino - ha aggiunto - sono i miti, i punti di riferimento che mi aiutano nei momenti di sconforto. Falcone non si sarebbe accontentato di ridimensionare la mafia, ma voleva aggredire la specificità che rende la mafia un soggetto che partecipa al potere anche con le sue relazioni esterne".

Amici da sempre. "Il rapporto d'amicizia tra noi due - ha detto ancora Grasso - è cominciato dopo il maxiprocesso. Poteva sembrare una persona altezzosa e sprezzante, ma nell'intimità, con gli amici, era una persona diversa: scherzosa, quasi demenziale, e molto affettuosa con i nostri figli. Aveva una grande forza, nonostante le avversità ogni volta si ritirava su ed era pronto a lottare di nuovo". Grasso ha quindi spiegato il mutamento che la mafia ha avuto dalle stragi a oggi: "Ha fatto un salto di qualità, ha capito che le stragi non pagano e cerca di rendersi invisibile. La forza della mafia oggi è questa: non ha visibilità e si ristruttura e si organizza negli affari, diventando sempre più potente". Pertanto, secondo Grasso, è importante educare i ragazzi alla legalità: "I problemi non si risolvono mettendo in carcere i mafiosi, ma se voi giovani riuscirete a costruire una classe dirigente che dica no alla mafia e all'illegalità".

"Si cerchi la verità in silenzio". "La verità va cercata ovunque - ha proseguito il procuratore nazionale antimafia, Grasso, parlando con i ragazzi - bisogna farlo magari con maggiore silenzio per ottenere risultati migliori". Il riferimento è stato alle nuove indagini sull'attentato fallito all'Addaura contro Giovanni Falcone, al centro di un'inchiesta della Procura di Caltanissetta che indaga sul coinvolgimento di apparati deviati dei servizi segreti nella preparazione dell'attentato. Senza entrare nello specifico delle indagini, Grasso ha tuttavia aggiunto: "Non bisogna identificare lo Stato con personaggi infedeli, di infedeli ce ne sono anche nella magistratura. Ma quello non è lo Stato per cui sono morti Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che rappresentano un patrimonio che non possiamo disperdere e che oggi ricordiamo".

Cicchitto: Falcone fu autonomo, non ascoltare giustizialisti. La storia "autentica" di Falcone è "ben diversa da quella che oggi raccontano i giustizialisti di sinistra e anche alcuni di destra ad essi subalterni", ha voluto dire Fabrizio Cicchitto, presidente dei deputati del Pdl. "Falcone è stato la quinta essenza del magistrato realmente autonomo da qualunque forza politica e ha condotto la lotta alla mafia in quanto tale, non per strumentalizzarla per fini politici", ha detto. "Per questo egli fu attaccato in vita da Leoluca Orlando, da Pizzorusso, dall'Unità, da Magistratura democratica. Poi Falcone fu trucidato dalla mafia con una tempistica straordinaria anche per condizionare l'elezione del nuovo presidente della Repubblica. Su di lui e anche sugli altri disse parole di verità Ilda Boccassini e di ciò le va dato atto. Falcone rimane un modello ineguagliabile di magistrato realmente autonomo. Anche per questo, la mafia e chi voleva la destabilizzazione totale della prima Repubblica, lo hanno assassinato ricorrendo, non a caso, a mezzi straordinari", ha concluso precisando che "ha ragione il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso quando afferma che la magistratura deve essere indipendente dall'esecutivo, ma in uno Stato di diritto essa deve essere indipendente anche dalle forze politiche, altrimenti viene meno la sua terzietà. Ciò purtroppo non è la realtà di una parte della magistratura italiana".

Il ministro Alfano. "Un eroe moderno, simbolo di una magistratura autonoma, indipendente e coraggiosa - ha detto il ministro della Giustizia - che ha reso onore alla Sicilia e all'Italia nel mondo. Il mio è un impegno pubblico: mai sarà messa in discussione l'autonomia e l'indipendenza della magistratura", ha aggiunto il ministro, nel corso del suo intervento replicando a quanto affermato da Grasso.

I giovani da tutta Italia. Intanto, sono più di tremila le persone che hanno partecipato al convegno organizzato nell'Ucciardone di Palermo - luogo simbolo della lotta alla mafia - per la commemorazione. Duemila e cinquecento studenti di tutta Italia sono arrivati assieme al ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini, i ministri dell'Interno e della Giustizia, Roberto Maroni e Angelino Alfano, il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso e il procuratore di Palermo, Francesco Messineo. Al convegno è presente, tra gli altri, anche il capo della Polizia, Antonio Manganelli. La manifestazione si è aperta con un filmato su Falcone.

Maria Falcone. "Di sicuro siamo più vicini alla verità e non è retorica. Tutte le notizie che vengono fuori a poco a poco ci danno la quasi certezza che non è stata solo la mafia. Io già lo sapevo, me lo aveva detto Giovanni che dietro la mafia ci sono menti raffinatissime. E' diritto di tutti gli italiani sapere cosa c'è stato dietro le stragi", ha detto Maria Falcone, sorella del giudice.

I progetti della Gelmini. Trasformare una discarica abusiva di rifiuti speciali pericolosi in un parco per l'ippoterapia per ragazzi disabili. Individuare situazioni di disagio nel proprio istituto e proporre percorsi didattici particolari per esprimere le tensioni in modo creativo. Favorire percorsi di cittadinanza attiva contro l'alto tasso di povertà culturale che facilita l'illegalità. Sono questi i tre progetti del concorso 'Un patto per la legalita, premiati oggi dal ministro dell'istruzione, Mariastella Gelmini, e dalla fondazione Falcone, in occasione delle commemorazioni per il 18° anniversario della strage di Capaci.

(23 maggio 2010)

 

 

 

 

2010-05-22

DDL INTERCETTAZIONI

Dai finiani stop all'ipotesi fiducia

Donadi, Idv: "Pronti a tutto per la democrazia"

Bossi: "Se ne parlerà in Cdm". La minoranza del Pdl insiste sui dubbi intorno al provvedimento. Il finiano Briguglio: le notizie vietate in Italia potrebbero venire pubblicate all'estero

Dai finiani stop all'ipotesi fiducia Donadi, Idv: "Pronti a tutto per la democrazia"

ROMA - "No al voto di fiducia" sul ddl intercettazioni e attenzione al pericolo "dell'espatrio delle notizie", vale a dire la pubblicazione su tv e giornali stranieri di quei fatti di cui non si potrà parlare sulla stampa italiana. Perché allora sì che sarà dura gridare al complotto. Arriva dal centrodestra, per voce di Carmelo Briguglio, vicepresidente dei deputati Pdl, finiano, il nuovo altolà alla "legge-bavaglio" contro la quale l'Idv e il Pd promettono ancora battaglia durissima. Sull'ipotesi fiducia, secondo Umberto Bossi, i tempi non sono ancora maturi: "Finora non è stata ventilata, se ne parlerà in Consiglio dei ministri". Lo stesso Gianfranco Fini getta acqua sul fuoco: "La legge ci sarà, ma il testo sarà emendato". I 'no' alla legge hanno superato quota 180 mila.

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Briguglio contro la fiducia. L'esponente finiano, in un articolo su 'Generazione Italia', lancia l'ennesimo allarme e sconsiglia "un altro grave errore politico che si chiama voto di fiducia". "La legge sulle intercettazioni, per sua natura, deve avere un percorso squisitamente parlamentare - spiega - tormentato quanto si vuole, ma senza rischio di interventi liquidatori e ultimativi da parte del governo. Non è una settimana di dibattito in più che può vanificare l'esito finale". E ancora. "Cosa accadrebbe - si chiede Briguglio - se ciò che dovesse essere vietato al Corriere della sera, a Repubblica o ai telegiornali Rai e Mediaset dovesse trovare ampia ospitalità su Le Monde, sul Times o sui grandi media internazionali a cominciare dal network di mister Murdoch? Che faremo dinanzi al fenomeno inedito dell'espatrio della notizia? Grideremo al complotto?". E richiamandosi all' avvertimento formulato ieri dal sottosegretario alla Giustizia Usa Breuer 5: "La voce critica verso la nuova normativa di un esponente del governo americano in visita in Italia costituisce motivo di seria riflessione. La legge sulle intercettazioni ha bisogno di altri correttivi. Basta un granello di buonsenso. Il Pdl deve adoperarlo".

Fini: "La legge cambierà" - L'ex leader di An predica cautela nei confronti del testo in discussione al Senato: "Non si può giudicare un provvedimento prima che sia discusso e licenziato dall'aula. Sono certo che alla fine verrà emendato e in ogni caso è previsto un passaggio a Montecitorio. Quella legge viene fuori da un lavoro di grande perizia di Ghedini e Bongiorno". Fini non nasconde però che "le intercettazioni telefoniche sono state oggetto di abusi nel recente passato" e che questo rappresenti "un problema, una questione di diritto e di tutela della dignità personale". Il presidente della Camera assicura inoltre che "chi ha prefigurato 'blitz' finiani a Montecitorio o guerriglia parlamentare è destinato, pare, a rimanere deluso".

Bossi frena sulla fiducia - L'ipotesi che il governo decida di porre la fiducia per far passare il ddl sulle intercettazioni al Senato e alla Camera non è però ancora stata ventilata in consiglio dei ministri. Lo precisa il leader della Lega, Umberto Bossi, parlando a margine del 158esimo anniversario della fondazione della polizia a Villa Panza. Bossi dice di non sapere se l'esecutivo deciderà di porre la fiducia al provvedimento: "E' una cosa di cui si parlerà in Consiglio dei Ministri, per adesso non si è ventilata".

Di Pietro e Pd in campo. "Siamo pronti a tutto per difendere la democrazia ed evitare che il ddl sulle intercettazioni diventi legge", dice Donadi, dell'Idv. "Sarebbe un colpo letale per le regole democratiche, un aiuto alle mafie e l'ultimo mattone per la costruzione di un fascismo mediatico. Continueremo a batterci in Parlamento e nelle piazze - aggiunge - e se necessario porteremo il caso in Europa e nelle sedi internazionali. La nostra opposizione in questa battaglia di libertà sarà durissima". Stessa assicurazione ("battaglia durissima") da parte del capogruppo del Pd alla Camera Dario Franceschini, che alla platea dell'Assemblea nazionale del partito dice: "La tutela della privacy è un'altra cosa rispetto a questa legge che crea allarme internazionale per la lotta al crimine. "Vediamo se c'è davvero in Italia una destra che ritiene che la libertà dei cittadini ad essere informati e la lotta al crimine siano superiori a qualsiasi altro interesse".

Schifani e il confronto in Senato. "Ci sono delle criticità - ammette il presidente del Senato, Renato Schifani - ma mi auguro che si possano sistemare e contemperare le varie esigenze, la tutela della privacy e delle attività istruttorie e giudiziarie nei confronti di tutta la criminalità, sia quello di medio calibro che quella di grande interesse. Mi sto sforzando al massimo perché in Senato si possa realizzare il più ampio confronto possibile tra maggioranza e opposizione su questi temi così delicati".

La polizia sulla durata delle intercettazioni. Per chi è vittima di un sospruso, non esiste la distinzione tra reati 'ordinari' e reati 'gravi'. Così il segretario nazionale dell'Associazione nazionale funzionari di polizia, Enzo Marco Letizia, parlando dei limiti temporali all'ascolto inseriti nel nuovo dispositivo. "Rimane inaccettabile che il parlamento, pur nella sua sovranità - scrive Letizia in una nota - riduca a 75 giorni l'ascolto di utenze quando si indaga per reati che per la collettività non sono da meno rispetto ai delitti di mafia. Nel ddl intercettazioni, ad esempio, è 'grave' chi partecipa armato a un'associazione a delinquere di tipo mafioso, punito fino a 15 anni di reclusione. Lì si può indagare fino a 24 mesi". Ma non sarà più così - spiega - per alcune fattispecie di reati riconducibili a pedofilia, omicidio, rapina ed estorsione, scambio elettorale politico mafioso, riciclaggio.

(22 maggio 2010)

 

 

 

 

 

2010-05-21

LA LEGGE BAVAGLIO

Il governo americano

"Intercettazioni utilissime"

Il sottosegretario alla Giustizia Breuer, in Italia per partecipare alle commemorazioni per Falcone: "Nessuna norma ostacoli l'ottimo lavoro dei magistrati italiani. Grandi passi avanti nella lotta alla mafia". Poi il comunicato per evitare l'incidente diplomatico

Il governo americano "Intercettazioni utilissime" Lanny Breuer

ROMA -Anche il governo americano si schiera contro la legge sulle intercettazioni, con una presa di posizione che ha pochi precedenti. Per l'Amministrazione Obama le intercettazioni telefoniche sono uno "strumento essenziale delle indagini" che non va indebolito. "Non vogliamo che succeda niente che impedisca ai magistrati italiani di continuare a fare l'ottimo lavoro fatto finora", ha affermato il vice-sottosegretario del Dipartimento Penale Usa con delega per la lotta alla criminalità organizzata, Lanny Breuer, commentando il disegno di legge in discussione al Senato. Nel corso di un incontro con la stampa all'ambasciata americana a Roma, Bleuer ha ricordato l'"ottimo livello di cooperazione" con la giustizia italiana. "Sono cosciente del fatto che contro la criminalità possiamo e dobbiamo fare di piu'".

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"L'Italia ha fatto grandi progressi nelle indagini e nel perseguimento di gruppi mafiosi operanti entro i suoi confini", ha ricordato Breuer, "siamo consapevoli che insieme possiamo fare di più". Il sottosegretario Usa ha assicurato che "continueremo a discutere della solida partnership tra Stati Uniti e Italia in diverse indagini e procedimenti in corso".

Breuer incontrerà il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, il procuratore capo di Roma Giovanni Ferrara e il procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo. Nel capoluogo siciliano, il sottosegretario americano rappresenterà il Dipartimento di giustizia Usa alla cerimonia di commemorazione di Giovanni Falcone: "Spero vivamente che la mia presenza - la presenza del Dipartimento di Giustizia statunitense - alla cerimonia di domenica dimostri al popolo italiano e in particolare alle famiglie del giudice Falcone e del giudice Borsellino che gli Stati Uniti sono impegnati a fondo, oggi come non mai, per continuare a rendere onore a quanto ci hanno insegnato nella lotta contro la criminalità organizzata", ha aggiunto.

 

In serata. una precisazione per evitare l'incidente diplomatico. Non potendo smentire quanto dichiarato in conferenza stampa, l'ambasciata scrive: "Nel corso di una conferenza stampa tenutasi presso l'ambasciata americana, il vicesottosegretario Breuer ha elogiato la collaborazione giudiziaria e tra le forze dell'ordine italiane e statunitensi nella lotta alla criminalità organizzata".

Alla domanda di commentare la legislazione attualmente in esame al parlamento italiano in materia di intercettazioni, prosegue la nota, Breuer ha precisato: "Non spetta a me entrare nel merito di decisioni politiche o giudiziarie riguardanti l'italia", rifiutandosi di commentare sulla legislazione in discussione. Ha aggiunto: "Non conosco i provvedimenti legislativi in discussione". Il ministro della Giustizia Alfano si è dichiarato soddisfatto della precisazione ed è tornato a difendere le norme in discussione: "Difendiamo le indagini e le privacy".

(21 maggio 2010)

 

 

 

 

 

 

INTERCETTAZIONI

Bersani annuncia l'ostruzionismo

Bocchino: "Saremo vigili anche noi"

Il leader Pd: "Un dovere fermare la legge". Montezemolo: "Un'anomalia rispetto ad altri Paesi europei. Occorre trovare una soluzione che vada bene anche agli editori". I Cdr Mediaset aderiscono alle iniziative Fnsi. 170.000 adesioni all'appello

Bersani annuncia l'ostruzionismo Bocchino: "Saremo vigili anche noi"

ROMA - Davanti al ddl intercettazioni per l'opposizione è doverosa ogni pratica ostruzionistica". E' netto il giudizio del leader del Pd Pier Luigi Bersani, che oggi ha aperto l'assembela programmatica del partito. Lo stesso Bersani ha invitato ad "assumere pienamente" la questione morale, "combattendo innanzitutto perchè non diventi impossibile illuminare i fatti di malversazione e di corruzione". La giusta esigenza di eliminare l'abuso delle intercettazioni, aggiunge il segretario democratico - si sta ribaltando in norme che danneggiano gravemente le indagini e mettono un bavaglio all'informazione sconosciuto ad ogni Paese democratico".

In campo anche il presidente della Ferrari Luca Cordero di Montezemolo. "Condivido la linea degli editori, e ho visto anche come un editore importante e innovativo come quello di Sky segnali un'anomalia rispetto ad altri paesi europei 1. Quindi credo che ci sia la necessità di parlare e, da un lato, tutelare la privacy poiché la pratica delle intercettazioni non è più accettabile nei confronti dei singoli cittadini, e dall'altra però utilizzare lo strumento fondamentale in tante indagini e processi". Poi, l'auspicio di una soluzione "che vada bene anche agli editori".

 

 

 

 

Rai,Busi rinuncia a condurre Tg1

Minzolini: "Nessuna epurazione"

Con una lettera nella bacheca della redazione la giornalista spiega i motivi: "Non mi riconosco più nella testata". Il Cdr: "La redazione è chiamata a una riflessione". Rainews24, sciopero il 31 maggio

Rai,Busi rinuncia a condurre Tg1 Minzolini: "Nessuna epurazione" Maria Luisa Busi

ROMA - Maria Luisa Busi rinuncia alla conduzione del Tg1. Lo scrive lei stessa in una lettera 1 affissa stamattina nella bacheca della redazione. Tre cartelle e mezzo per spiegare che non si riconosce più nella testata, e per dire che come un giornalista ha come unico strumento per decidere di difendere le sue prerogative professionali, ovvero togliere la propria firma, un conduttore può solo togliere la sua faccia. Così ha deciso di fare lei, abbandonando la conduzione del Tg1 delle 20. La decisione arriva dopo una serie di scontri con il direttore Augusto Minzolini.

Busi: "Non mi riconosco più nel Tg1". "Considero la linea editoriale che hai voluto imprimere al giornale una sorta di dirottamento, a causa del quale il Tg1 rischia di schiantarsi contro una definitiva perdita di credibilità nei confronti dei telespettatori", scrive Maria Luisa Busi, che accusa il direttore di aver soppresso dal giornale l'Italia vera, quella dei disoccupati, della crisi, dei terremotati dell'Aquila che protestano contro la cattiva gestione da parte del governo. E pertanto, la giornalista rivendica il diritto di "togliere la propria faccia", dal momento che "nell'affidamento dei telespettatori è al conduttore che viene ricollegata la notizia. E' lui che ricopre primariamente il ruolo di garante del rapporto di fiducia che sussiste con i telespettatori".

Minzolini: "Nessuna epurazione". Dal canto suo, Minzolini minimizza: "In realtà, nell'ambito della rinnovamento del telegiornale, nei giorni scorsi avevo ragionato con la direzione dell'ufficio del personale sulla mia intenzione di spostare la Busi al Tg delle 13. Del rinnovamento, infatti, oltre alla sigla, allo studio e al nuovo sito, deve far parte anche la scelta di un nuovo volto". Seccata la risposta del direttore del Tg1 alla domanda se sia in atto una 'epurazione' nel Tg della rete ammiraglia: "Ma quale epurazione, ma quale epurator, non sopporto questa storia. Sotto la mia direzione sono stati assunti diciotto precari, ho mantenuto tutti i capiredattori, ma di che parliamo?". A chi gli fa notare che Busi si 'dimette' perché non condivide la linea della testata, Minzolini replica: "Se ha questa convinzione, è giusto che abbia preso questa decisione. Se non si riconosce, ha fatto bene. Ma sono motivazioni che non condivido".

Il Cdr: "Decisione Busi è spia di disagio". Per la rappresentanza sindacale del Tg1, la decisione di Maria Luisa Busi è una spia di disagio che riguarda una parte della redazione. "La lettera - si legge in un comunicato - chiama la redazione a una riflessione. Quello di Maria Luisa Busi è un gesto mai fatto prima da nessun altro conduttore nella testata che testimonia il suo disagio e quello che attraversa una parte della redazione sull'indirizzo che Augusto Minzolini ha fatto prendere al Tg1. Come la collega Busi siamo preoccupati per la rinuncia del Tg1 alla leadership nella qualità e nella credibilità: anche ieri la clamorosa notizia sulla prima cellula artificiale che ha aperto i siti mondiali, uscita nelle agenzie alle 14 con embargo fino alle 20, nonostante fosse stata segnalata dal servizio competente, è stata ignorata nell'edizione delle 20".

Bindi: "E' un'operazione verità". "La Busi ha difeso la sua dignità professionale e la storia del TgUno e di una Rai azienda culturale che faceva servizio pubblico", ha detto Rosi Bindi, presidente del Pd. "E' un'operazione verità - spiega Bindi in una nota - per la quale ha messo la faccia, confermando le sue qualità umane e professionali. Al TgUno si sta consumando uno profonda lacerazione, con una grave perdita di credibilità. Non so se i vertici dell'azienda sono in tempo per imprimere un cambio di rotta. So che è necessario e urgente, com'è necessario e urgente un intervento del presidente della Vigilanza Rai".

Idv: "Solidarietà fuori dai partiti". "Tutta la nostra solidarietà a Maria Luisa Busi, grande professionista ed ennesima vittima di un abuso di potere esercitato dai soliti noti mercenari che rispondono agli ordini di Palazzo Grazioli", scrive in una nota il presidente dell'Idv, Antonio Di Pietro. "L'Italia dei Valori si batterà con tutte le forze nelle sedi competenti affinché si affronti il caso e chiede a tutti i partiti che hanno occupato un servizio di proprietà dei cittadini di risolvere questa gravissima situazione. La politica faccia un passo indietro, alleati compresi, e lasci la gestione ai valorosi professionisti presenti in azienda".

Rizzo Nervo: "Necessario un intervento urgente". "Adesso basta. Il presidente e il direttore generale devono intervenire con urgenza sulla situazione che si è creata al Tg1. Dopo la rimozione ingiustificata dai loro incarichi di Tiziana Ferrario, Massimo De Strobel, Piero Damosso e Paolo Di Gianannatonio, la notizia che Maria Luisa Busi ha chiesto di essere sollevata dalla conduzione del Tg1 delle 20 è la dimostrazione che la misura è ormai colma - afferma il consigliere di amministrazione Rai Nino Rizzo Nervo - Un editore responsabile deve difendere e valorizzare il patrimonio di professionalità dell'azienda e non deve permettere che quel patrimonio, costruito negli anni, venga devastato. Il Tg1 è la principale testata televisiva italiana, appartiene al pubblico e non al suo direttore pro tempore".

Usigrai: "Un nobile grido". Il patto sul quale si fondava il Tg1 è stato infranto, secondo il sindacato Usigrai: "Minzolini ha rotto il patto sul quale si fondava un grande giornale come il Tg1, ha spaccato la redazione, e quello della Busi è uno dei tanti esempi, ma è soprattutto un nobile grido che serve ad attrarre ancora una volta l'attenzione degli italiani sulla rete ammiraglia del loro servizio pubblico", afferma il segretario, Carlo Verna. "Maria Luisa Busi - rileva Verna- rinuncia a un suo ruolo rilevante per affermare un diritto che è di tutti, quello di non riconoscersi nel Tg1 di Augusto Minzolini. Ma in Rai c'è un vertice aziendale?".

Scelta coraggiosa. Paolo Gentiloni, presidente del forum ICT del Partito Democratico invita l'azienda a interrogarsi sulla gravità della situazione: "La scelta di Maria Luisa Busi di opporsi alla vera e propria mutazione che sta subendo il Tg1 è una scelta coraggiosa e di grande valore professionale - dice Gentiloni -. L'azienda deve interrogarsi sulla gravità dello snaturamento in atto nella sua principale testata giornalistica: quella che era la voce istituzionale dell'informazione Rai, sta diventando una testata militante e di parte".

Rispetto e preoccupazione. Una decisione da rispettare, ma anche un segnale preoccupante lanciato ai vertici dell'azienda per il presidente della Rai, Paolo Garimberti, che ha sottolineato il proprio dispiacere per il fatto che il Tg1 perda uno dei suoi volti storici. "La decisione di Maria Luisa Busi di lasciare la conduzione del Tg1 delle 20 è un ulteriore e preoccupante segnale di una situazione che richiede massima attenzione da parte dei vertici dell'azienda, un'attenzione che sollecito da tempo nella sede deputata, cioè il Consiglio di amministrazione, nel pieno rispetto delle responsabilità che fanno capo al direttore generale".

Fnsi: "Gesto che indica un malessere diffuso". A fianco di Maria Luisa Busi si schiera la Federazione della stampa che esprime "massima solidarietà" alla giornalista. "La sua rinuncia alla conduzione del Tg1 è la spia del grande disagio di una professionista seria e credibile che, nella sua funzione, ha concorso fino ad ora a rendere affidabile un telegiornale che, da qualche tempo va cambiando connotati", affermano in una nota congiunta il segretario generale e il presidente della Federazione nazionale della stampa italiana, Franco Siddi e Roberto Natale.

Capezzone: "Dalla Busi surreale predica". Opposta la posizione del portavoce del Pdl Daniele Capezzone: "Esprimo la mia solidarietà al direttore Minzolini e alla stragrande maggioranza dei redattori del Tg1, che oggi devono subire una surreale predica da Maria Luisa Busi. Né la Busi né altri sono proprietari del Tg. E il divismo di chi si ritiene intoccabile (o addirittura detentore di una moralità civile superiore) è qualcosa di inaccettabile per i milioni di italiani che pagano il canone, e che hanno subito per anni un'informazione faziosa a favore della sinistra (senza che le Busi se ne dolesse). Il Tg1 è oggi premiato dagli ascolti. A qualcuno, forse, dispiace?".

Gesto coerente, ma ragioni non condivisibili. Quello di Maria Luisa Busi è stato un gesto di "grande coerenza" rispetto a quanto ha sempre affermato sul Tg1, ma le ragioni che l'hanno spinta ad abbandonare la conduzione del Tg delle 20 "non sono condivisibili", per il consigliere di amministrazione della Rai, Antonio Verro. "Le spiegazioni e le motivazioni addotte dalla giornalista non sono comunque condivisibili e mi auguro vivamente che non siano strumentali a qualche altro ragionamento di tipo politico", afferma.

Rainews24 conferma lo sciopero. La redazione di Rainews24 conferma lo sciopero del 31 maggio. Lo ha comunicato il Cdr dopo un incontro infruttuoso durante il quale Viale Mazzini ha dato risposte "insufficienti" sull'oscuramente di fatto del canale 2 di informazione 24 ore su 24. "Intanto - aggiunge la rappresentanza sindacale - il disservizio prosegue in molte parti d'Italia e all'estero, sia sul digitale terrestre che sul satellite. Migliaia di persone continuano a segnalarcelo attraverso il nostro sito 3 internet".

(21 maggio 2010)

 

 

DAL SITO INTERNET DE

L'ESPRESSO

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/quante-mani-lunghe-sul-tg1/2127456?ref=HREC1-4

Quante mani lunghe sul Tg1

Il nuovo libro di Giulio Borrelli racconta "da dentro" la storia del primo telegiornale da Vespa a Minzolini. Retroscena, manovre di palazzo, pressioni dei politici: ecco alcuni brani in esclusiva per "L'espresso" online

E' stato presentato a Roma, il 21 aprile presso la sala Capranichetta (p.zza Montecitorio, 125) il libro "Le mani sul Tg1 - Da Vespa a Minzolini, l'ammiraglia Rai in guerra" di Giulio Borrelli, ex direttore del telegiornale e attualmente corrispondente dagli Stati Uniti. Il volume sarà in libreria dal 28 maggio (Coniglio editore, 14,50 euro).

Il libro di Borrelli ripercorre gli ultimi vent'anni del più importante telegiornale italiano ed è una vera "inside story" di quanto avviene nelle sue stanze e nei suoi corridoi.

L'espresso pubblica qui in esclusiva un'anticipazione del volume.

LEGGI:

"Togli tu, che ci metto questo qua"

La Rai è da sempre legata alla politica, è un fatto. Dalla sua nascita, navigando per l'epoca Bernabei, fino alla presidenza Garimberti, tutti i direttori e i vicedirettori, nessuno escluso, hanno ottenuto l'investitura tenendo conto delle maggioranze di governo e dei posti da riservare all'opposizione. Un tassello discutibile, quello delle nomine Rai, ma a suo modo autorizzato in quella zona a traffico limitato chiamata viale Mazzini. In Italia, del resto, si lottizzano anche i primari d'ospedale. Adriano Celentano direbbe: "C'è sempre un motivo". Un tempo esisteva il dominio di un solo partito, la DC, che aveva le redini del Paese. Poi, con il mutare degli equilibri politici, si è passati alla lottizzazione. Il vecchio presidente socialista Enrico Manca la riteneva, comunque, una sterzata al futuro rispetto al parossismo del precedente latifondo. (...)

Non è pensabile di poter scrivere una storia onesta, veritiera della Rai, senza tener conto dei partiti, dei mastodonti industriali e delle lobby giornalistiche. Quando si accenna ad assunzioni, collaborazioni ed avanzamenti di carriera, le ingerenze politiche non mancano mai all'appello. È vero che – con governi di destra, di centro, di sinistra – i partiti contano moltissimo, ma se ci fermassimo a loro non capiremmo tutto il meccanismo. (...)

 

Negli ultimi 15 anni sono stati nominati dieci direttori al Tg1. Solo tre possono essere considerati professionisti interni all'azienda. Uno ha fatto la spola tra la Rai e Mediaset. Gli altri, ben sei, sono giornalisti approdati dall'esterno a dirigere la testata italiana più importante, con scarsa esperienza televisiva e nessuna pratica nel servizio pubblico. Qualcosa vorrà pur significare. Non vi pare? A intraprendere la via della scelta esterna e a servirsene, per primo, è stato Berlusconi, come abbiamo detto. La strada è stata battuta anche durante i governi di centrosinistra ed è motivo di non poche recriminazioni. È il capitolo grigio di un quindicennio confuso e contraddittorio.

Ecco perché, accanto alla mia piccola vicenda personale, cerco di ricordare alcuni passaggi essenziali della storia contemporanea degli ultimi tre lustri, così come li ho vissuti, con qualche raffronto con la realtà americana conosciuta più di recente. Il centrodestra ha un capo indiscusso ed accettato e, con lui, gli alleati stabiliscono gli assetti politico-istituzionali e le catene derivate. Applicano un proprio criterio e garantiscono stabilità. Nello schieramento opposto, gli insuccessi, le antipatie e le faide interne hanno abbattuto, uno dopo l'altro, i leader e, come riflesso di questa guerra, si ritrovano un campo di macerie negli assetti sottostanti. La Rai è uno dei terreni più paludosi e devastati. Intercambi da copione anarchico per un regista fantasma: "Togliti tu, che ci metto quest'altro più gradito". Una membrana di replicanti aziendali. Non a caso gli avvicendamenti hanno spesso messo in ombra i valori reali, i meriti professionali di profili interni e, di conseguenza, gli apprendisti stregoni si ritrovano il vuoto attorno.

"Susanna Petruni, fedele scudiera del Cavaliere"

(...) Il sindacato dei giornalisti dà filo da torcere e, per diversi mesi, Mimun non riesce a imporre modifiche radicali, anche se nel frattempo l'azienda (con Cattaneo e Comanducci) incide sui corrispondenti all'estero, rimuovendo Badaloni da Bruxelles e Remondino da Belgrado.

Anche con me ci provano, come racconterò in seguito, ma fanno un buco nell'oceano. Uno dei fatti più discussi avviene nel luglio 2003 in occasione dell'apertura del semestre italiano di presidenza dell'Unione europea. L'inviata Susanna Petruni (il nuovo corrispondente Masotti, berlusconiano di provata fede, non basta) confeziona un servizio in cui non si sente il Cavaliere che dà del 'kapò' a un eurodeputato tedesco che lo critica. Una scelta clamorosamente diversa da quella dei Tg di quasi tutto il mondo. Il direttore la difende, così come giustifica che, durante il discorso di Berlusconi all'assemblea generale dell'ONU, in un'aula pressoché vuota, la Petruni abbia usato, nel montaggio, le immagini dell'affollata platea che seguiva il precedente intervento di Bush. Per non lasciar solo il povero presidente del consiglio italiano, l'aula è stata riempita con un falso. All'inizio del 2004 il Tg1 cambia scenografia. La precedente risaliva al tempo della mia direzione. È l'occasione per un'autocelebrazione e per annunciare un cambio di passo.

"Adesso – dice Clemente – è il momento giusto per pensare all'arrosto ". La ciccia va a Susanna Petruni, fedele scudiera del Cavaliere, che viene messa a condurre l'edizione delle 13.30, e ai responsabili di una serie di piccole rubriche create con lo scopo di soddisfare appetiti redazionali e allargare il consenso più che la qualità dell'informazione. I trasferimenti dal Tg2, che Mimun aveva diretto negli anni Novanta, si moltiplicano, mentre per i precari del Tg1 non c'è posto. Carmela Giglio, scrupolosa giornalista, è costretta a emigrare al giornale radio per essere assunta. Arrivano altri, estranei alla tradizione della testata. Una fredda domenica mattina di gennaio, nella bacheca redazionale appare una lettera di dimissioni di Daniela Tagliafico, vicedirettore, che da tempo va denunciando il meccanismo del 'panino' nell'informazione politica.

L'opposizione, in pratica, viene schiacciata come un pezzo di mortadella tra due fette di pane dello stesso sapore. Una trentina di redattori sottoscrivono subito una lettera di solidarietà che, nei giorni successivi, raccoglierà altre firme. "Il Tg1 – viene detto durante quella levata di scudi – deve essere patrimonio comune di tutti gli italiani che pagano il canone". Qualche settimana dopo Lilli Gruber si candida al Parlamento europeo. Già al brindisi di Natale del 2005 Mimun annuncia che per lui sarà l'ultimo al Tg1. Avvia, nel frattempo, la rubrica Dopo il tg, che conduce personalmente. È ancora direttore, nell'estate del 2006, con Prodi al governo che, dalla Toscana, coordina assieme a Chirac l'intervento militare in Libano. Impegno non da poco, per l'Italia. Il presidente del consiglio viene seguito, in quell'occasione, solo da una troupe, in appalto, di Telemaremma. (...)

L'AUGUSTO PRESCELTO

(...) Col nuovo governo, cambia il consiglio di amministrazione e, fiutata l'aria, Gianni se ne va. Passa a dirigere "Il Sole 24 Ore", il quotidiano della Confindustria. A reggere una faticosa transizione, in attesa dell'unto da Berlusconi, viene lasciato Andrea Giubilo, giornalista di grande esperienza, che ama la quiete ed è poco adatto per le mischie.

Il Cavaliere dà, in un primo momento, la benedizione a Maurizio Belpietro, punta d'acciaio degli organi della famigliaberlusconiana. Il nuovo presidente della Rai, Paolo Garimberti, mette il vèto. "Troppo schierato e fazioso, non posso tollerarlo ". Non può ripetere lo stesso comportamento con Augusto Minzolini, suo amico di vecchia data, che viene da "La Stampa" e ha una rubrica su "Panorama".

Il prescelto dà subito una svolta. Accorcia i tempi del messale politico, centra i temi che interessano la nuova maggioranza. Mette in cantiere 14 rubriche per attirarsi le simpatie della redazione. Quella che cuoce più carne e brucia le tappe è ancora la Petruni che, nell'ultimo giro di arrosto, diventa vicedirettore e conduttrice delle 20 dopo aver mancato la direzione di Raidue. La favorisce un precedente inaugurato da Riotta, che aveva promosso Sassoli nella doppia funzione, tenuta fino ad allora distinta nel Tg1. Ancora a Gianni si richiama Augusto, quando viene criticato, in commissione parlamentare di vigilanza, per i suoi editoriali. "È un mio diritto farli. Prima di me, Riotta ne ha fatti 15". È vero. Anche altri hanno fatto editoriali. C'è da dire, però, che Riotta, e non solo lui, hanno scelto una vasta gamma di argomenti per esprimere le proprie opinioni. Augusto, con tempismo, compare sempre per difendere il governo di centrodestra e sostenere le tesi berlusconiane.

Un esempio, tra tanti. Quando Guido Bertolaso, il capo della protezione civile, finisce nei guai, Minzolini si schiera con lui, a spada sguainata. Il giorno in cui le figlie dell'accusato, Chiara ed Olivia, scrivono una lettera in difesa del padre, il manoscritto viene inviato a "Panorama" e al Tg1, considerati ormai organi della stessa famiglia, e divulgato con grande clamore. Alle parole delle figlie fa eco, subito dopo, il commento diMinzolini, detto Minzo, che va giù di sciabola contro le intercettazioni e la 'gogna mediatica' che avrebbe già sancito la condanna per Bertolaso. Può darsi che quella inchiesta della magistratura di Firenze sugli appalti della protezione civile, come altre, finisca in una bolla di sapone, ma il marcio che rivela è sconcertante. Ci vorrebbe un po' più di distacco da parte dell'ammiraglia del servizio pubblico radiotelevisivo.

Minzo, invece, non ha dubbi. "Puntualmente – chiosa alla vigilia di una consultazione regionale – le inchieste giudiziarie sostituiscono la campagna elettorale". La giustizia, i magistrati, insomma, sono schierati con una parte politica e contro Berlusconi. È la tesi, appunto, che il Cavaliere asserisce tutte le volte che pubblici ministeri e giudici si occupano di lui o dei suoi uomini. Nessun direttore di Tv pubblica ha mai fatto, prima di lui, ripetuti editoriali di sostegno al governo. Alcune telefonate, intercettate dalla Procura di Trani durante un'indagine sui tassi di usura, confermano il legame ombelicale. Berlusconi danza con i superlativi, lo chiama 'direttorissimo' e si lamenta con lui del modo di fare dei giudici in un'inchiesta di mafia. Il Minzo confeziona subito un editoriale contro le 'balle e minchiate' del pentito siciliano Spatuzza, spavaldo e discusso accusatore del 'Cavalierissimo'.

C'è di più. Qualche giorno dopo l'editoriale pro-Bertolaso, si scopre – da altre intercettazioni telefoniche disposte dalla magistratura – che Minzolini è amico di alcuni dei funzionari pubblici e degli imprenditori finiti nell'inchiesta sulla protezione civile e li frequenta. I risvolti, non necessariamente penali, della indagine giudiziaria e la filippica contro la 'gogna mediatica' rivelano chiaramente gli intrecci, le manovre e i pensieri di una lobby politico-imprenditorial-giornalistica, cheha uno dei suoi avamposti nel Tg1, con scambi di favori vari. Le cronache di quei giorni, ricavate ancora dalle intercettazioni, riferiscono di un'intervista fatta dal maggior telegiornale italiano a Lorenzo Balducci, figlio di uno degli indagati, che recita in una fiction Rai, e caldeggiata sia da Giancarlo Leone, vicedirettore generale dell'azienda di viale Mazzini, sia dall'ammiraglio del Tg1.

Tutti e due se ne compiacciono, al telefono, col padre dell'intervistato, cioè con l'alto funzionario al centro della trama degli appalti della protezione civile. Anche a Minzolini è toccato misurarsi con un concorrente Rai, prima della sua nomina, e ha avuto facilmente la meglio nello schema vigente. L'interno è Mauro Mazza che, dopo la bocciatura di Belpietro, viene ben presto escluso. È bravo, sì, ma è culo e camicia con Fini, fin dalla giovinezza. Hanno lavorato e giocato assieme, meglio un altro esterno di piena fiducia berlusconiana.

Mazza passa dal Tg2 a dirigere Raiuno, niente male! Lì, dopo gli intrecci consolidati tra pubblico e privato, non preoccupa colui che teme i comportamenti di Fini nel centrodestra. Nelle stanze di comando del Tg1, resta il vicedirettore Ferragni, attribuito a una non meglio definita opposizione. Non è certo un cuor di leone (non ha firmato la solidarietà con la Tagliafico, il giorno della lettera di denuncia del 'panino') né è capace di raccogliere attorno a sé coloro che non accettano di attaccare l'asino dove vuole il padrone. Minzo, che non è uno sprovveduto, lo preferisce ad altri e lo conferma in un posto chiave. Il maggiore telegiornale italiano cambia pelle. Una nuova generazione, senza memoria storica, prende il sopravvento. In redazione non ci sono più i Nuccio Fava, i Bruno Vespa, i Ro-berto Morrione, i Romano Tamberlich, i Paolo Frajese, le Lilli Gruber.

Nell'elenco, che potrebbe continuare, dovrei includere, senza apparire presuntuoso, anche il mio nome. Persone diverse, con i loro difetti e i loro caratteracci, che erano cresciute alla scuola del servizio pubblico e avevano, comunque, una visione comune della Rai e della sua funzione. I soldati graduati eseguono ora qualsiasi disposizione, senza fiatare. Il modello che svetta è una brava collega, affetta da bulimìa professionale. Con Mimun difende Mimun perché è diventata l'inviata di punta nelle zone di guerra; con Riotta sta con lui, che le permette di spendere e spandere in giro per il mondo; con Minzolini fa carriera, viene promossa e dilaga.

Le eccezioni, naturalmente, non mancano. Quello che non si avverte è una temperie redazionale in grado di affermare, pur con limiti e contraddizioni, i valori professionali della correttezza e dell'autonomia. La gente non la nota, non la sente. E così quando Maria Luisa Busi va all'Aquila, per girare un servizio sulle macerie del capoluogo abruzzese, si sente gridare da un gruppo di terremotati: "scodinzolini, scodinzolini". I redattori degli anni Ottanta e Novanta del Tg1, anche se la linea dei direttori non piaceva, hanno sempre girato per strada a testa alta perché all'esterno si sapeva che, nel rispetto dei ruoli e delle funzioni, in parecchi nelle stanze di via Teulada e di Saxa Rubra contestavano apertamente linee editoriali partigiane e scorrette.

E, non a caso, le lobby giornalistiche, vicine a quei direttori, li accusavano su giornali e settimanali di essere 'bolscevichi' e 'sovversivi', ma nessuno – e tanto meno il pubblico – li ha mai bollati come cagnolini scodinzolanti. Un'accusa bruciante per chi dovrebbe fare il mestiere di cane da guardia del potere.La Busi si difende prendendo le distanze dai servizi della testata sul dopoterremoto e viene – a sua volta – contestata da una sparuta assemblea di colleghi. Prima del voto più d'uno abbandona la sala della riunione. Il giorno seguente, sul "Corriere della Sera", Paolo Conti conclude il suo resoconto con un commento attribuito a un esponente di destra: "La maggioranza dei redattori è con Minzolini".

Una raccolta di firme prodirettore incassa una novantina di adesioni. Sottoscrivono: Francesco Giorgino, Filippo Gaudenzi, Susanna Petruni, Attilio Romita, Fabrizio Ferragni, Monica Maggioni, Franco Di Mare, e parecchi nomi poco conosciuti. Se il grosso della redazione stesse davvero con questo o quell'ammiraglio, sarebbe un fatto normale. Io credo, invece, che negli anni sia maturato un atteggiamento di rassegnazione, di abbandono, da parte di alcuni; e di sfrenato opportunismo, da parte di altri. È la conseguenza, a mio giudizio, della scelta di direttori esterni, responsabili di aver travolto le poche regole e una prassi utili a garantire, in passato, un rispetto – seppur minimo – di criteri professionali in un servizio pubblico. Ora non ci sono più argini per evitare il cumulo di incarichi nonché l'arrembaggio nelle carriere e nelle apparizioni in video. Se il redattore medio potesse rivolgersi direttamente ai potenti che influiscono sul destino della Rai, gli direbbe: caro leader, quando hai potuto, hai piazzato un tuo fiduciario lontano dalla sensibilità e dalle regole di Saxa Rubra, pensando che noi fossimo carne da macello, adesso rivolgiti a chi vuoi per arginare linee editoriali che non ti piacciono e non favoriscono una coscienza critica tra la gente. Un professionista non dovrebbe ragionare così, ma questo è il risultato degli assetti imposti e non condivisi da tanti, nonostante accondiscendenzemomentanee e opportunistiche.

Cambiano anche la composizione del pubblico che guarda e il livello degli ascolti. Molti spettatori trasmigrano su altri canali. L'audience del Tg1 delle ore 20 scende al 26 per cento. Su Facebook, su Twitter, nella piazza del social network, si sviluppa una campagna di opinione contro la maggiore testata del servizio pubblico. Il movimento anti-Minzo si rafforza dopo un'edizione delle 13.30 in cui si presenta come 'assoluzione' una sentenza della Cassazione che sancisce la 'prescrizione' per il reato commesso da David Mills. L'avvocato inglese la fa franca solo perché è scaduto – secondo i giudici supremi – il tempo per poterlo punire. Nel processo di primo grado e in appello era stato condannato per essere stato corrotto da Berlusconi.

"Prescrivere non è assolvere", si grida nella piazza virtuale. Arianna Ciccone, organizzatrice del festival del giornalismo di Perugia, consegna negli uffici di viale Mazzini una richiesta di rettifica della notizia inesatta. L'hanno sottoscritta 200 mila persone su Facebook. È il primo, significativo segnale di una rivolta dei telespettatori contro il comportamento del più seguito telegiornale italiano.

Molto applaudito un articolo di Michele Serra: "Per un giornalista manomettere la verità è un crimine, tal quale per un fornaio sputare nel pane che vende. Qui non si tratta di opinioni, di interpretazioni, di passione politica. È proprio una frode, una lurida frode…". Legioni di giovani e di intelligenze appassionate chiedono il rispetto dei princìpi basilari di una corretta informazione. Nessun rimpianto, naturalmente, del tempo che fu. E tuttavia le differenze tra ieri e oggi appaiono evidenti a chiunque guardi con occhi aperti. (...)

Non c'era, dunque, un bel mondo che fu, ma nemmeno una selvaggia appropriazione. Succede, invece, nell'èra della post-lottizzazione, che si passi dai partiti ai salotti, alle lobby politico-imprenditorial-giornalistiche. Una deriva progressiva e accelerata. Si impone il giornalismo che premia il rigido appartenere e il compiacere il gruppo di riferimento. Altro che volti nuovi e nuovi linguaggi televisivi. Gli altri professionisti, refrattari a questa cultura, finiscono in una riserva non protetta. Sono emarginati e sbeffeggiati. Il servizio pubblico o semipubblico non è stato migliorato e neppure privatizzato secondo le regole del mercato.

È diventato strumento di fazione, in nome e per conto di… Addio ai sogni di far meglio del passato. Il presente scivola verso la militarizzazione e l'acchiappa-acchiappa personale. Io conosco quei sentieri e quelle piste di Saxa Rubra. Cisiamo trasferiti lì da via Teulada, negli anni Novanta, per abitare la più grande cittadella italiana dell'informazione. Ho salito, uno ad uno, i gradini che mi hanno portato in giro per il mondo e alla guida dell'ammiraglia, prima di Minzolini, prima di Riotta e prima di Mimun. Negli anni delle loro direzioni sono lontano dall'Italia. Lavoro a New York, come capo dell'ufficio di corrispondenza americano della Rai. Ognuno ha i suoi percorsi, fa le proprie scelte, rivendica i propri meriti. Tutti abbiamo commesso errori. Non tutti abbiamo seguito linee editoriali personalistiche e faziose. Il sistema attuale è andato oltre i vizi e i difetti della vecchia lottizzazione. Ha saltato il fosso con l'arrivo e i giochi dei corsari di palazzo. Il Tg1 che, nonostante tutte le contestazioni di una volta, aveva mantenuto un rispettabile ruolo quasi ecumenico, di ammortizzatore di spinte opposte, si omologa ora agli altri, diventa coriaceo portavoce del governo e di una parte politico-imprenditorial-editoriale.

È il progetto degli anni Novanta, che Carlo Rossella non riuscì a realizzare. Il fatto che l'ammiraglia perda così di credibilità, di prestigio e di ascolti, non interessa i suoi ideatori e non li preoccupa più di tanto perché manca chi possa davvero contrastarli e metterli alle corde. Eppure basterebbe sviluppare qualche semplice ragionamento. In Rai il servizio pubblico è morto. La formula di Enrico Manca ('il pluralismo è la somma di tante parzialità') poteva apparire adeguata nell'epoca dei vecchi partiti. Oggi siamo in un nuovo secolo, abbiamo un bipolarismo consolidato seppur imperfetto, con il leader di uno schieramento che è proprietario di quasi metà del sistema televisivo privato e l'altra metà la controlla stando in Parlamento e al governo.

Se il Tg1 è destinato ad essere uno dei tanti telegiornali, alle strette dipendenze di una parte, meglio prendere atto della fine del servizio pubblico, riformare l'attuale canone, rimpiazzare il duopolio Rai-Mediaset con un nuovo e più moderno sistema, fondato davvero sulla concorrenza. Sarebbe più onesto, sicuramente favorirebbe una reale competizione tra diverse linee politico-editoriali, e andrebbe a tutto vantaggio del cittadinotelespettatore. Basterebbe discutere un semplice articolo di legge che tolga i tetti pubblicitari alla Rai, ovvero all'azienda che ne prenderà il posto, dandole la possibilità di attingere liberamente sul mercato delle risorse pubblicitarie. È la condizione per privatizzare alcune parti e riservare il canone alle strutture veramente di pubblico servizio. Sarebbe uno scossone per la vecchia azienda di viale Mazzini e la fine dell'impero televisivo costruito da Berlusconi. La piazza virtuale e quella reale sarebbero unificate da un unico grido: 'Il re è nudo'. (...)

 

 

 

 

 

 

 

L'UNITA'

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2010-05-26

Il sequestro delle cliniche Angelucci Polverini "Seguiremo la vicenda"

''La Corte dei Conti ha disposto il sequestro conservativo delle sei cliniche romane della San Raffaele spa, riconducibili alla famiglia Angelucci. Secondo il vice procuratore generale Minerva, nelle strutture si eseguivano prestazioni irregolari o inesistenti in regime di convenzione con la Asl. Il danno per la Regione Lazio e' stimato in 134 milioni''. La notizia e' riportata dal quotidiano ecologista 'Terra' nel numero in edicola oggi, che ne ha anticipato il contenuto.

''Il presidente della Corte dei Conti De Musso - si legge nella nota di 'Terra' - ha accolto l'istanza presentata dal vice procuratore generale Massimiliano Minerva, disponendo il sequestro cautelare prima delle comparizione delle parti davanti a un giudice perche', si legge negli atti, ha ritenuto 'fondato' il timore di vedere altrimenti 'vanificate' le pretese risarcitorie della Asl Rm-h''. Il gruppo Angelucci e' una delle maggiori realta' imprenditoriali a livello nazionale nel settore della riabilitazione, attivo principalmente nel Lazio con 13 strutture.

"Il sequestro conservativo ante causam e' stato disposto su alcuni beni immobili - sui quali la societa' mantiene comunque la titolarita' e che non riguarda le attivita' sanitarie, che mantengono la loro operativita' assistenziale", precisa in una nota Carlo Trivelli, Presidente di San Raffaele S.p.A., commentando la notizia del sequestro conservativo ante causam disposto dal Procuratore Regionale della Corte di Conti del Lazio. Il sequestro, prosegue la nota, "e' una mera garanzia sull'eventuale danno erariale che dovesse essere accertato rispetto alla contestata irregolarita' di alcune prestazioni effettuate nel solo San Raffaele di Velletri. Il sequestro, infatti, si riferisce all'inchiesta, ancora aperta, della Procura di Velletri del Febbraio 2009". Dopo aver espresso "piena fiducia nell'operato della magistratura contabile", Trivelli nella nota ritiene "la misura ingiustificata e, per questo, i nostri legali hanno presentato istanza di revoca del provvedimento e, comunque, l'anticipazione della data dell'udienza, rispetto a quella del 2 Luglio fissata nell'ordinanza della Corte dei Conti. Auspichiamo - conclude la nota -, infatti, di poter finalmente ed al piu' presto dimostrare la correttezza e la legittimita' dell'operato della nostra struttura di Velletri e la conformita' alle disposizioni legislative delle attivita' li' svolte".

''Ancora non c'e' stato notificato nulla, ma e' chiaro che se c'e' un danno erariale nei confronti della Regione avremo il dovere di seguire la vicenda''. Cosi' si e' espressa il presidente della Regione Lazio, Renata Polverini, a margine dell'incontro a Palazzo Chigi tra governo e autonomie locali sulla manovra, dopo la richiesta della Corte dei Conti di sequestro cautelativo delle sei cliniche.

25 maggio 2010

 

 

 

2010-05-25

Intercettazioni, il Pdl apre a modifiche. Bonaiuti: "Un'intesa si trova sempre"

"Il ddl intercettazioni messo a punto dalla Camera dei deputati e sul quale il governo aveva messo la fiducia è senz'altro un buon compromesso". Il Guardasigilli, Angelino Alfano, lo ha detto prima di entrare in commissione giustizia del Senato che sta esaminando il ddl intercettazioni. La maggioranza, insomma osserva Alfano, punta a che "ci sia sempre un buon motivo per intercettare" e che i controlli delle conversazioni "non siano senza limiti di tempo". Il ministro ha quindi fatto un riepilogo degli interventi fatti dal governo e dal relatore prima sul testo licenziato dalla Camera e poi su quello messo a punto, sino ad ora, dalla commissione giustizia del Senato. Dalle parole del Guardasigilli, in sintesi, si è capito che il governo sarebbe pronto a fare un passo indietro per quanto riguarda la pubblicazione degli atti di indagine. Alfano, infatti, ha parlato dell'ipotesi di prevedere la pubblicazione "per riassunto degli atti dei processi". Ma il governo sarebbe intenzionato a restare sui "gravi indizi di reato", introdotti nell'esame del ddl a palazzo Madama. "Su questi aspetti - sottolinea il ministro - rifletteremo ulteriormente nel passaggio dalla commissione all'aula".

"Comunque - afferma ancora il Guardasigilli - non vogliamo mettere il bavaglio a nessuno. Le intercettazioni si potranno effettuare solo se c'è un buon motivo e con limiti di tempo precisi. Se l'opposizione si immagina che noi rinunciamo al diritto alla privacy, si sbaglia di grosso. SE invece pensano anche loro di poter contribuire a migliorare il testo senza ledere alcuno dei diritti che noi intendiamo tutelare, da quello alla privacy a quello all'informazione, credo che si potrà trovare un compromesso".

Sarà una riunione dei capigruppo già domani mattina a decidere l'approdo in aula del provvedimento. Il Pdl si dice pronto a venire incontro alle richieste giunte da più parti in questi giorni, per ammorbidire le restrizioni all'utilizzo delle intercettazioni. "Sui punti controversi la commissione si è già pronunciata, ma il testo resta aperto in aula", ha detto il presidente dei senatori Pdl, Maurizio Gasparri, al termine di una riunione a Palazzo Madama con Gaetano Quagliariello e con il capogruppo alla Camera, Fabrizio Cicchitto.

Pd ed Idv chiedono il ritiro del provvedimento, ma anche parte della maggioranza, a cominciare dalla componente finiana, fa dei distinguo: "È necessario sposare la linea della prudenza e della mediazione - dice Italo Bocchino - tornando all'equilibrato testo che fu varato dalla Camera".

I direttori delle principali testate giornalistiche fanno fronte comune: "Questo disegno di legge - si legge nel comunicato - penalizza e vanifica il diritto di cronaca, impedendo a giornali e notiziari (new media compresi) di dare notizie delle inchieste giudiziarie fino all'udienza preliminare, cioè per un periodo che in Italia va dai 3 ai 6 anni e, per alcuni casi, fino a 10. Le norme proposte violano il diritto fondamentale dei cittadini a conoscere e sapere, cioè ad essere informati. È un diritto vitale irrinunciabile, da cui dipende il corretto funzionamento del circuito democratico e a cui corrisponde - molto semplicemente - il dovere dei giornali di informare. La disciplina all'esame del Senato vulnera i principi fondamentali in base ai quali la libertà di informazione è garantita e la giustizia è amministrata in nome del popolo. I giornalisti esercitano una funzione, un dovere non comprimibile da atti di censura. A questo dovere non verremo meno, indipendentemente da multe, arresti e sanzioni. Ma intanto fermiamo questa legge, perché la democrazia e l'informazione in Italia non tollerano alcun bavaglio".

L'auspicio di una modifica del provvedimento viene anche dal vice presidente del Csm, Nicola Mancino, secondo cui "c'è bisogno di rivedere una parte delle disposizioni, mi auguro che queste disposizioni siano rivedute e condivise. L'uso delle intercettazioni telefoniche come strumento di indagine - continua Mancino - deve essere regolato sulla base delle esigenze investigative, sulle quali l'autorità giudiziaria ha una competenza innegabile".

Per l'Associazione Nazionale Magistrati "il ddl sulle intercettazioni va ad incidere in modo negativo sia sul versante dell'informazione sia su quello della sicurezza dei cittadini. Questa legge, rendendo più difficile l'accertamento dei reati, farà diventare impenetrabile l'invisibilità delle organizzazioni criminali".

24 maggio 2010

 

 

 

 

La mafia, i telefoni e il bavaglio Ecco perché Obama vuol sapere

di Enrico Deagliotutti gli articoli dell'autore

Diciotto anni fa, quando venne ammazzato Giovanni Falcone, i telefoni cellulari erano degli aggeggi grossi, rudimentali, dal funzionamento poco conosciuto e ancora poco diffusi. Il commando di Cosa Nostra che aspettò dal casotto dell’Enel di Capaci il corteo di macchine del giudice e della moglie telefonò parecchio, aspettando di azionare l’esplosivo. Furono individuati soprattutto per quel motivo: con un’iniziativa che poteva sembrare impossibile, ma che funzionò, tutto il traffico telefonico di quelle ore da e per Palermo fu schedato e analizzato, con risultati memorabili che portarono nel giro di un anno agli arresti del commando. Tutto sembrava risolto, o meglio quasi tutto: restavano alcune telefonate in Italia e in America ad utenti impossibili da rintracciare. Poi ci fu la bomba di via D’Amelio contro Paolo Borsellino e di nuovo i telefoni fecero la loro parte: "inquietanti" tabulati legavano uomini della mafia a utenze dei servizi segreti. Erano gli ultimi mesi della Prima Repubblica, quella strana cosa che un quarto della popolazione italiana non ricorda perché non aveva ancora l’età della ragione e di cui ora sente parlare come di fatti strani, muggiti e sospiri, che sembrano provenire da un mondo preistorico: carabinieri che trattarono con Cosa Nostra, nuovi patti politici da assicurare, Falcone e Borsellino uccisi perché troppo vicini alla verità e al potere. Un tipico modo italiano di passare il tempo.

Ma non credo fosse mai successo che membri del governo di Washington si esprimessero così francamente nei confronti del governo italiano deciso ad intervenire sui metodi di indagine antimafia attuato con i telefoni. Hanno detto, in pratica: se voi attuate queste vostre intenzioni, danneggiate anche noi e la nostra azione contro il crimine organizzato. Argomenti del genere sono stati usati nel recente passato contro i governi del Messico, del Venezuela, della Colombia, ma mai nei confronti di un paese europeo. Perché lo hanno fatto? Sicuramente perché all’Fbi si ricordano ancora di Giovanni Falcone che li aiutò non poco a stroncare l’importazione di eroina dalla Sicilia negli Stati Uniti; sicuramente si ricordano di quel Tommaso Buscetta che nel 1984 (otto anni prima delle rivelazioni italiane) raccontò all’Fbi che Giulio Andreotti era il referente politico di Cosa Nostra; e forse anche perché vedono - con sorpresa - un governo europeo adottare leggi che vanno solo ad oggettivo vantaggio delle mafie. E per quanto riguarda l’Italia non capiscono perché il nostro governo passi il suo tempo ad insultare il presidente Barack Obama, un oscuro dirigente di nome Bertolaso si diverta ad insultare l’ex presidente Clinton e il presidente del Consiglio abbia legami così stretti con Putin. Dal loro punto di vista, tutto ciò è molto strano, ma si sa che loro non conoscono le nostre finezze e il nostro modo di giocare al gioco del potere. Nella storia della mafia siciliana in America - una storia potente, che è arrivata anche a bussare alle porte del potere politico - alcune cose giocavano a suo favore, nel grande mercato: la famiglia, la violenza, la determinazione ad emergere, la capacità di destinare una bella fetta degli alti profitti del crimine per corrompere poliziotti, politici e giudici.

Ma c’erano anche due cose che non funzionavano nel modello: il tradimento possibile di un membro della famiglia stessa e l’uso incauto del telefono. Gli infami si cercava di ucciderli prima che testimoniassero, ma il telefono (ovvero la parola che ti può fare impiccare) era una croce quotidiana, a partire da quelli a gettone all’angolo della strada. Un tallone d’Achille, che la polizia peraltro poteva utilizzare a costi veramente bassi: una chiavetta e degli impiegati che ascoltano, esperti di dialetto. Poi vennero le microspie e con loro le bonifiche elettroniche, l’infiltrato con il microfono incerottato sulla pelle, le cimici sempre più piccole, le microcamere grandi come un bottoncino, le Sim che conservano ogni bava di memoria e i siciliani in America vennero ridotti all’angolo persino nello smaltimento di rifiuti nel New Jersey, che era il loro feudo.

A diciotto anni dall’uccisione di Falcone e Borsellino, senza neanche troppi eufemismi, i magistrati ci dicono che le cose non andarono come noi pensavamo. In pratica, ci spiegano che gli uccisori furono solo la manovalanza che agì per conto di altri. Ed è una storia fatta di pentiti e di intercettazioni e - specificità italiana - di ricatti, di mezze parole, di carte che ricompaiono dopo vent’anni, di trattative che chissà se sono andate a buon fine o se fallirono fin dall’inizio.

Viviamo non tanto senza sapere dove andremo, ma piuttosto da dove veniamo. Il governo fa quello che fanno i gendarmi di fronte alla folla di curiosi che si presenta sulla scena di un delitto: "Via, via, circolare, non c’è niente da vedere", poi mettono le transenne e chiamano rinforzi. Il presidente del Consiglio non va alle commemorazioni di Falcone, se ne guarda bene: il tema, d’altra parte, non gli è mai interessato. Altri membri del governo lodano l’integrità del magistrato ucciso. Lui si che era bravo e rispettoso. Ah già, è morto.

Tra pochi giorni in parlamento metteranno in votazione il bavaglio. Non si ascolta la gente per bene per telefono, non si deve violare la privacy, anche se si tratta di un mafioso; che poi non si sa se è un mafioso o non per caso un’ottima persona (anzi, può darsi che sia le due cose insieme). Non si deve scrivere niente di processi in corso, se no galera e multe da portare al fallimento i giornali. Non si possono intercettare i politici. Si possono intercettare i preti solo col premesso scritto del vescovo. Se si sente qualcosa di sconveniente, bisogna distruggere subito tutto. La televisione non deve parlare di mafia, perché facciamo brutta figura all’estero. Gli scrittori sono invitati a occuparsi d’altro. Dice Berlusconi: per me Vittorio Mangano è un eroe, perché non ha parlato e i magistrati lo torturavano perché parlasse e mi mettesse nei guai. E va bene, sia lode all’eroe. Ma, sorge un dubbio: che cosa avrebbe dovuto dire, sotto tortura, il vecchio stalliere?

Un caso è molto citato dai sostenitori del bavaglio e della privacy: quello del finanziere Stefano Ricucci che al telefono diceva "ma che me frega, io stasera mi faccio Anna Falchi" e la cui esternazione telefonica venne pubblicata dai giornali. Terribile. Chissà che trauma. Ma non era scritto su tutti i rotocalchi che stavano insieme?

24 maggio 2010

 

2010-05-23

La P2 e il ddl intercettazioni

di Concita De Gregoriotutti gli articoli dell'autore

Qualche sera fa, in via Veneto, entrava Edward Luttwak all’hotel Flora, usciva Licio Gelli dall’Excelsior. Il Flora era il quartier generale tedesco negli anni di guerra. L’Excelsior, in anni più recenti, teatro di un’altra guerra, silenziosa e lunga. Una guerra di cospirazione. Le due auto blu si sono incrociate. Gelli, 91 anni compiuti ad aprile, scende a Roma molto più di rado. Non tutti i mercoledì come era solito fare. Ha qualche piccolo problema di salute, spiega uno dei tre intermediari che tra Pistoia, Arezzo e Montecatini occorre interpellare in sequenza per avere notizie dello "zio", così vogliono lo si chiami al telefono, mai nomi al telefono, si sa. Riceve a villa Wanda, si spinge a Roma "solo per questioni delicatissime e urgenti di massimo livello".

Quale possa essere stata la questione delicatissima e urgente di queste settimane, le cronache dominate dalla cricca di Anemone e dall’urgenza che il presidente del Consiglio avverte per una legge bavaglio che ammutolisca giornali e tg, si può chiedere, ma non è lecito sapere. "Che domanda impertinente". La stessa risposta che Licio Gelli mi dette sette anni fa, quando il 28 settembre andai a intervistarlo a villa Wanda. Sente ancora Silvio Berlusconi, lo vede? "Che domanda impertinente". In quella lunga conversazione mi disse cose che a ripensarci oggi - la privacy, il ddl sulle intercettazioni - conservano un loro interesse: il suo Piano di Rinascita democratica diceva che era necessario redigere "una nuova legislazione sulla stampa in senso protettivo della dignità del cittadino, sul modello inglese". La privacy. Disse: "Guardo il Paese, leggo i giornali e penso: ecco qua che tutto si realizza poco a poco, pezzo a pezzo. Forse sì, dovrei avere i diritti d’autore. La giustizia, la tv, l’ordine pubblico. Ho scritto tutto trent’anni fa". Ancora dal Piano di Rinascita della Loggia massonica P2, Silvio Berlusconi aveva la tessera numero 1816. "Qualora le circostanze permettessero di contare sull’ascesa al governo di un uomo politico (o di una equipe) già in sintonia con lo spirito del club è chiaro che i tempi di procedimento riceverebbero una forte accelerazione". Le circostanze lo permettono. Chi ha condiviso quel progetto è oggi alla guida del Paese. Non solo alla guida suprema. È nei gangli vitali delle burocrazie, nelle segreterie felpate, nei ministeri, nelle anticamere. È un club, come lo definiva Gelli, i cui nomi fanno capolino di continuo tra le carte delle inchieste sulla corruzione, nomi a volte anonimi per il grande pubblico ma notissimi, invece, tra chi conta.

Martedì scorso a "Ballarò" Antonio Di Pietro, reduce da Firenze dove era stato sentito dai magistrati come testimone, ha risposto alla domanda "che cosa le hanno chiesto, lei cosa ha detto". "Non posso dire cosa ho detto, ma molte sarebbero le domande da farsi. Per esempio chiediamoci cosa ci fa Bisignani a palazzo Grazioli". Cosa ci fa? Ha domandato il conduttore, Floris. "Eh, cosa ci fa...". Luigi Bisignani, grande esperto della storia della P2.

Dunque i palazzi sono ancora questi, la storia non si capisce se non si riparte da lì. Per dirlo con le parole del Venerabile maestro: "Se le radici sono buone la pianta germoglia". Ha germogliato.

Brevi estratti dal Piano di Rinascita, che magari chi ha meno di trent’anni non lo ricorda o non l’ha letto mai. A proposito di stampa e tv. "Acquisire 2 o 3 giornalisti per ciascun quotidiano o periodico in modo tale che nessuno sappia dell’altro. L’azione dovrà essere condotta a macchia d’olio o meglio a catena da non più di 3 o 4 elementi che conoscano l’ambiente". Le gratifiche economiche adeguate. "Dissolvere la Rai tv", "abolire il monopolio Rai". Fin qui, ha germogliato. Punto centrale: "Controllare la pubblica opinione media nel vivo del paese". La prosa non è delle più felici ma il senso preciso: la pubblica opinione media, la massa dei cittadini. Nel vivo del paese: un controllo capillare. Addomesticare la pubblica opinione attraverso le tv. Procedere di seguito ad "alcuni ritocchi alla Costituzione".

Anche sui ritocchi ci siamo

Lavorare a dividere il sindacato, disarticolare la magistratura: questa è la parte più corposa del piano. Anche quella più meticolosamente perseguita. Sarebbe interessante fermarsi su altri dettagli: la "legislazione che subordini il diritto di residenza alla dimostrazione di possedere un posto di lavoro e un reddito sufficiente", per esempio, di cui Bossi è oggi paladino. Bossi, di cui Gelli dice: "Si è creato la sua fortezza con la Padania, ha portato molti parlamentari, è stato bravo. Ma aveva molti debiti...". La stampa, per finire. "Nuova legislazione sulla stampa in senso protettivo della dignità del cittadino sul modello inglese (oggi diciamo privacy). Obbligo di pubblicare ogni anno bilanci e retribuzioni. Abolire tutte le provvidenze agevolative".

Creare un’Agenzia centrale che controlli le notizie locali. Acquisire alcuni settimanali da battaglia, settimanali popolari. Oggi diremmo rotocalchi. Quelli che vendono migliaia di copie e si trovano nelle sale d’attesa dal dentista, dal pediatra, dal barbiere: quelli che arrivano più lontano dei settimanali d’inchiesta, del resto - con le nuove leggi sulla privacy o dignità del cittadino che dir si voglia - destinati a scomparire. Di Berlusconi, quel giorno di sette anni fa, Gelli mi disse: "Berlusconi è un uomo fuori dal comune. Ricordo bene che già allora, ai tempi dei nostri primi incontri, aveva questa caratteristica: sapeva realizzare i suoi progetti. Un uomo del fare. Di questo c’è bisogno in Italia: non di parole, di azioni". Della corruzione, delle tangenti, degli appalti e delle cricche: "In fondo Mani pulite è stata solo una faccenda di corna. Lei crede che la corruzione sia scomparsa? Non vede che è ovunque, peggio di prima, molto più di prima?".

23 maggio 2010

 

 

 

 

Il testo integrale del Piano

Licio Gelli, P2, Piano di Rinascita Democratica, il documento

ELENCO LOGGIA P2 ISCRITTI

Il Piano di Rinascita Democratica della Loggia P2, fu sequestrato alla figlia di Licio Gelli

21 maggio 2010

nell’estate del 1982.

 

Era, giova ricordarlo, la forma con la quale reduci della Repubblica di Salò e

spezzoni della classe dirigente conservatrice volevano instaurare un dittatura soft nel paese.

Ogni giorno che passa, dalla costituzione di un sistema bipartitico, al controllo dei media (anche

attraverso l’abolizione dei contributi pubblici), alla divisione delle carriere dei magistrati,

all’abolizione del valore legale del titolo di studio, diventa più attuale.

In coincidenza con l’inopinato ritorno in tivù del Gran Maestro Venerabile della Loggia Massonica

P2, Licio Gelli, con il programma "Venerabile Italia" in onda lunedì su Odeon Tv, riproponiamo per

i lettori di Giornalismo partecipativo l’intero documento.

PIANO DI RINASCITA DEMOCRATICA DELLA LOGGIA P2

PREMESSA

1) L’aggettivo democratico sta a significare che sono esclusi dal presente piano ogni movente od

intenzione anche occulta di rovesciamento del sistema.

2) Il piano tende invece a rivitalizzare il sistema attraverso la sollecitazione di tutti gli istituti che la

Costituzione prevede e disciplina, dagli organi dello Stato ai partiti politici, alla stampa, ai sindacati,

ai cittadini elettori.

3) Il piano si articola in una sommaria indicazione di obiettivi, nella elaborazione di procedimenti -

anche alternativi - di attuazione ed infine nella elencazione di programmi a breve, medio e lungo

termine.

4) Va anche rilevato, per chiarezza, che i programmi a medio e lungo termine prevedono alcuni

ritocchi alla Costituzione - successivi al restauro del libero gioco delle istituzioni fondamentali -

che, senza intaccarne l’armonico disegno originario, le consentano di funzionare per garantire alla

nazione ed ai suoi cittadini libertà e progresso civile in un contesto interno e internazionale ormai

molto diverso da quello del 1946.

OBIETTIVI

1) Nell’ordine vanno indicati:

a) i partiti politici democratici, dal PSI al PRI, dal PSDI alla DC ed al PLI (con riserva di

verificare la Destra Nazionale);

b) la stampa, escludendo ogni operazione editoriale, che va sollecitata al livello di giornalisti

attraverso una selezione che tocchi soprattutto: Corriere della Sera, Giorno, Giornale, Stampa, Resto

del Carlino, Messaggero, Tempo, Roma, Mattino, Gazzetta del Mezzogiorno, Giornale di Sicilia per

i quotidiani; e, per i periodici: Europeo, Espresso, Panorama, Epoca, Oggi, Gente, Famiglia

cristiana. La RAI-TV non va dimenticata;

c) i sindacati, sia confederali CISL e UIL, sia autonomi, nella ricerca di un punto di leva per

ricondurli alla loro naturale funzione anche al prezzo di una scissione e successiva costituzione di

una libera associazione dei lavoratori;

d) il Governo, che va ristrutturato nella organizzazione ministeriale e nella qualità degli uomini

da preporre ai singoli dicasteri;

e) la magistratura, che deve essere ricondotta alla funzione di garante della corretta e

scrupolosa applicazione delle leggi;

f) il Parlamento, la cui efficienza è subordinata al successo dell’operazione sui partiti politici,

la stampa ed i sindacati.

2) Partiti politici, stampa e sindacati costituiscono oggetto di sollecitazioni possibili sul piano della

manovra di tipo economico-finanziario.

La disponibiltà di cifre non superiori a 30 o 40 miliardi sembra sufficiente a permettere ad uomini

di buona fede e ben selezionati di conquistare le posizioni chiave necessarie al loro controllo.

Governo, Magistratura e Parlamento rappresentano invece obiettivi successivi, accedibili soltanto

dopo il buon esito della prima operazione, anche se le due fasi sono necessariamente destinate a

subire intersezioni e interferenze reciproche, come si vedrà in dettaglio in sede di elaborazione dei

procedimenti.

3) Primario obiettivo e indispensabile presupposto dell’operazione è la costituzione di un club (di

natura rotariana per l’etereogenità dei componenti) ove siano rappresentati, ai migliori livelli,

operatori, imprenditoriali e finanziari, esponenti delle professioni liberali, pubblici amministratori e

magistrati nonchè pochissimi e selezionati uomini politici, che non superi il numero di 30 o 40

unità.

Gli uomini che ne fanno parte debbono essere omogenei per modo di sentire, disinteresse, onestà e

rigore morale, tali cioè da costituire un vero e proprio comitato di garanti rispetto ai politici che si

assumeranno l’onere dell’attuazione del piano e nei confronti delle forze amiche nazionali e

straniere che lo vorranno appoggiare. Importante e’ stabilire subito un collegamento valido con la

massoneria internazionale.

PROCEDIMENTI

1) Nei confronti del mondo politico occorre:

a) selezionare gli uomini - anzitutto - ai quali può essere affidato il compito di promuovere la

rivitalizzazione di ciascuna rispettiva parte politica (Per il PSI, ad esempio, Mancini, Mariani e

Craxi; per il PRI: Visentini e Bandiera; per il PSDI: Orlandi e Amadei; per la DC: Andreotti,

Piccoli, Forlani, Gullotti e Bisaglia; per il PLI: Cottone e Quilleri; per la Destra Nazionale

(eventualmente): Covelli);

b) in secondo luogo valutare se le attuali formazioni politiche sono in grado di avere ancora la

necessaria credibilità esterna per ridiventare validi strumenti di azione politica;

c) in caso di risposta affermativa, affidare ai prescelti gli strumenti finanziari sufficienti - con i

dovuti controlli - a permettere loro di acquisire il predominio nei rispettivi partiti;

d) in caso di risposta negativa usare gli strumenti finanziari stessi per l’immediata nascita di

due movimenti: l’uno, sulla sinistra (a cavallo fra PSI-PSDI-PRI-Liberali di sinistra e DC di

sinistra), e l’altra sulla destra (a cavallo fra DC conservatori, liberali e democratici della Destra

Nazionale). Tali movimenti dovrebbero essere fondati da altrettanti clubs promotori composti da

uomini politici ed esponenti della società civile in proporzione reciproca da 1 a 3 ove i primi

rappresentino l’anello di congiunzione con le attuali parti ed i secondi quello di collegamento con il

mondo reale.

Tutti i promotori debbono essere inattaccabili per rigore morale, capacità, onestà e

tendenzialmente disponibili per un’azione poltica pragmatistica, con rinuncia alle consuete e fruste

chiavi ideologiche. Altrimenti il rigetto da parte della pubblica opinione è da ritenere inevitabile.

2) Nei confronti della stampa (o, meglio, dei giornalisti) l’impiego degli strumenti finanziari non

può, in questa fase, essere previsto nominatim. Occorrerà redigere un elenco di almeno 2 o 3

elementi per ciascun quotidiano o periodico in modo tale che nessuno sappia dell’altro. L’azione

dovrà essere condotta a macchia d’olio, o, meglio, a catena, da non più di 3 o 4 elementi che

conoscono l’ambiente.

Ai giornalisti acquisti dovrà essere affidato il compito di "simpatizzare" per gli esponenti politici

come sopra prescelti in entrambe le ipotesi alternative 1c e 1d.

In un secondo tempo occorrerà:

a) acquisire alcuni settimanali di battaglia;

b) coordinare tutta la stampa provinciale e locale attraverso una agenzia centralizzata;

c) coordinare molte TV via cavo con l’agenzia per la stampa locale;

d) dissovere la RAI-TV in nome della libertà di antenna ex art. 21 Costit.

3) Per quanto concerne i sindacati la scelta prioritaria è fra la sollecitazione alla rottura, seguendo

cioè le linee già esistenti dei gruppi minoritari della CISL e maggioritari dell’UIL, per poi agevolare

la fusione con gli autonomi in una libera confederazione, oppure, senza toccare gli autonomi,

acquisire con strumenti finanziari di pari entità i più disponibili fra gli attuali confederali allo scopo

di rovesciare i rapporti di forza all’interno dell’attuale trimurti.

Gli scopi reali da ottenere sono:

a) restaurazione della libertà individuale nelle fabbriche e aziende in genere per consentire

l’elezione dei consigli di fabbrica con effettive garanzie di segretezza del voto;

b) ripristinare per tale via il ruolo effettivo del sindacato di collaboratore del fenomeno

produttivo in luogo di quello illegittimamente assunto di interlocutore in vista di decisioni politiche

aziendali e governative.

Sotto tale profilo, la via della scissione e della successiva integrazione con gli autonomi

sembra preferibile anche ai fini dell’incidenza positiva sulla pubblica opinione di un fenomeno

clamoroso come la costituzione di un vero sindacato che agiti la bandiera della libertà di lavoro e

della tutela economica dei lavoratori. Anche in termini di costo è da prevedere un impiego di

strumenti finanziari di entità inferiori all’altra ipotesi.

4) Governo, Magistratura e Parlamento.

E’ evidente che si tratta di obiettivi nei confronti dei quali i procedimenti divengono alternativi in

varia misura a seconda delle circostanze.

E’ comunque intuitivo che, ove non si verifichi la favorevole circostanza di cui in prosieguo, i tempi

brevi sono - salvo che per la Magistratura - da escludere essendo i procedimenti subordinati allo

sviluppo di quelli relativi ai partiti, alla stampa ed ai sindacati, con la riserva di una più rapida

azione nei confronti del Parlamento ai cui componenti è facile estendere lo stesso modus operandi

già previsto per i partiti politici.

Per la Magistratura è da rilevare che esiste già una forza interna (la corrente di magistratura

indipendente della Ass. Naz. Mag.) che raggruppa oltre il 40% dei magistrati italiani su posizioni

moderate.

E’ sufficiente stabilire un raccordo sul piano morale e programmatico ed elaborare una intesa diretta

a concreti aiuti materiali per poter contare su un prezioso strumento già operativo nell’interno del

corpo anche ai fini di taluni rapidi aggiustamenti legislativi che riconducano la giustizia alla sua

tradizionale funzione di elemento di equilibrio della società e non già di eversione.

Qualora invece le circostanze permettessero di contare sull’ascesa al Governo di un uomo politico

(o di una équipe) già in sintonia con lo spirito del club e con le sue idee di "ripresa democratica", è

chiaro che i tempi dei procedimenti riceverebbero una forte accelerazione anche per la possibilità di

attuare subito il programma di emergenza e quello a breve termine in modo contestuale

all’attuazione dei procedimenti sopra descritti.

In termini di tempo ciò significherebbe la possibilità di ridurre a 6 mesi ed anche meno il tempo di

intervento, qualora sussista il presupposto della disponibilità dei mezzi finanziari.

PROGRAMMI

Per programmi s’intende la scelta, in scala di priorità, delle numerose operazioni da compiere in

forma di:

a) azioni di comportamento politico ed economico;

b) atti amministrativi (di Governo);

c) atti legislativi;

necessari a ribaltare - in concomitanza con quelle descritte in materia di procedimenti - l’attuale

tendenza al disfacimento delle istituzioni e, con essa, alla disottemperanza della Costituzione i cui

organi non funzionano più secondo gli schemi originali. Si tratta, in sostanza di "registrare" - come

nella stampa in tricromia - le funzioni di ciascuna istituzione e di ogni organo relativo in modo che i

rispettivi confini siano esattamente delimitati e scompaiano le attuali aree di sovrapposizione da cui

derivano confusione e indebolimento dello Stato.

A titolo di esempio, si considerino due fenomeni:

1) lo spostamento dei centri di potere reale del Parlamento ai sindacati e dal Governo ai

padronati multinazionali con i correlativi strumenti di azione finanziaria. Sarebbero sufficienti una

buona legge sulla programmazione che rivitalizzi il CNEL ed una nuova struttura dei Ministeri

accompagnate da norme amministrative moderne per restituire ai naturali detentori il potere oggi

perduto;

2) l’involuzione subita dalla scuola negli ultimi 10 anni quale risultante di una giusta politica

di ampliamento dell’area di istruzione pubblica, non accompagnata però dalla predisposizione di

corpi docenti adeguati e preparati nonchè dalla programmazione dei fabbisogni in tema

d’occupazione.

Ne è conseguenza una forte e pericolosa disoccupazione intellettuale - con gravi deficienze

invece nei settori tecnici - nonchè la tendenza ad individuare nel titolo di studio il diritto al posto di

lavoro. Discende ancora da tale stato di fatto la spinta all’equalitarismo assolto (contro la

Costituzione che vuole tutelare il diritto allo studio superiore per i più meritevoli) e, con la

delusione del non inserimento, il rifugio nella apatia della droga oppure nell’ideologia

dell’eversione anche armata. Il rimedio consiste: nel chiudere il rubinetto del preteso automatismo:

titolo di studio = posto di lavoro; nel predisporre strutture docenti valide; nel programmare, insieme

al fenomeno economico, anche il relativo fabbisogno umano; ed infine nel restaurare il principio

meritocratico imposto dalla Costituzione.

Sotto molti profili, la definizione dei programmi intersecherà temi e notazioni già contenuti nel

recente Messaggio del Presidente della Repubblica - indubbiamente notevole - quale diagnosi della

situazione del Paese, tenendo, però, ad indicare terapie più che a formulare nuove analisi.

Detti programmi possono essere resi esecutivi - occorrendo - con normativa d’urgenza (decreti

legge).

a) Emergenza e breve termine. Il programma urgente comprende, al pari degli altri, provvedimenti

istituzionali (rivolti cioè a "registrare" le istituzioni) e provvedimenti di indole economico-sociale.

a1) Ordinamento giudiziario: le modifiche più urgenti investono:

- la responsabilità civile (per colpa) dei magistrati;

- il divieto di nominare sulla stampa i magistrati comunque investiti di procedimenti giudiziari;

- la normativa per l’accesso in carriera (esami psico-attitudinali preliminari);

- la modifica delle norme in tema di facoltà di libertà provvisoria in presenza dei reati di

eversione - anche tentata - nei confronti dello Stato e della Costitueione, nonchè di violazione delle

norme sull’ordine pubblico, di rapina a mano armata, si sequestro di persona e di violenza in

generale.

a2) Ordinamento del Governo

i - legge sulla Presidenza del Consiglio e sui Ministeri (Cost. art. 95) per determinare

competenze e numero (ridotto, con eliminazione o quasi dei Sottosegretari);

ii - legge sulla programmazuone globale (Costit. art. 41) incentrata su un Ministero

dell’economia che ingloba le attuali strutture di incentivazione (Cassa Mezz. - PP.SS. -

Mediocredito - Industria - Agricoltura), sul CNEL rivitalizzato quale punto d’incontro delle forze

sociali sindacali, imprenditoriali e culturali e su procedure d’incontro con il Parlamento e le

Regioni;

iii - riforma dell’amministrazione (Costit. articoli 28-97 e 98) fondata sulla teoria dell’atto

pubblico non amministrativo, sulla netta separazione della responsabiltà politica da quella

amministrativa che diviene personale (istituzione dei Segretari Generali di Ministero) e sulla

sostituzione del principio del silenzio-rifiuto con quello del silenzio-consenso;

iiii - definizione della riserva di legge nei limiti voluti e richiesti espressamente dalla

Costituzione e individuazioni delle aree di normativa secondaria (regolamentare) in ispecie di quelle

regionali che debbono essere obbligatoriamente limitate nell’ambito delle leggi cornice.

a3) Ordinamento del Parlamento:

i - ripartizione di fatto, di competenze fra le due Camere (funzione politica alla CD e funzione

economica al SR);

ii - modifica (già in corso) dei rispettivi Regolamenti per ridare forza al principio del rapporto

(Costit. art. 64) fra maggioranza-Governo da un lato, e opposizione, dall’altro, in luogo della attuale

tendenza assemblearistica.

iii - adozione del principio delle sessioni temporali in funzione di esecuzione del programma

governativo.

b) Provvedimenti economico-sociali:

b1) abolizione della validità legale dei titoli di studio (per sflollare le università e dare il tempo di

elaborare una seria riforma della scuola che attui i precetti della Costituzione);

b2) adozione di un orario unico nazionale di 7 ore e 30 effettive (dalle 8,30 alle 17) salvi i turni

necessari per gli impianti a ritmo di 24 ore, obbligatorio per tutte le attività pubbliche e private;

b3) eliminazione delle festività infrasettimanali e dei relativi ponti (salvo 2 giugno - Natale -

Capodanno e Ferragosto) da riconcedere in un forfait di 7 giorni aggiuntivi alle ferie annuali di

diritto;

b4) obbligo di attuare in ogni azienda ed organo di Stato, i turni di festività - anche per sorteggio

- in tutti i periodi dell’anno, sia per annualizzare l’attività dell’industria turistica, sia per evitare la

"sindrome estiva" che blocca le attività produttive;

b5) revisione della riforma tributaria nelle seguenti direzioni:

i - revisione delle aliquote per i lavoratori dipendenti aggiornandole al tasso di svalutazione

1973-76;

ii - nettizzazione all’origine di tutti gli stipendi e i salari della P.A. (onde evitare gli enormi

costi delle relative partite di giro);

iii - inasprimento delle aliquote sui redditi professionali e sulle rendite;

iiii - abbattimento delle aliquote per donazioni e contributi a fondazioni scientifiche e culturali

riconosciute, allo scopo di sollecitare indirettamente la ricerca pura ed il relativo impiego di

intellettualità;

iV - alleggerimento delle aliquote sui fondi aziendali destinati a riserve, ammortamenti,

investimenti e garanzie, per sollecitare l’autofinanziamento premiando il reinvestimento del

profitto;

iVI - reciprocità fra Stato e dichiarante nell’obbligo di mutuo acquisto ai valori dichiarati ed

accertati;

b6) abolizione della nominatività dei titoli azionari per ridare fiato al mercato azionario e

sollecitare meglio l’autofinanziamento delle aziende produttive;

b7) eliminazione delle partite di giro fra aziende di Stato ed istituti finanziari di mano pubblica in

sede di giro conti reciproci che si risolvono - nel gioco degli interessi - in passività inutili dello

stesso Stato;

b8) concessione di forti sgravi fiscali ai capitali stranieri per agevolare il ritorno dei capitali

dall’estero;

b9) costituzione di un fondo nazionale per i servizi sociali (case - ospedali - scuole - trasporti) da

alimentare con:

i - sovrimposta IVA sui consumi voluttuari (automobili - generi di lusso);

ii - proventi dagli inasprimenti ex b5)iii;

iii - finanziamenti e prestiti esteri su programmi di spesa;

iiii - stanziamenti appositi di bilancio per investimenti;

iV - diminuzione della spesa corrente per parziale pagamento di stipendi statali superiori a L.

7.000.000 annui con speciali buoni del Tesoro al 9% non commerciabili per due anni.

Tale fondo va destinato a finanziare un programma biennale di spesa per almeno 10.000 miliardi.

Le riforme di struttura relative vanno rinviate a dopo che sia stata assicurata la disponibilità dei

fabbricati, essendo ridicolo riformare le gestioni in assenza di validi strumenti (si ricordino i guasti

della riforma sanitaria di alcuni anni or sono che si risolvette nella creazione di 36.000 nuovi posti

di consigliere di amministrazione e nella correlativa lottizzazione partitica in luogo di creare altri

posti letto).

Per quanto concerne la realizzabilità del piano edilizio in presenza della caotica legislazione

esistente, sarà necessaria una legge che imponga alle Regioni programmi urgenti straordinari con

termini brevissimi surrogabili dall’intervento diretto dello Stato; per quanto si riferisce in

particolare all’edilizia abitativa, il ricorso al sistema dei comprensori obbligatori sul modello

svedese ed al sistema francese dei mutui individuali agevolati sembra il metodo migliore per

rilanciare questo settore che è da considerare il volano della ripresa economica;

b10) aumentare la redditività del risparmio postale elevando il tasso al 7%;

b11) concedere incentivi prioritari ai settori:

i - turistico;

ii - trasporti marittimi;

iii - agricolo-specializzato (primizie-zootecnica);

iV - energetico convenzionale e futuribile (nucleare - geotermico - solare);

iV - industria chica fine e metalmeccanica specializzata di trasformazione;

in modo da sollecitare investimenti in settori ad alto tasso di mano d’opera ed apportatori di

valuta;

b12) sospendere tutte le licenze ed i relativi incentivi per impianti di raffinazione primaria del

petrolio e di produzione siderurgica pesante.

c) Pregiudiziale è che ogni attività secondo quanto sub a) e b) trovi protagonista e gestore un

Governo deciso ad essere non già autoritario bensì soltanto autorevole e deciso a fare rispettare le

leggi esistenti.

Così è evidente che le forze dell’ordine possono essere mobilitate per ripulire il paese dai teppisti

ordinari e pseudo politici e dalle relative centrali direttive soltanto alla condizione che la

Magistratura li processi e condanni rapidamente inviandoli in carceri ove scontino la pena senza

fomentare nuove rivolte o condurre una vita comoda.

Sotto tale profilo, sembra necessario che alle forze di P.S. sia restituita la facoltà di interrogatorio

d’urgenza degli arrestati in presenza dei reati di eversione e tentata eversione dell’ordinamento,

nonchè di violenza e resistenza alle forze dell’ordine, di violazione della legge sull’ordine pubblico,

di sequestro di persona, di rapina a mano armata e di violenza in generale.

d) Altro punto chiave è l’immediata costituzione di una agenzia per il coordinamento della stampa

locale (da acquisire con operazioni successive nel tempo) e della TV via cavo da impiantare a

catena in modo da controllare la pubblica opinione media nel vivo del Paese.

E’ inoltre opportuno acquisire uno o due periodici da contrapporre a Panorama, Espresso ed

Europeo sulla formula viva del "Settimanale".

MEDIO E LUNGO TERMINE

Nel presupposto dell’attuazione di un programma di emergenza a breve termine come sopra

definito, rimane da tratteggiare per sommi capi un programma a medio e lungo termine con

l’avvertenza che mentre per quanto riguarda i problemi istituzionali è possibile fin d’ora formulare

ipotesi concrete, in materia di interventi economico-sociali, salvo per quel che attiene pochissimi

grandi temi, è necessario rinviare nel tempo l’elencazione di problemi e relativi rimedi.

a) Provvedimenti istituzionali

a1) Ordinamento giudiziario

i - unita’ del Pubblico Ministero (a norma della Costituzione - articoli 107 e 112 ove il P.M. è

distinto dai Giudici);

ii - responsabilità del Guardasigilli verso il Parlamento sull’operato del P.M. (modifica

costituzionale);

iii - istruzione pubblica dei processi nella dialettica fra pubblica accusa e difesa di fronte ai

giudici giudicanti, con abolizione di ogni segreto istruttorio con i relativi e connessi pericoli ed

eliminando le attuali due fasi d’istruzione;

iiii - riforma del Consiglio Superiore della Magistratura che deve essere responsabile verso il

Parlamento (modifica costituzionale);

iV - riforma dell’ordinamento giudiziario per ristabilire criteri di selezione per merito delle

promozioni dei magistrati, imporre limiti di età per le funzioni di accusa, separare le carriere

requirente e giudicante, ridurre a giudicante la funzione pretorile;

iVI - esperimento di elezione di magistrati (Costit. art. 106) fra avvocati con 25 anni di

funzioni in possesso di particolari requisiti morali;

a2) Ordinamento del Governo

i - modifica della Costituzione per stabilire che il Presidente del Consiglio è eletto dalla

Camera all’inizio di ogni legislatura e può essere rovesciato soltanto attraverso l’elezione del

successore;

ii - modifica della Costituzione per stabilire che i Ministri perdono la qualità di parlamentari;

iii - revisione della legge sulla contabilità dello Stato e di quella sul bilancio dello Stato (per

modificarne la natura da competenza in cassa);

iiii - revisione della legge sulla finanza locale per stabilire - previo consolidamento del debito

attuale degli enti locali da riassorbire in 50 anni - che Regioni e Comuni possono spendere al di là

delle sovvenzioni statali soltanto i proventi di emissioni di obbligazioni di scopo (esenti da imposte

e detraibili) e cioè relative ad opere pubbliche da finanziare, secondo il modello USA. Altrimenti il

concetto di autonomia diviene di sola libertà di spesa basata sui debiti;

iV - riforma della legge comunale e provinciale per sopprimere le provincie e ridefinire i

compiti dei Comuni dettando nuove norme sui controlli finanziari.

a3) Ordinamento del Parlamento

i - nuove leggi elettorali, per la Camera, di tipo misto (uninominale e proporzionale secondo il

modello tedesco), riducendo il numero dei deputati a 450 e, per il Senato, di rappresentanza di 2°

grado, regionale, degli interessi economici, sociali e culturali, diminuendo a 250 il numero dei

senatori ed elevando da 5 a 25 quello dei senatori a vita di nomina presidenziale, con aumento delle

categorie relative (ex parlamentari - ex magistrati - ex funzionari e imprenditori pubblici - ex

militari ecc.);

ii - modifica della Costituzione per dare alla Camera preminenza politica (nomina del Primo

Ministro) ed al Senato preponderanza economica (esame del bilancio);

iii - stabilire norme per effettuare in uno stesso giorno ogni 4 anni le elezioni nazionali,

regionali e comunali (modifica costituzionale);

iiii - introdurre la categoria delle leggi organiche (come in Francia) riservata ai codici, alle

norme in materia di organizzazione dell’esecutivo, del pubblico impiego e degli ordinamenti

giudiziario e militare, da approvare in Aula e con maggioranza qualificata;

iV - stabilire che i decreti-legge sono inemendabili;

a4) Ordinamento di altri organi istituzionali

i - Corte Costituzionale: sancire l’incompatibilità successiva dei giudici a cariche elettive od in

enti pubblici; sancire il divieto di sentenze cosiddette attittive (che trasformano la Corte in organo

legislativo di fatto);

ii - Presidente della Repubblica: ridurre a 5 anni il mandato, sancire l’ineleggibilità ed

eliminare il semestre bianco (modifica costituzionale);

iii - Regioni: modifica della Costituzione per ridurre il numero e determinarne i confini

secondo criteri geoeconomici più che storici.

b) Provvedimenti economico sociali

b1) Nuova legislazione antiurbanesimo subordinando il diritto di residenza alla dimostrazione di

possedere un posto di lavoro od un reddito sufficiente (per evitare che saltino le finanze dei grandi

Comuni);

b2) nuova legislazione urbanistica favorendo le città satelliti e trasformando la scienza

urbanistica da edilizia in scienza dei trasporti veloci suburbani;

b3) nuova legislazione sulla stampa in senso protettivo della dignità del cittadino (sul modello

inglese) e stabilendo l’obbligo di pubblicare ogni anni i bilanci nonchè le retribuzioni dei

giornalisti;

b4) unificazione di tutti gli istituti ed enti previdenziali ed assistenziali in un unico ente di

sicurezza sociale da gestire con formule di tipo assicurativo allo scopo di ridurre i costi attuali;

b5) disciplinare e moralizzare il settore pensionistico stabilendo:

i - il divieto del pagamento di pensioni prima dei 60 anni salvo casi di riconosciita inabilità;

ii - il controllo rigido sulle pensioni di invalidità;

iii - l’eliminazione del fenomeno del cumulo di più pensioni;

b6) dare attuazione agli articoli 39 e 40 della Costituzione regolando la vita dei sindacati

limitando il diritto di sciopero nel senso di:

i - introdurre l’obbligo di preavviso dopo avere espedito il concordato;

ii - escludere i servizi pubblici essenziali (trasporti; dogane; ospedali e cliniche; imposte;

pubbliche amministrazioni in genere) ovvero garantirne il corretto svolgimento;

iii - limitare il diritto di sciopero alle causali economiche ed assicurare comunque la libertà di

lavoro;

b7) nuova legislazione sulla partecipazione dei lavoratori alla proprietà azionaria delle imprese e

sulla cogestione (modello tedesco)

b8) nuova legislazione sull’assetto del territorio (ecologia, difesa del suolo, disciplina delle

acque, rimboschimento, insediamenti umani);

b9) legislazione antimonopolio (modello USA);

b10) nuova legislazione bancaria (modello francese);

b11) riforma della scuola (selezione meritocratica - borse di studio ai non abbienti - scuole di

Stato normale e politecnica sul modello francese);

b12) riforma ospedaliera e sanitaria sul modello tedesco.

c) Stampa - Abolire tutte le provvidenze agevolative dirette a sanare i bilanci deficitari con onere

del pubblico erario ed abolire il monopolio RAI-TV.

Note: Sequestrato a M. Grazia Gelli nel luglio del 1982.

23 maggio 2010

 

 

 

 

2010-05-22

Intercettazioni, finiani contro. "No a fiducia"

"E' tangibile il rischio dell'espatrio delle notizie dall'Italia su giornali e tv straniere". E' l'allarme che Carmelo Briguglio, vicepresidente dei deputati Pdl, lancia in un articolo per 'Generazione Italia'. "Cosa accadrebbe - si chiede l'esponente finiano - se cio' che dovesse essere vietato al Corriere della sera, a Repubblica o ai telegiornali Rai e Mediaset dovesse trovare ampia

ospitalita' su Le Monde, sul Times o sui grandi media internazionali a cominciare dal network di mr. Murdoch? Che faremo dinanzi al fenomeno inedito dell'espatrio della notizia? Grideremo al complotto?".

"Secondo noi - prosegue - va evitato un altro grave errore politico che si chiama voto di fiducia. Lo diciamo con chiarezza e per tempo. La legge sulle intercettazioni, per sua

natura, deve avere un percorso squisitamente parlamentare, tormentato quanto si vuole, ma senza rischio di interventi liquidatori e ultimativi da parte del governo". "Si conceda al Parlamento, all'opposizione ma anche alla maggioranza, alle categorie interessate, ai cittadini tutto il tempo necessario per discutere e trovare mediazioni sul testo. Non e' - osserva - una settimana di dibattito in piu' che puo' vanificare l'esito finale".

"Terza istantanea considerazione. Siamo particolarmente esposti come Paese a particolari attenzioni da parte dell'alleato americano. Putin, Gheddafi e dintorni. Certe nostre relazioni non incontrano il massimo gradimento. La voce critica verso la nuova normativa di un esponente del governo americano in visita in Italia - aggiunge - costituisca motivo di seria riflessione. La legge sulle intercettazioni ha bisogno di altri correttivi. Basta un granello di buon senso. Il Pdl deve adoperarlo".

Il Consiglio dei ministri non ha ancora ipotizzato di ricorrere alla fiducia per l'approvazione del disegno di legge sulle intercettazioni. Lo ha spiegato il ministro delle Riforme e leader della Lega Nord, Umberto Bossi. "È una cosa di cui si parlerà in Cdm - ha spiegato Bossi - fino ad adesso non si è ventilata" l'opzione del ricorso alla fiducia.

Reazioni anche da Bruxelles: "Porteremo il provvedimento sulle intercettazioni davanti agli organismi di controllo europei e sottoporremo la questione nella prossima sessione di lavoro del Parlamento europeo", ha annunciato il vicepresidente vicario del Parlamento europeo, Gianni Pittella

"Il Pd -spiega- solleverà la questione in sede Ue non per processare l'Italia in Europa, ma perchè se verrà approvato si indebolirà drasticamente uno dei più efficaci strumenti in mano agli investigatori e all'opinione pubblica per la lotta internazionale alla criminalità organizzata e al terrorismo, un'eventualità concreta come testimonia la reazione allarmata dell'amministrazione statunitense".

22 maggio 2010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ecco dove sarebbero... Sei personaggi senza intercettazioni

di F.Fornario e S.Salistutti gli articoli dell'autore

Il costruttore, l’imprenditore, il membro dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, il dirigente sportivo e il chirurgo. Tutti personaggi saliti agli onori della cronaca "in virtù" degli scandali seguiti alle recenti inchieste. Cinque nomi eccellenti caduti nella trappola. Sappiamo che cosa dicevano, che cosa pensavano e - soprattutto - che cosa facevano grazie alle telefonate intercettate. Uno strumento fondamentale per ogni investigatore (Ingroia è uno di questi) che il decreto vorrebbe depotenziare. Abbiamo provato a immaginare dove sarebbero ora i nostri "eroi" se non ci fossero state quelle intercettazioni.

Diego Anemone a un festino megagalattico

L’incontro con l’Imperatore Supremo della Protezione Civile Spa Guido Bertolaso e un pool di esperti composto da Angelo Balducci, un fotomodello vestito da cardinale (o viceversa) e Tila Tequila si svolge nella sede istituzionale della Protezione Civile Spa: il Salaria Sport Village. Ad Anemone stato assegnato l’appalto per la costruzione di un’opera architettonica per proteggere gli abitanti della città dell’Aquila, tuttora zona ad alto rischio: uno scudo contro l’invasione degli alieni.

Antonio Ingroia in Paradiso

Il Pm, ucciso nell’attentato organizzato dal boss Raccuglia, trascorre le sue giornate affacciato su una nuvola, intento a osservare la Sicilia. Dall’alto, vede perfettamente dove si nascondono Riina e Provenzano - ancora liberi - e tenta di avvisare il colonnello Mori apparendogli in sogno. Mori però, si rivela un fan di Sigmund Freud e interpreta il sogno come invidia del pene. Ingroia si dispera perché Provenzano, accortosi che nessuno lo viene a cercare, è sempre meno cauto nella scelta dei nascondigli: stamattina era nella sauna della casa del Grande Fratello.

Luciano Moggi a Madrid

Prepara la finale di Champions contro l’Inter, dopo aver festeggiato con i dirigenti Federcalcio i 7.502 scudetti vinti dalla Juve. Tutti quest’anno. L’ultimo, con un gol di mano di Del Piero che ha segnato facendo un bagher. "Ma quella è pallavolo". "Può essere lo sport che ti pare" ha replicato l’arbitro intascando 5.000 euro. Calciopoli non è mai esistita, ma i tifosi sospettano qualcosa: non tanto perché nell’ultima partita la Juve ha segnato due gol, quanto perché li ha segnati contemporaneamente. Uno, di Del Piero, su passaggio dell’arbitro.

Stefano Ricucci al telefono con Steve Jobs

"A Steveee!". "Hallo?". "Ste’, so’ Ricucci, er best financial boy der quartierino". "Sorry sir, this is the wrong number... ". "Vengo subbito ar dunque. Io te vojo scala’!". "What the fuck... ". "Io ho già scalato er Corriere della Sera, che mo ’nfatti se chiama er Corriere dell’Happy Hour, e mo scalo la Apple. Ma ’ndo vai co ’sta mela morsicata che fa ’na tristezza... Ma famo la Jobs&Ricucci corporescion! Ar posto de la mela ce mettemo ’na porchetta. Famo the iPork, iPig, come se dice... ’n aggeggio che ce stanno dentro du’ mijardi de canzoni e in più è unto".

Giancarlo Innocenzi dall’otorino

Il membro dell’Agcom è stato operato questa mattina per una perforazione del timpano. La lesione, spiega il primario dell’ospedale San Vito Ciancimino, è stata provocata dall’eccessiva esposizione al telefono cellulare. Innocenzi trascorre al telefono 18 ore al giorno: Berlusconi lo chiama di continuo per chiedergli di trovare un pretesto per chiudere Annozero . Risvegliatosi dall’anestesia, Innocenzi ha chiesto un telefono per chiamare un suo amico che lavora all’Ufficio di Igiene: vuole chiudere Annozero dopo un’ispezione ai baffi di Ruotolo.

Francesco Paolo Pipitone in sala operatoria

Il chirurgo della clinica Santa Rita sta impiantando un terzo polmone a una signora di Vimercate che non l’aveva chiesto: "Ma le fa bene, potrà andare sott’acqua senza bombole e prendere più fiato quando guarderà la mia parcella". Ad oggi, Pipitone ha installato 4000 polmoni e 200 fegati, tutti in pazienti che non se ne sono accorti (tranne quello a cui ha impiantato anche una coda). Adesso sta tentando di convincere un uomo che sua madre può essere salvata solo impiantandole un pene. Come sopravvive ai sensi di colpa? Si è fatto asportare l’anima.

22 maggio 2010

 

 

 

 

2010-05-21

l Popolo della Rete in piazza imbavagliato

Di fronte alla norme del centrodestra sulle intercettazioni "per l'opposizione è doverosa ogni pratica ostruzionistica". Lo dice Pier Luigi Bersani all'assemblea del Pd intervenendo sulla discussa norma voluta dal governo. "La giusta esigenza di eliminare l'abuso delle intercettazioni e la loro conseguente diffusione, si sta ribaltando in norme che danneggiano gravemente le indagini e - sottolinea Bersani - mettono un bavaglio all'informazione sconosciuto a ogni Paese democratico".

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VIDEO-INTERVISTA a Franco Siddi

Intanto in piazza Montecitorio si raduna il popolo del web. "No alla riforma delle intercettazioni che mette il bavaglio alla stampa e le manette alla magistratura licenziata dalla Commissione Giustizia del Senato". Il 'popolo delle rete' torna in piazza con sit-in e "speaker's corner" contro le nuove norme sulle intercettazioni, all'esame del Senato. L'appuntamento è davanti a Montecitorio a Roma. Ma altre manifestazioni si sono svolte a Napoli e in altre città.

"I cittadini italiani non vogliono la censura che scaturirebbe da questa norma. Parmalat, i fatti di Genova e tante altre inchieste esplose in questi anni sarebbero passate senza nessuna informazione se il ddl intercettazioni fosse già stato in vigore", denunciano gli organizzatori "Ma soprattutto per noi - popolo della rete - con le nuove norme verrebbe di fatto impedito di diffondere le libere informazioni come facciamo da quando abbiamo scoperto che il web è anche uno spazio di libera circolazione delle notizie".

In piazza anche l'ex garante per la privacy, Stefano Rodotà: "Quello che sta accadendo è un cambiamento di regime. Si sta toccando l'articolo 21 della Costituzione" mentre "la Corte europea dei diritti dell'uomo ha fatto sentenze che se fossero legge dovrebbero far vergognare chi ha scritto questa legge. Conoscere per deliberare, diceva Einaudi. Questa -sottolinea l'ex garante- è la democrazia". "Ritengo -spiega ai cronisti Rodotà- che sia possibile tutelare la privacy delle persone non implicate nelle indagini senza arrivare a queste conclusioni". "Quando si attacca la possibilità di informazione dei cittadini -conclude- si tocca uno dei cardini della democrazia".

Ancora più dura Anna Finocchiaro, presidente dei senatori del Pd, a margine dell'assemblea nazionale dei democratici. Quando arriverà in aula "faremo di tutto perché il ddl sulle intercettazioni, nel testo attuale, non venga approvato. E quando dico di tutto vuol dire che useremo ogni strumento che abbiamo a nostra disposizione e anche forme non ortodosse di protesta". Poi invita "i senatori della maggioranza a ragionare su questo provvedimento e non a dire soltanto sì, sì". Per la capogruppo questo ddl "lede il diritto all'informazione" e ha "un effetto di censura" che "non è accetabile in un paese democratico".

All'appello contro la "legge bavaglio" sulle intercettazioni hanno già aderito quasi 120.000 persone, gruppi, sindacati e associazioni e hanno dato il loro sostegno i costituzionalisti Valerio Onida, Gaetano Azzariti, Lorenza Carlassare, Mario Dogliani, molti giornalisti, editori come Giuseppe Laterza e Lorenzo Fazio di Chiarelettere, le associazioni Articolo 21, Free Hardware Foundation, Il Popolo Viola, Valigia Blu, Festival Internazionale del Giornalismo, i sindacati Usigrai, Unione degli Studenti, e poi Current Tv, Wikimedia Italia, Boicotta il Biscione e tantissimi altri. "Chiediamo a tutti di partecipare imbavagliati" al sit in di oggi, dove sarà allestito uno speaker's corner dal quale "ciascuno potrà manifestare il proprio dissenso".

21 maggio 2010

 

 

 

 

La Busi si ribella a Minzo: "Non condurrò più il Tg1"

Maria Luisa Busi rinuncia alla conduzione del Tg1. Lo scrive lei stessa in una lettera che - a quanto si apprende - ha affisso stamattina nella bacheca della redazione. Tre cartelle e mezzo per spiegare che non si riconosce piu' nella testata, e per dire che come un giornalista ha come unico strumento per decidere di difendere le sue prerogative professionali, ovvero togliere la propria firma, un conduttore puo' solo togliere la sua faccia. Cosi' ha deciso di fare lei e abbandona la conduzione del Tg1 delle 20. La decisione arriva dopo una serie di scontri con il direttore della testata Augusto Minzolini.

Il direttore del Tg1 spiega la propria versione del caso sollevato dalla conduttrice. "In realtà, nell'ambito della rinnovamento del telegiornale, nei giorni scorsi - spiega Minzolini interpellato telefonicamente - avevo ragionato con la direzione dell'ufficio del personale sulla mia intenzione di spostare la Busi al tg delle 13. Del rinnovamento, infatti, oltre alla sigla, allo studio e al nuovo sito, deve far parte anche la scelta di un nuovo volto".

Minzolini si "arrabbia" quando gli chiedono se sia in atto una 'epurazione' nel Tg della rete ammiraglia: "Ma quale epurazione, ma quale epurator, non sopporto questa storia. Sotto la mia direzione sono stati assunti diciotto precari, ho mantenuto tutti i capiredattori, ma di che parliamo?".

A chi gli fa notare che Busi si 'dimette' dalla direzione perché non condivide la linea della testata, Minzolini replica: "Se ha questa convinzione, è giusto che abbia preso questa decisione. Se non si riconosce, ha fatto bene. Ma sono motivazioni che non condivido".

il SOLE 24 ORE

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http://www.ilsole24ore.com/

2010-05-26

Napolitano da Obama auspica un'Europa più unita

Cronologia articolo25 maggio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 25 maggio 2010 alle ore 22:36.

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"Un incontro molto cordiale". Così uno dei partecipanti ha definito il colloquio alla Casa Bianca tra Giorgio Napolitano e Barack Obama. Quarantacinque minuti di faccia a faccia nello studio Ovale, con loro il ministro degli esteri Franco Frattini e l'ambasciatore d'Italia a Washington Giulio Terzi.

Gli Stati Uniti sono interessati "a che ci sia un'Europa sempre più unita e assertiva", ha riferito il presidente della Repubblica, che ha raccontato di aver messo in luce come l'Unione europea "stia conoscendo una crisi seria sulla spinta della crisi di solvibilità del debito pubblico greco". Ma l'euro - ha sottolineato - "non è a rischio né lo è la costituzione dell'Europa, a patto che vi sia un balzo in avanti sulla via dell'integrazione, della disciplina di bilancio, di più politiche economiche comuni e più risorse per il bilancio europeo".

Barack Obama, secondo quanto riportato da Napolitano "ha confermato l'interesse degli Stati Uniti per una Europa sempre più unita". E il fatto che il maturare di rapporti diplomatici "necessitati" con attori politici di altre aree del globo non avvenga "a discapito delle relazioni transatlantiche".

Il presidente Usa ha ricordato i caduti italiani in Afghanistan e in particolare gli ultimi due, esprimendo sentimenti di cordoglio ai familiari delle vittime e di apprezzamento per il contributo italiano, ha riferito Napolitano. "L'ho ringraziato - ha raccontato il presidente della Repubblica - ed ho aggiunto che in Italia dopo queste gravi perdite non c'è stata speculazione politica nè è stata rimessa in discussione la partecipazione alla missione".

Napolitano ha portato ad Obama "sentimenti di amicizia e di affetto da parte di Silvio Berlusconi. E lo stesso ha fatto Obama con me, chiedendomi di ricambiare gli stessi sentimenti nei confronti del presidente del Consiglio". E ha poi invitato personalmente il presidente Usa a partecipare ad una delle manifestazioni per il centocinquantenario dell'Unità d'Italia.

Nella conferenza stampa dopo l'incontro, Giorgio Napolitano ha risposto alle domande dei giornalisti sulla manovra appena varata dal governo. "Sono convinto che sia oggettivamente necessaria per la riduzione del rapporto deficit-pil del 3% entro il 2012", ha detto il presidente della Repubblica. E ha aggiunto un auspicio: "Più sarà equa socialmente più sarà condivisa".

L'Italia intanto sta individuando altri due nomi di terroristi che, da Guantanamo, verranno accolti nel nostro Paese. Lo ha annunciato Franco Frattini, dicendo di essersi "espresso in termini positivi". Il ministro degli Esteri ne ha discusso nel corso dell'incontro a Washington con il consigliere per la sicurezza nazionale James Jones. Della questione Roma e Washington avevano parlato alcune settimane fa. Ancora non sono stati definti i tempi dell'operazione.

 

 

 

2010-05-25

Direttori in campo: "Legge pericolosa per la democrazia"

di Riccardo FerrazzaCronologia articolo25 maggio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 25 maggio 2010 alle ore 08:06.

ROMA - Il direttore dell'Unità d'accordo con quello del Giornale, Il Secolo d'Italia sulla stessa linea del Manifesto. È il "miracolo" compiuto dal ddl intercettazioni in discussione al Senato: un testo sul quale i direttori di una trentina di testate – quotidiani, agenzie di stampa e tv di orientamento, storia e peso diverso – hanno espresso la propria contrarietà in un incontro promosso dalla Federazione nazionale della stampa con interventi in videoconferenza dalla Sala Tobagi della Fnsi a Roma e dal Circolo della stampa d Milano. La "norma bavaglio" va fermata: è questa la posizione assunta da tutti i partecipanti alla conferenza che si è conclusa con la sottoscrizione di un documento comune.

Ferruccio de Bortoli, direttore del Corriere della sera, ha parlato di un "ddl pericoloso per la democrazia e non solo per la categoria dei giornalisti. Scongiurare gli abusi della professione è giusto, ma esprimere fastidio della libera stampa deve preoccupare". De Bortoli ha poi sottolineato un aspetto più volte ripreso negli interventi dei suoi colleghi: "Non è una battaglia corporativa, riguarda anche lo stato di salute della stampa del nostro Paese e anche dell'opinione pubblica, che è l'architrave dello stato".

Il ddl introduce elementi "irrazionali e irragionevoli, cozza contro il principio della libertà di stampa" ha detto il direttore di Repubblica Ezio Mauro. "C'è il sospetto – ha aggiunto – che si voglia interrompere il circuito dell'informazione e del diritto ad essere informati e il dovere di informare". Per questo il quotidiano di largo Fochetti farà di "tutto per fare il nostro dovere, nessun atto di eroismo ma il dovere. Però prima bisogna fermare questa legge che cozza contro il diritto fondamentale di essere informati e di esercitare il diritto di cittadinanza". Proprio da Mauro è arrivata la proposta di "pubblicare tutti insieme uno stesso testo" di denuncia. Una "battaglia contro una legge nata male" alla quale aderisce anche Il Sole 24 Ore. Il vicedirettore Alberto Orioli ha letto il messaggio in cui il direttore Gianni Riotta ha espresso la convinzione che un equilibrio tra le istanze in campo – il rispetto della privacy dei cittadini, il diritto e dovere delle forze dell'ordine e della magistratura di indagare contro la criminalità organizzata e quello dell'informazione di contribuire alla creazione di una sfera dell'opinione pubblica critica, fondamento di ogni democrazia – è possibile.

Allineate sulle stesse posizioni anche testate più orientate all'informazione politica, abituate a darsi battaglia reciproca: Il Giornale e Il Manifesto, L'Unità e Il Tempo. Norma Rangeri (Manifesto) chiede di "mettere in campo iniziative comuni uscendo con un elemento unificante tra i diversi giornali". "Speriamo che tutt'insieme si faccia una bella battaglia" è l'auspicio di Vittorio Feltri. Per il direttore del Giornale siamo di fronte a "un contenuto intimidatorio teso a non farci svolgere il lavoro che abitualmente facciamo". Per Feltri, inoltre, il diritto alla privacy è "sacrosanto" ma per tutelarlo basterebbe imporre ai pm di trattare solo le intercettazioni con rilevanza penale e distruggere tutto il resto".

"Il ddl contiene divieti, censure preventive, è inaccettabile. I testi proposti dal legislatore sono inaccettabili" riasume per tutti Franco Siddi, segretario della Fnsi che invita il Parlamento "a compiere uno sforzo vero per trovare equilibrio che non travolga la verità dei fatti, di vita del paese, di informazione libera". Se il passo indietro non ci arrivasse, la federazione della stampa conferma l'intenzione di ricorrere alla Corte europea di giustizia: "I nostri legali stanno già lavorando a questo". La Fieg (la federazione degli editori), ieri presente con il presidente Carlo Malinconico, ha ribadito la propria "contrarietà e preoccupazione", mentre la prossima settimana è in programma una riunione di tutte le forze sociali coinvolte nella questione.

 

 

 

 

Intercettazioni, scontro sulla fiducia

di Luca OstellinoCronologia articolo23 maggio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 23 maggio 2010 alle ore 08:10.

ROMA - Nonostante l'impegno del presidente Renato Schifani affinché in Senato si possa realizzare il più ampio consenso possibile su provvedimenti "così delicati", sul ddl Alfano sulle intercettazioni, in discussione in commissione Giustizia, è sempre muro contro muro. La possibilità che a Palazzo Madama l'aspro confronto sul testo si possa concludere con il ricorso al voto di fiducia, ipotesi non esclusa in ambienti del Pdl, sta ulteriormente radicalizzando lo scontro tra maggioranza e opposizioni e rischia di aprire nuove crepe nello stesso partito del premier. I finiani sono infatti contrarissimi alla fiducia, soluzione che anche il Quirinale non vede affatto di buon occhio.

Mentre Umberto Bossi getta acqua sul fuoco, assicurando che, per ora, in Consiglio dei ministri l'ipotesi di ricorso alla fiducia "non è stata ventilata" (e ribadendo che "finché la Lega tiene il governo non cadrà"), ieri un monito, seppure indiretto, contro questa soluzione, è arrivato proprio dal capo dello Stato. Nella lettera che contiene i "rilievi" con cui ha promulgato il decreto legge incentivi, Giorgio Napolitano sottolinea di aver avuto modo di rilevare, più volte e in diverse sedi, che "in presenza di una marcata eterogeneità dei testi legislativi e della frequente approvazione degli stessi mediante ricorso alla fiducia, si realizza una pesante compressione del ruolo del Parlamento". Il messaggio al governo appare chiaro, in particolare di fronte a un provvedimento contro cui è schierata non solo l'opposizione, ma anche la magistratura e il mondo dell'informazione e che, al di là di smentite e precisazioni, sembra aver fatto nascere qualche perplessità anche nell'amministrazione Usa.

L'auspicio è che il ddl possa essere ancora "corretto" durante il suo iter parlamentare e che il governo non si trinceri dietro l'attuale testo, giudicandolo non emendabile. Una linea condivisa pienamente da Gianfranco Fini. Il presidente della Camera è convinto della necessità di una legge che regolamenti l'uso e contrasti l'abuso delle intercettazioni, ma è altrettanto certo che il testo che verrà approvato dal Parlamento sarà diverso da quello attuale. Cautela, in ogni caso, sul testo in discussione al Senato: "Non si può giudicare un provvedimento prima che sia discusso e licenziato dall'Aula. Sono certo che alla fine verrà emendato e in ogni caso è previsto un passaggio a Montecitorio. Quella legge viene fuori da un lavoro di grande perizia di Ghedini e Bongiorno". E sul lavoro di "rifinitura" di quest'ultima, presidente della commissione Giustizia della Camera, non sono pochi a contare, per potere alla fine approvare una disciplina delle intercettazioni, se non ampiamente condivisa, quantomeno non contrastata come quella attualmente in esame. Fini non nasconde comunque che "le intercettazioni telefoniche sono state oggetto di abusi nel recente passato" e che questo rappresenta "un problema, una questione di diritto e di tutela della dignità personale". L'ex leader di An esclude inoltre ogni sorta di "blitz" finiani a Montecitorio o di guerriglia parlamentare.

Di certo, mentre l'esame del testo riprende lunedì al Senato in commissione giustizia, appare fin d'ora chiaro che i finiani si opporranno a ogni ipotesi di blindatura del testo. Porre la fiducia sarebbe "un grave errore politico", spiega Carmelo Briguglio. "Lo diciamo chiaramente e per tempo. La legge sulle intercettazioni, per sua natura, deve avere un percorso squisitamente parlamentare, tormentato quanto si vuole, ma senza rischio di interventi liquidatori e ultimativi da parte del governo. Si conceda al Parlamento, all'opposizione ma anche alla maggioranza, alle categorie interessate, ai cittadini tutto il tempo necessario per discutere e trovare mediazioni sul testo", aggiunge l'esponenente finiano.

Opposizione a oltranza, intanto, da Idv e Pd. Quest'ultimo intende portare il provvedimento davanti agli organi di controllo europei. Se l'Udc, con Pier Ferdinando Casini, chiede alla maggioranza di "fermarsi", anche l'Mpa, che conta tre senatori, minaccia di non votare il testo se non verrà modificato, fiducia o no.

 

 

 

 

 

 

Sono 24mila i nomi rubati nella filiale svizzera di Hsbc

di Lino TerlizziCronologia articolo12 marzo 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 23 maggio 2010 alle ore 20:42.

BERNA - Sono 24mila i nomi dei clienti sottratti da un ex dipendente alla filiale svizzera del gruppo bancario britannico Hsbc. Un numero di molto superiore, quindi, alle cifre circolate sin qui. A precisare l'entità reale del furto di dati, attuato circa tre anni fa ed emerso nei mesi scorsi, è stata ieri la stessa Hsbc Private Banking di Ginevra, con le dichiarazioni del suo Ceo, Alexandre Zeller.

I clienti della banca coinvolti sono 15mila, ma a questi bisogna aggiungerne altri 9mila che nel frattempo hanno lasciato la Hsbc. In tutto 24mila persone, appunto, non tutti francesi.

Precisazione necessaria, quest'ultima, visto che le autorità di Parigi sono state tra i protagonisti della vicenda. Perché l'autore della sottrazione, l'ex dipendente Hsbc Hervé Falciani, ha fatto avere al fisco francese molti dati, come si è saputo nel dicembre scorso. La banca aveva parlato di pochi nomi, Parigi aveva invece parlato di 3mila nomi di contribuenti francesi. Falciani, che ora vive in Francia, ha negato di aver ricevuto danaro per i dati.

Zeller ha presentato "le scuse a tutti i clienti che potrebbero veder minacciata la loro sfera privata", ha assicurato che Hsbc li contatterà e che comunque l'istituto ha investito 100 milioni di franchi per cambiare i suoi sistemi informatici. La Hsbc di Ginevra ha chiuso in utile il 2009, ma ha dovuto far fronte a un deflusso netto di capitali per 4,1 miliardi di franchi.

Ma come mai la banca solo ora fornisce informazioni precise sui dati sottratti? L'istituto si è giustificato affermando di aver avuto copia dei dati rubati solo all'inizio di questo mese, dalle autorità svizzere. Queste ultime a loro volta sono rientrate pienamente in possesso dei dati solo dopo l'accordo fatto a fine gennaio con le autorità francesi, che li avevano avuti in precedenza.

 

Le autorità elvetiche hanno precisato che non presteranno alcuna assistenza amministrativa per richieste giunte sulla base di questi dati rubati. Le autorità francesi hanno affermato a loro volta che i documenti in loro possesso "non saranno utilizzati in modo inappropriato".

Il caso, in ogni modo, resta clamoroso ed è chiaro che contribuisce ad aumentare la pressione già esistente sul segreto bancario svizzero, da più parti attaccato. Le autorità tedesche, tra l'altro, hanno affermato di voler acquistare dati sottratti da un ex dipendente (Falciani ha smentito di essere ancora lui) a una non precisata banca svizzera. La Finma, l'autorità elvetica di sorveglianza sui mercati finanziari, ha intanto reso noto ieri di aver aperto un procedimento amministrativo formale su Hsbc, per stabilire come si sia verificata una falla di questa portata e per accertare se l'istituto abbia preso le misure tecniche e organizzative ritenute necessarie in Svizzera.

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Nel caso Hsbc spunta il riciclaggio

Cronologia articolo16 aprile 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 23 maggio 2010 alle ore 20:40.

Non c'è solo evasione fiscale nel mirino dei procuratori francesi e italiani che lavorano sul data base di correntisti della filiale svizzera della banca Hsbc. Il procuratore di Nizza, Eric de Montgolfier, ha precisato che almeno una trentina di persone potrebbero essere indagate per riciclaggio di beni di origine sospetta. L'inchiesta francese è tutt'altro che chiusa e si sta lavorando alla ricostruzione dei 127mila conti sottratti dall'ex dipendente della filiale svizzera Hervè Falciani. Un passaggio chiave che consentirà di sbloccare l'invio della lista alla procura di Torino con i 7.094 conti riconducibili a cittadini italiani.

Intanto ieri la Guardia di finanza, con il Comandante generale Cosimo D'Arrigo, e Alcohol and tobacco tax and trade bureau (ttb) del dipartimento del tesoro degli Stati uniti hanno sottoscritto a Washington Dc l'intesa sul contrasto agli illeciti in materia di contrabbando di alcol e tabacco.

 

 

 

Maxi-conti nella lista Hsbc

di Marco Bellinazzo e Marco MobiliCronologia articolo20 maggio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 23 maggio 2010 alle ore 20:35.

Accanto a depositi con poche migliaia di euro ci sono veri e propri "tesoretti" con decine di milioni, tra i conti correnti e le gestioni patrimoniali della lista Hsbc su cui la Guardia di Finanza sta indagando. L'ipotesi investigativa è che nel caveau della filiale di Ginevra dell'istituto inglese siano finite somme nascoste al Fisco italiano, frutto di operazioni di riciclaggio.

 

L'elenco sottratto dall'ex dipendente, l'informatico Hervé Falciani, è stato consegnato nelle mani della Guardia di Finanza dalle autorità francesi nell'ambito della collaborazione fra le polizie dei paesi Ocse contro i paradisi fiscali. Ieri i documenti sono giunti fisicamente in Italia con un volo atterrato nel pomeriggio all'aeroporto di Ciampino. "Il file elettronico ci è stato consegnato dall'amministrazione, nel rispetto della direttiva europea sulla mutua assistenza in materia di accertamento sulle imposte sui redditi", ha precisato a Radiocor il generale Giuseppe Vicanolo, Capo del III Reparto Operazioni del Comando generale della GdF.

A breve, quindi, il fascicolo potrebbe essere trasmesso anche alla Procura di Torino. Il procuratore Giancarlo Caselli, infatti, all'inizio di aprile, quando sono trapelate le prime notizie sull'esistenza della lista Falciani, ha chiesto di conoscerne il contenuto al procuratore di Nizza, Éric de Montgolfier, che sta indagando sul versante francese, attraverso una formale rogatoria (si veda Il Sole 24 Ore del 15 aprile).

 

La lista Falciani è composta da oltre 127mila conti correnti, riconducibili a 80mila persone residenti in 180 Stati diversi. Sono molti i casi, quindi, di persone titolari di più conti correnti. Tra questi oltre 7mila sarebbero riconducibili a contribuenti italiani (persone fisiche e società).

 

Dallo screening preliminare della Guardia di Finanza è emerso, però, che in molti casi si tratta di depositi cifrati che, quindi, dovranno essere decriptati attraverso un lavoro di intelligence, per individuare le posizioni realmente sospette.

 

Dall'elenco dei potenziali evasori o presunti riciclatori dovranno essere stralciati, anzitutto, coloro che dimostreranno la "ragionevolezza" dei depositi in Svizzera. Inoltre, dovranno essere esaminate a parte le situazioni dei contribuenti che entro lo scorso 30 aprile hanno aderito allo scudo fiscale. Chi ha aderito alla sanatoria, come ha spiegato ieri con una nota l'ufficio studi del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, "rispetto a eventuali indagini che si avviassero ora si troverebbe in una situazione di non sanzionabilità". Mentre per chi non ha aderito allo scudo, se attraverso la lista venissero scoperti beni evasi, "si renderebbero applicabili le nuove disposizioni per effetto delle quali questi patrimoni si presumono, fino a prova contraria, frutto di evasione". Con sanzioni salate che arrivano fino al 100% dell'importo evaso. Sul fronte penale, poi, si rischia l'arresto nel caso in cui l'evasione superi i 75mila euro. In ogni caso, spetterà ai pubblici ministeri competenti verificare l'esistenza di reati non ricompresi nella griglia degli illeciti finanziari coperti dalla regolarizzazione dei capitali detenuti all'estero.

 

 

 

Maxi-conti nella lista Hsbc

di Marco Bellinazzo e Marco MobiliCronologia articolo20 maggio 2010

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Questo articolo è stato pubblicato il 23 maggio 2010 alle ore 20:35.

Accanto a depositi con poche migliaia di euro ci sono veri e propri "tesoretti" con decine di milioni, tra i conti correnti e le gestioni patrimoniali della lista Hsbc su cui la Guardia di Finanza sta indagando. L'ipotesi investigativa è che nel caveau della filiale di Ginevra dell'istituto inglese siano finite somme nascoste al Fisco italiano, frutto di operazioni di riciclaggio.

 

L'elenco sottratto dall'ex dipendente, l'informatico Hervé Falciani, è stato consegnato nelle mani della Guardia di Finanza dalle autorità francesi nell'ambito della collaborazione fra le polizie dei paesi Ocse contro i paradisi fiscali. Ieri i documenti sono giunti fisicamente in Italia con un volo atterrato nel pomeriggio all'aeroporto di Ciampino. "Il file elettronico ci è stato consegnato dall'amministrazione, nel rispetto della direttiva europea sulla mutua assistenza in materia di accertamento sulle imposte sui redditi", ha precisato a Radiocor il generale Giuseppe Vicanolo, Capo del III Reparto Operazioni del Comando generale della GdF.

A breve, quindi, il fascicolo potrebbe essere trasmesso anche alla Procura di Torino. Il procuratore Giancarlo Caselli, infatti, all'inizio di aprile, quando sono trapelate le prime notizie sull'esistenza della lista Falciani, ha chiesto di conoscerne il contenuto al procuratore di Nizza, Éric de Montgolfier, che sta indagando sul versante francese, attraverso una formale rogatoria (si veda Il Sole 24 Ore del 15 aprile).

 

La lista Falciani è composta da oltre 127mila conti correnti, riconducibili a 80mila persone residenti in 180 Stati diversi. Sono molti i casi, quindi, di persone titolari di più conti correnti. Tra questi oltre 7mila sarebbero riconducibili a contribuenti italiani (persone fisiche e società).

 

Dallo screening preliminare della Guardia di Finanza è emerso, però, che in molti casi si tratta di depositi cifrati che, quindi, dovranno essere decriptati attraverso un lavoro di intelligence, per individuare le posizioni realmente sospette.

 

Dall'elenco dei potenziali evasori o presunti riciclatori dovranno essere stralciati, anzitutto, coloro che dimostreranno la "ragionevolezza" dei depositi in Svizzera. Inoltre, dovranno essere esaminate a parte le situazioni dei contribuenti che entro lo scorso 30 aprile hanno aderito allo scudo fiscale. Chi ha aderito alla sanatoria, come ha spiegato ieri con una nota l'ufficio studi del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, "rispetto a eventuali indagini che si avviassero ora si troverebbe in una situazione di non sanzionabilità". Mentre per chi non ha aderito allo scudo, se attraverso la lista venissero scoperti beni evasi, "si renderebbero applicabili le nuove disposizioni per effetto delle quali questi patrimoni si presumono, fino a prova contraria, frutto di evasione". Con sanzioni salate che arrivano fino al 100% dell'importo evaso. Sul fronte penale, poi, si rischia l'arresto nel caso in cui l'evasione superi i 75mila euro. In ogni caso, spetterà ai pubblici ministeri competenti verificare l'esistenza di reati non ricompresi nella griglia degli illeciti finanziari coperti dalla regolarizzazione dei capitali detenuti all'estero.

 

 

 

 

 

2010-05-23

Grasso: "Difenderemo l'indipendenza dei magistrati"

Cronologia articolo23 maggio 2010Commenti (1)

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Questo articolo è stato pubblicato il 23 maggio 2010 alle ore 15:12.

"Difenderemo il valore dell'indipendenza e dell'autonomia della magistratura dal potere esecutivo". L'intervento del procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, al convegno organizzato per il 18esimo anniversario della strage di Capaci ha suscitato l'applauso dei giovani presenti nell'aula bunker dell'Ucciardone. "L'indipendenza della magistratura - ha aggiunto - non è un privilegio di casta. Crediamo ancora che in Italia si possano riuscire a processare anche i 'colletti bianchì e i corruttori di chi ricopre pubbliche funzioni".

"La verità deve essere cercata ovunque. Magari bisogna farlo con maggiore silenzio per ottenere risultati migliori - ha poi detto Grasso commentando i nuovi risvolti che nelle scorse settimane hanno visto la Procura di Caltanissetta riaprire le indagini sul fallito attentato dell'Addaura. Si deve evitare "di identificare lo Stato con personaggi infedeli. Infedeli - ha detto - ce ne sono anche nella magistratura. Ma quello non è lo Stato per cui sono morti Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che rappresentano un patrimonio che non possiamo disperdere, e che oggi ricordiamo".

Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in una lettera inviata a Maria Falcone, sorella del giudice, e letta durante il convegno, ha scritto: "Diamo il massimo sostegno alle indagini che cercano di chiarire gli aspetti ancora oscuri delle stragi. È necessario sgomberare il campo da ogni equivoco rimasto in quegli eventi".

 

 

 

 

2010-05-21

 

Intercettazioni: secondo voi occorre limitarne l’uso?

La Commissione Giustizia del Senato sta lavorando al ddl sulle intercettazioni telefoniche. Sono all’esame le norme che ne regolerebbero l’uso da parte dei magistrati nelle inchieste e l’eventuale pubblicazione del loro contenuto. È unanime la critica mossa al testo in esame al Senato da parte dei giornali italiani, che ritengono verrebbe ridotta la possibilità delle procure di indagare e degli italiani di essere informati sulle inchieste in corso: ultima in ordine di tempo quella che ha portato alle dimissioni del ministro Scajola. Chi invece sostiene la necessità di limitare l’uso e la pubblicazione delle intercettazioni telefoniche, difende innanzitutto il diritto alla privacy dei protagonisti delle inchieste.

Voi pensate che occorre limitare l’uso delle intercettazioni telefoniche?

Dati della pg. Sito alle ore 23,30 del 2010-05-21

http://www.radio24.ilsole24ore.com/main.php?articolo=risultato-sondaggio1

Risultati sondaggio

Bianco o nero

Ecco i risultati aggiornati:

SI : 19%

NO : 81%

 

 

 

 

 

Usa: "Le intercettazioni in Italia

essenziali per le indagini di mafia"

di Nicoletta Cottone

21 maggio 2010

Dimostrazione a Roma (foto LaPresse)

ROMA. Per l'amministrazione Obama le intercettazioni telefoniche sono uno "strumento essenziale delle indagini" che non va indebolito.Gli Stati Uniti auspicano che le nuove norme in discussione in Italia sulle intercettazioni non compromettano "l'ottimo lavoro" che fino a oggi hanno saputo svolgere i magistrati italiani.

A dirlo il sottosegretario al Dipartimento di Giustizia degli Usa con delega alla criminalità organizzata internazionale, Lanny A. Breuer, nel corso di una conferenza stampa all'ambasciata americana a Roma."Quello che non vorremmo mai è che succeda qualcosa che impedisca ai magistrati italiani di continuare a fare l'ottimo lavoro svolto finora", ha sottolineato il funzionario americano. "Avete ottimi magistrati e ottimi investigatori. La legislazione finora in vigore in Italia è stata molto efficace", ha detto Breuer. "L'Italia ha fatto dei grandi progressi nelle indagini e nel perseguimento dei gruppi mafiosi operanti entro i suoi confini", ha sottolineato il sottosegretario, precisando di "essere consapevole che possiamo e dobbiamo fare di più". Comunque, ha precisato Breuer, "non spetta a me entrare nel merito di decisioni politiche o giudiziarie riguardanti l'Italia".

Alfano: "Piena intesa con gli Usa, nessun bavaglio all'informazione".

Nessun bavaglio all'informazione con la nuova normativa sulle intercettazioni in discussione in Parlamento, assicura il ministro della Giustizia Angelino Alfano. "É garantito il diritto a una informazione ufficiale e trasparente - spiega Alfano -, e non il diritto all'acquisizione e divulgazione illecita di atti riservati". Poi, commentando le dichiarazioni di Lanny Breuer ha sottolineato che "lo stato della collaborazione giudiziaria e tra le forze dell'ordine italiane e statunitensi nella lotta alla criminalità organizzata é eccellente, le relazioni sono fruttuose, intense e improntate alla massima amicizia e collaborazione". Alfano ha detto che, come confermato da una successiva nota stampa dell'ambasciata americana a Roma, l'esponente Usa non ha inteso in alcun modo entrare in valutazioni di merito sulla legislazione italiana in materia di intercettazioni che ha esplicitamente dichiarato di "non conoscere". Alfano ha detto che "c'è piena intesa con Washington su modalità e obiettivi della cooperazione contro il crimine organizzato. Il ddl intercettazioni "restituisce pari dignità al diritto alla riservatezza, al diritto di cronaca e al diritto-dovere di indagine".

Il relatore del ddl, Centaro: "Avanti anche con la fiducia". Non ci saranno ulteriori rallentamenti nell'iter parlamentare del ddl sulle intercettazioni che ora "deve proseguire il suo esame in Senato e poi andare alla Camera" ma che "io credo debba restare come è", facendo "anche il governo ricorso alla sua facoltà di proporre voti di fiducia sia al Senato che alla Camera" a difesa di un testo che è l'esecutivo ad aver promosso. Lo ha detto Roberto Centaro, relatore Pdl del provvedimento in commissione Giustizia di Palazzo Madama, dopo un incontro con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.

La maggioranza si interroga sul testo.Intanto dopo la frenata di ieri del governo su carcere e multe ai giornalisti che pubblicano atti giudiziari o intercettazioni, la maggioranza si interroga. Ai finiani piacciono poco le modifiche introdotte al Senato, il presidente della commissione Giustizia del Senato, Filippo Berselli, promette un ammorbidimento della sanzione minima per gli editori a quota 25.800 euro (ora 64.500), lasciando però immutato il tetto massimo a 465mila euro. Il capo dello Stato attende, anche se al Quirinale si spera di poter evitare un nuovo braccio di ferro con il premier. Immediata la replica della senatrice del Pd Anna Finocchiaro: "Non ho molti commenti politici da fare. Dico solo: quando la ragione cede, prevale la forza".

Frattini: "Questa barbarie deve finire". Prende una netta posizione il ministro degli Esteri, Franco Frattini. "Tanti italiani hanno sofferto la barbarie di vedere notizie private apparire sulle prime pagine dei giornali senza controllo, senza nessun filtro. Questa barbarie deve finire". "La vera barbarie – ha risposto il senatore del Pd, Giuseppe Lumia - è quella che state realizzando voi con un ddl liberticida che protegge cricche e delinquenti". Chi ha paura della pubblicazione delle intercettazioni, ha detto Lumia, "non sono certo i cittadini, ma quei politici, burocrati, imprenditori che vengono colti con le mani nella marmellata". "In questo momento di crisi etica e morale – conclude l'esponente del Pd - bisognerebbe dare un messaggio diverso, di rigore e trasparenza".

Ronchi: "Evitare la spazzatura sui giornali". Ma le posizioni all'interno della maggioranza sono articolate. Giudizio su doppio binario quello del ministro per le Politiche europee, Andrea Ronchi: bisogna tenere conto che le intercettazioni "sono state fondamentali per combattere la mafia, la 'ndrangheta, la camorra", ma al tempo stesso "dobbiamo evitare la spazzatura" sui giornali."Credo che sia necessario garantire la privacy delle persone e deve esserci un limite. Bisogna farlo di corsa, ma credo che il Parlamento debba ascoltare tutte le opinioni, tutte le espressioni".

Granata (Pdl): "salvaguardare le indagini di mafia". Scende in campo anche Fabio Granata (Pdl), vicepresidente della commissione antimafia. Per lui é necessario "salvaguardare il doppio binario sulle indagini di mafia, allargarlo ai reati collegati e non bloccare la possibilità delle intercettazioni ambientali". Su questi punti Granata chiede si faccia "uno sforzo per migliorare il testo e per difendere la legalità". Sono 3 punti fondamentali, spiega Granata, che insieme alla possibilità di pubblicare i riassunti delle indagini salvaguardando il diritto di cronaca così come proposto alla camera dal presidente Bongiorno potrebbero superare questioni che allarmano sia sul fronte del contrasto alle mafie che su quello del diritto di cronaca".

Lunedì direttori a confronto sulle intercettazioni. Intanto la Federazione nazionale della stampa ha chiamato a raccolta i direttori delle principali testate italiane per parlare della legge sulle intercettazioni. "La notizia prima di tutto, fermiamo la legge bavaglio" è il titolo-striscione dell'iniziativa. Lunedì alle 15 nella sede della Fnsi a Roma, e in collegamento con il Circolo della stampa di Milano, si confronteranno, tra gli altri, su questo tema: Ferruccio De Bortoli, Vittorio Feltri, Mario Calabresi e Gianni Riotta da Milano; Ezio Mauro, Concita De Gregorio e Norma Rangeri, da Roma. Il presidente della Fnsi, Roberto Natale ha annunciato uno sciopero "nei giorni della discussione del provvedimento" e un ricorso "alle autorità europee appena sarà legge".

Fieg: "Sanzioni per esercitare pressioni sugli editori". La Federazione degli editori ricorda che i "punti critici per la libertà di stampa da noi segnalati ancora restano", e chiede di eliminare le sanzioni per gli editori. "La verità è che le sanzioni agli editori, a prescindere dal loro ammontare - sottolinea in una nota il presidente Carlo Malinconico - sono in contrasto col divieto di intromissione dell'editore nella confezione degli articoli di giornale. Queste sanzioni non hanno quindi vera giustificazione, se non quella di esercitare pressione sugli editori che in molti casi rischiano la stessa sopravvivenza".

Montezemolo: "Condivido la linea degli editori". "Condivido la linea degli editori, e ho visto anche come un editore importante e innovativo come quello di Sky, segnalino un'anomalia rispetto ad altri paesi europei. Quindi credo che ci sia la necessità di parlare e, da un lato, tutelare la privacy poichè la pratica delle intercettazioni non è più accettabile nei confronti dei singoli cittadini, e dall'altra però utilizzare lo strumento fondamentale in tante indagini e processi". Lo ha detto il presidente della Ferrari, Luca Cordero di Montezemolo, interpellato dai giornalisti in merito al ddl intercettazioni, a margine delle celebrazioni per gli 80 anni della Pininfarina. "Spero che con un po' di buona volontà, mettendosi intorno ad un tavolo - ha aggiunto Montezemolo - si possa trovare una soluzione che vada bene anche agli editori".

Caselli: "Colpi di piccone alla sicurezza dei cittadini". Duro il giudizio sulle limitazioni alle intercettazioni del procuratore capo di Torino Gian Carlo Caselli. "Colpi di piccone alla sicurezza dei cittadini". Per Caselli "le intercettazioni, così come si profila la riforma, saranno molto più difficili e potranno dispiegarsi con un'ampiezza decisamente ridotta. Quindi meno intercettazioni, più barocche, meno incisive: veri colpi di piccone alla sicurezza dei cittadini. Poi c'é il problema dell'informazione: se non si può raccontare quello che succede nel momento in cui si indaga su fatti anche gravissimi, ecco che l'opinione pubblica viene bendata, le sue orecchie vengono tappate e questo in democrazia non esiste. Ci sono stati degli abusi? Benissimo, correggiamo questi, se davvero ci sono stati, ma poi - ha concluso Caselli – lo strumento che è a protezione della sicurezza dei cittadini sia salvaguardato, nella sua ampiezza e nella sua efficacia".

Il Pdl frena sul carcere ai cronisti

Sky contro la legge anti intercettazioni, "grande anomalia italiana"

21 maggio 2010

 

 

 

Il Pdl frena sul carcere ai cronisti

di Donatella Stasio

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21 Maggio 2010

Il Pdl frena sul carcere ai cronisti

La convocazione a palazzo Grazioli, ieri pomeriggio alle 14. E poi la decisione: niente più inasprimenti di pena per i giornalisti che pubblicano atti di indagine (carcere fino a 12 mesi), intercettazioni telefoniche e foto del magistrato titolare dell'inchiesta (carcere fino a 2 mesi). Silvio Berlusconi ordina la marcia indietro. Con lui ci sono il suo consigliere giuridico Niccolò Ghedini, il ministro della Giustizia Angelino Alfano e il relatore del ddl intercettazioni Roberto Centaro. Era suo l'emendamento che raddoppiava i giorni di arresto per i cronisti nonché l'ammontare dell'ammenda (fino a 10mila o 20mila euro): la commissione Giustizia del senato avrebbe dovuto votarlo lunedì prossimo, ma ieri si è deciso di ritirarlo. Se fosse passato, il carcere - oggi evitabile pagando l'ammenda - sarebbe diventato una prospettiva concreta per i cronisti disposti a violare la censura sulle intercettazioni (per la pubblicazione di notizie, i 12 mesi di carcere previsti potevano essere evitati pagando 10mila euro di ammenda). Il tutto condito dalla sospensione temporanea dalla professione.

A questo passo indietro potrebbero seguirne altri. Un altro lo ha già anticipato il presidente della commissione Filippo Berselli e riguarda le maximulte agli editori per la pubblicazione degli atti di indagine, sui quali il ddl fa cadere il silenzio tombale. Il testo approvato in commissione prevede che la sanzione vada da 64.500 a 464.700 euro; Berselli proporrà di ridurre il minimo a 25.800 euro, e in questa direzione è disposto a muoversi Centaro. "Un minimo più basso - dice - consente di applicare sanzioni più contenute. È una modifica che in aula potrei presentare".

Il passo indietro - imposto dalla pioggia di critiche al provvedimento - è apprezzato dall'opposizione, ma è considerato poca cosa rispetto all'impostazione carcerocentrica del testo che, anche con le maximulte agli editori, fa scattare la censura su tutte le inchieste, fino al processo. Una censura che non piace neppure a una parte della maggioranza, a cominciare dai finiani già pronti, alla camera, ad affilare le armi se non verrà ripristinata la possibilità (introdotta a Montecitorio da Giulia Bongiorno e cancellata al senato da un emendamento Centaro) di pubblicare "per riassunto" gli atti non più segreti. "È una forzatura vietare di parlare del tutto di un'inchiesta fino alla chiusura dell'indagine preliminare" hanno ribadito Fabio Granata e Italo Bocchino. D'altra parte, la censura totale - e la previsione del carcere - preoccupa anche il Quirinale perché contrasta con la libertà di informazione più volte affermata anche dalla Corte dei diritti dell'uomo di Strasburgo.

La Federazione nazionale della stampa annuncia una "mobilitazione permanente e diffusa nel territorio, che dovrà sfociare in uno sciopero nazionale dell'intera categoria qualora non vengano apportate significative e positive modifiche ai testi in discussione", definiti "antidemocratici". Giudizio analogo a quello di giuristi e magistrati, secondo cui la tutela della privacy non realizza mettendo "il bavaglio all'informazione" e rendendo "impossibile ai magistrati la prosecuzione delle indagini con lo strumento delle intercettazioni".

Finora, l'iter al senato del ddl intercettazioni ha avuto un andamento muscolare, con governo e maggioranza impegnati a respingere qualunque modifica dell'opposizione. Per Anna Finocchiaro (pd) il ritiro dell'emendamento Centaro è "una buona notizia" ma il testo è "inaccettabile" perché "di fatto censura la libera stampa, in modo indegno per qualsiasi democrazia moderna". "L'abnorme aumento delle sanzioni per gli editori è ben più determinante nell'impedire la pubblicazione di qualsiasi notizia", rileva il dipietrista Luigi Li Gotti; Gianpiero D'Alia, Udc, critica la "logica del gambero" con cui procede il governo. E se il ministro dell'Interno Roberto Maroni continua a ripetere che il ddl non limiterà le indagini, tanto meno quelle di mafia, il finiano Granata, vicepresidente della commissione Antimafia, chiede invece di "salvaguardare" quelle indagini, "allargando" il ricorso alle intercettazioni anche ai reati satelliti di quelli mafiosi e "evitando di bloccare" quelle ambientali.

In Aula il testo cambierà ancora. Sono troppi i punti critici del provvedimento finiti anche nel mirino del Colle, riguardanti sia i limiti alle intercettazioni che la censura alla libertà di stampa. Berlusconi teme anche le "trappole" dei finiani a Montecitorio, sebbene nella maggioranza c'è chi non rinuncia alla muscolarità: "Basta rimettere la fiducia, e i finiani finiscono sotto schiaffo".

Sky contro la legge anti intercettazioni, "grande anomalia italiana"

21 Maggio 2010

 

 

 

Sky contro la legge anti intercettazioni,

"grande anomalia italiana"

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20 maggio 2010

Sky Italia chiederà un intervento a tutte le Autorità internazionali competenti, anche ricorrendo presso la Corte europea dei diritti dell'Uomo contro il disegno di legge sulle intercettazioni che "accoglie con grande preoccupazione". Per Sky queste norme "rappresentano un grave attacco alla libertà di stampa e di espressione, ma soprattutto costituirebbero una grande anomalia a livello europeo".

"L'aspetto più grave - ha spiegato il direttore di Sky Tg24, Emilio Carelli - è alla radice. È il fatto che si tenti di mettere il bavaglio all`attività giornalistica. Si vieta la pubblicazione di atti di inchieste fino al termine delle udienze preliminari, si vietano le riprese, si vieta la trascrizione (e anche il riassunto) di intercettazioni, anche quando confermano l`esistenza di reati: ecco, tutto questo mette in grave difficoltà il lavoro dei giornalisti". È vero che "qualche giornalista, a volte, ha abusato delle libertà che abbiamo". Però il punto - dice ancora Carelli - non è questo: "alla base dell'inasprimento contenuto in queste norme, c'è soprattutto la volontà di impedire che scoppino nuovi scandali nati da registrazioni o intercettazioni, come il "caso D'Addario"…".

Intanto si registra una svolta parziale del Pdl: verrà ritirato dalla maggioranza l'emendamento che inasprisce le sanzioni penali per i giornalisti che pubblicano le notizie sulle inchieste giudiziarie. Lo ha annunciato proprio a Sky Tg24 Pomeriggio il senatore del Pdl Roberto Centaro, relatore del provvedimento in commissione Giustizia. "Dopo una riunione - ha spiegato - con il ministro della Giustizia Alfano e l'onorevole Ghedini che è il presidente della Consulta Giustizia del Pdl, si è presa la decisione, ovviamente condivisa dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, di ritirare l'emendamento 1.2008 del relatore che è quello che aggrava le pene per i giornalisti in caso di pubblicazione di notizie che non possono essere pubblicate. Penso - ha aggiunto Centaro - che questo possa anche stemperare tante polemiche"."

"Se verrà confermata questa indicazione si può parlare di un primo passo importante che però non risolve il problema" perché ad esempio, "la sanzione dell'arresto" rimane. "Spero che maggioranza e governo condividano la nececessità di eliminarla". Così il vicepresidente dei senatori del Pd, Felice Casson, dopo l'annuncio di Centaro.

Italo Bocchino, considerato molto vicino a Gianfranco Fini, ha dato, dal canto suo, un giudizio in chiaro scuro sul testo del ddl intercettazioni all'esame del Senato, ritenendo di "massima civiltà" lo stop alla pubblicazione integrale delle intercettazioni, ma bocciando il divieto di mandare in edicola articoli su un'inchiesta prima della chiusura delle indagini preliminari. "Ritengo molto utile il disegno di legge perchè certamente c'è bisogno di colpire gli abusi nell'uso delle intercettazioni", ma non si deve per questo colpire "l'uso" di questo strumento di indagine, ha detto l'esponente del Pdl, anch'egli ospite di Sky Tg24 Pomeriggio.

"Il provvedimento - ha sostenuto - contiene aspetti molto positivi e alcuni aspetti su cui forse è bene discutere ancora". Ad esempio, ha proseguito, sulla pubblicazione integrale delle intercettazioni "credo che vietarle del tutto sia una cosa di massima civiltà. Ritengo invece, che sia una forzatura vietare di parlare del tutto di un'inchiesta fino alla chiusura dell'indagine preliminare", ha concluso Bocchino.

L'annunciato ritiro dell'emendamento al Ddl intercettazioni che prevede l'arresto per i giornalisti in "è l`ennesimo tentativo di mercanteggiamento del venditore ambulante Silvio Berlusconi che limitandosi soltanto a togliere la pena ai giornalisti, cerca di comprarne il favore. Ciò nel tentativo disperato di evitare che monti la critica e che quindi l`opinione pubblica venga a conoscenza di quello che c`è di illegale e di immorale nel provvedimento", ha affermato in una nota il Presidente dell`Italia dei Valori, Antonio Di Pietro.

"C`è solo un modo per rimettere a posto le cose: quello di garantire la libertà e la completezza dell'informazione, dando ai giornalisti la possibilità di riferire quanto è di loro conoscenza, e ridare ai magistrati lo strumento fondamentale delle intercettazioni. Questo - conclude Di Pietro - al fine di scoprire tutti gli affaristi e gli appartenenti alla cricca di oggi, di ieri e di domani".

20 maggio 2010

 

 

 

 

Bersani sul ddl intercettazioni: "Doverosa ogni pratica ostruzionistica"

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21 maggio 2010

 

Il disegno di legge sulle intercettazioni rappresenta il tentativo di mettere "un bavaglio all'informazione" e il Pd considera "doveroso" ricorrere all'ostruzionismo per fermarlo. Pier Luigi Bersani lo dice aprendo i lavori dell'assemblea nazionale del Pd: bisogna "combattere perché non diventi impossibile illuminare i fatti di malversazione e di corruzione. La giusta esigenza di eliminare l'abuso delle intercettazioni e la loro conseguente diffusione si sta ribaltando in norme che danneggiano gravemente le indagini e mettono un bavaglio all'informazione sconosciuto ad ogni Paese democratico". Aggiunge Bersani: "Di fronte a norme del genere è per l'opposizione doverosa ogni pratica ostruzionistica".

21 maggio 2010

 

 

 

 

 

 

L'OSSERVATORE ROMANO

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2010-04-21

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2010-02-11

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